Qualche giorno fa abbiamo pubblicato su queste pagine la recensione di The Wonderful 101, nuovo titolo di Platinum Games esclusivo per Wii U ideato da Hideki Kamiya, un nome che i giocatori più attenti hanno oramai imparato ad associare ad alcuni dei migliori action game degli ultimi anni.
A lui si devono infatti vere e proprie perle del genere quali Devil May Cry, Bayonetta e Viewtiful Joe, ma Kamiya è anche stato l'autore di pietre miliari come Resident Evil 2 ed Okami, un curriculum che gli ha consentito di meritarsi un posto nell'olimpo delle più importanti personalità videoludiche giapponesi. Nato nel 1970 a Matsumoto, Hideki Kamiya si è appassionato ai videogiochi sin da bambino, e dopo essersi laureato ha subito cercato lavoro nell'industria videoludica, vedendo la sua candidatura dapprima rifiutata da Sega e in seguito accettata da Namco, ma nelle vesti a lui poco gradite di artista grafico. Desideroso di diventare un game designer, è stato assunto da Capcom nel 1994, e dopo soli due anni collaborava già con Shinji Mikami sul primo Resident Evil. Le vicissitudini degli anni successivi lo hanno visto costretto ad abbandonare Capcom per passare prima a Clover Studios e successivamente a Platinum Games, sua sistemazione attuale. Nel corso della GamesCom di Colonia abbiamo avuto occasione di intervistarlo per toglierci qualche curiosità su The Wonderful 101 e su altri aspetti della sua carriera.
Quattro chiacchiere con Hideki Kamiya, autore di Devil May Cry, Bayonetta e del nuovo The Wonderful 101
Intervista a Hideki Kamiya
La tua carriera come director è largamente incentrata sugli action, con Okami a rappresentare un'eccezione. Ti piacerebbe lavorare ad altri generi?
E' vero che molti dei miei giochi rientrano nell'ambito degli action, ma devo dire di non aver mai cominciato a lavorare su un progetto pensando al genere a cui sarebbe appartenuto. Il procedimento è questo: mi viene un'idea, ne discuto con i membri del mio staff e poi cerchiamo di fare qualcosa che sia divertente da giocare per gli utenti, indipendentemente dal genere. Per quanto concerne i progetti futuri, non mi interessa fossilizzarmi su un singola tipologia come quella degli action, ma ora come ora non so dire cosa farò: non penso al lavoro successivo prima di aver terminato quello attuale, ed al momento non ho particolari idee messe nel cassetto. Di sicuro posso dire che cerco sempre di spremere il meglio dalle mie idee. (ride)
Parliamo un po' di Twitter, tu sei uno degli sviluppatori più attivi e il tuo stile è decisamente poco "giapponese". Come giudichi questo strumento? Il contatto diretto coi fan ti aiuta nello sviluppo dei giochi?
Riguardo al mio stile su Twitter, l'ho adottato anche per far capire alla gente che i giochi sono fatti da persone e non da dei robot, quindi mi fa piacere che i fan conoscano la mia personalità attraverso i miei tweet: per questo motivo sono sempre molto diretto ed esplicito in quello che dico. Riguardo alla seconda parte della domanda, è la prima volta che sviluppo un gioco da quando sono attivo su Twitter, quindi non ho avuto modo di approfittarne per ricevere dei feedback dai miei follower sugli stadi dello sviluppo, ma sono decisamente ansioso di leggere i loro commenti quando avranno modo di provare The Wonderful 101.
A proposito di The Wonderful 101, come è nata l'ispirazione per il gioco?
Tutto è partito da una richiesta del presidente di Platinum Games, Minami-san, il quale voleva che realizzassi un gioco che riunisse un ampio cast di stelle dell'universo Nintendo. Ho pensato a come sarebbe stato possibile far convivere tutti questi beniamini del pubblico, perché il rischio di far scendere in campo così tanti personaggi celebri è di accontentare alcuni fan e scontentarne altrettanti. Quindi, pensando ad un modo per soddisfare tutti, ho deciso di mettere tutti i personaggi su schermo allo stesso tempo. Aggiungiamo a tutto ciò la mia passione per le serie TV di supereroi, e si può dire che questa è stata la genesi di The Wonderful 101.
Pensi che The Wonderful 101 avrebbe potuto funzionare su 3DS?
Quella del 3DS non è una piattaforma che avevo preso in considerazione in fase di sviluppo del concept del gioco, tuttavia se ci fosse la possibilità di fare una versione di The Wonderful 101 per il portatile Nintendo mi piacerebbe provarci, mi sembra un'idea interessante.
Riguardo al GamePad di Wii U, finora non sempre è stato sfruttato in maniera del tutto convincente: dal tuo punto di vista di sviluppatore, pensi che il controller sia più una opportunità o un problema?
Come ho detto in precedenza, The Wonderful 101 è partito come una raccolta di personaggi famosi di Nintendo, poi il progetto è stato sospeso per un breve lasso di tempo durante il quale siamo comunque andati avanti con il design di alcuni personaggi. Durante quel periodo, non avevamo pensato a nessun hardware in particolare sul quale sviluppare il gioco. In seguito, quando è stato definito che il prodotto sarebbe uscito su Wii U, abbiamo visto il GamePad assolutamente come un'opportunità ed abbiamo subito cominciato a studiare le maniere migliori per sfruttarlo in armonia con il gameplay: ad esempio, le forme che vanno tracciate sul touchscreen per compiere le diverse azioni. Sono convinto che il GamePad possa essere davvero un grande strumento per aumentare l'interazione dell'utente con il gioco, e non l'ho mai visto come un problema, nemmeno da un punto di vista dello sviluppo in senso stretto, anche se era la prima volta che lavoravo su due schermi, non avendo mai sviluppato su 3DS. E' stata un'esperienza unica e divertente.
The Wonderful 101 ha livelli di difficoltà più facili, mentre Bayonetta 2 addirittura il controllo via touchscreen: non credi che simili agevolazioni possano essere controproducenti per un titolo considerato hardcore?
Credo che in realtà sia proprio l'opposto. Per come la vedo io, il livello di difficoltà normale deve essere il perfetto punto d'incontro tra divertimento e sfida per un giocatore esperto. Tuttavia, esistono vari utenti con diverse esigenze, e qualcuno può trovare il livello di difficoltà normale troppo facile o viceversa eccessivamente difficile. Credo che avere l'opportunità di cambiare la difficoltà o di sfruttare diversi sistemi di controllo in base alle proprie capacità ed esigenze consenta a tutti di godersi un gioco al 100%.
Le vendite sono state in molti casi il problema dei titoli Clover e Platinum. Eppure i team e i giochi sono letteralmente adorati dall'utenza. Come ti spieghi questa discrepanza?
E' una questione interessante, anche se è difficile per me spiegare queste dinamiche. Ovviamente mi auguro sempre che i miei giochi abbiano delle vendite soddisfacenti, per il bene della società per cui lavoro: tuttavia, parlando strettamente come game designer, il mio fine ultimo è di creare qualcosa di interessante che possa dare delle belle soddisfazioni a tutti coloro che comprano il gioco. Alla fine i miei obiettivi e quelli della società si risolvono sempre nel raggiungere il maggior numero possibile di utenti, anche se per motivi diversi.
Ci puoi rivelare qualcosa in più su Bayonetta 2?
Mi piacerebbe poter parlare di più della storia, ma ho paura di farmi sfuggire qualche spoiler (ride). Nel caso di Bayonetta 2, io rivesto il ruolo di semplice supervisore, mentre il director è Hashimoto-san (che era anche producer del primo) ed il producer è Inaba-san: loro si occupano di tutto ciò che riguarda il gioco, ed io devo solo approvare le loro scelte. Posso senz'altro dire che Bayonetta 2 avrà una grande varietà di contenuti e di gameplay, che sarà persino più dinamico del primo e sono sicuro che i fan lo adoreranno.
Hai lavorato con Capcom, Sega, e ora Nintendo. Quali sono state le differenze principali nelle varie esperienze? E cosa significa per uno sviluppatore cambiare così spesso publisher?
Non decido io personalmente con quale publisher lavorare, è una decisione che viene presa da altre figure dell'azienda e non mi sento di fare un commento a riguardo. Di sicuro, avendo collaborato con persone provenienti da diverse compagnie, ho potuto notare le differenze che sussistono sia in ambito culturale sia nei metodi di lavoro. A volte si tratta di un gap molto ampio, ma è sempre stimolante confrontarsi con situazioni diverse dalla propria. Nei casi di Sega e Nintendo in particolare ho notato in entrambe una grande enfasi posta sul processo creativo, ed è una cosa che ho apprezzato molto.
Come consideri la crescita del mercato mobile per il gaming, divenuta davvero importante anche in Giappone? Hai mai avuto interesse a sviluppare su quelle piattaforme?
Sicuramente i giochi mobile hanno conosciuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, anche se offrono esperienze ludiche fondamentalmente diverse da quelle convenzionali. Per il momento non mi è ancora capitata l'occasione di sviluppare un progetto mobile, non ho avuto nessuna ispirazione ma se un giorno mi venisse un'idea sarei felice di poterla approfondire. Non ho pregiudizi su nessuna piattaforma, mi stimola lavorare ovunque ci sia la possibilità di sperimentare qualcosa di nuovo.
Il prossimo anno festeggerai i 20 anni di carriera. E' tempo di bilanci? Quali sono le tue ambizioni per il futuro?
Guardando indietro mi posso considerare davvero un privilegiato per aver sempre lavorato in ambienti in cui potevo fare quello che volevo. Quando ho iniziato in Capcom ho avuto l'onore di collaborare con un maestro quale Shinji Mikami, poi sia in Clover Studios sia ora in Platinum Games ho sempre trovato persone entusiaste e partecipative, ma la fortuna più grande è stata poter fare quello che volevo in libertà, senza restrizioni. In tanti dicono che il mio modo di sviluppare giochi è particolare, ma sono convinto che molti game designer vorrebbero avere la libertà di mettere mano a progetti non convenzionali come ho fatto io. Quindi sono stato davvero fortunato ad avere simili opportunità e per il futuro spero semplicemente di poter continuare su questa strada.
Pensi che gli sviluppatori giapponesi abbiano da imparare dagli occidentali?
Senza ombra di dubbio. In particolare ritengo che gli sviluppatori americani ed europei, nei loro titoli, riescano a raggiungere vette di realismo difficilmente raggiungibili dai giapponesi, anche perché i gusti dell'utenza sono molto diversi. Credo che si potrebbero ottenere risultati davvero interessanti combinando il punto di vista unico degli sviluppatori giapponesi con le competenze tecniche degli occidentali.
Un'ultima curiosità: perché indossi sempre gli occhiali da sole?
Perché altrimenti perderei troppo in carisma: senza occhiali sembro un uovo sodo! (ride)