I "classe '85" quest'anno compiono trent'anni: tra questi, come ogni appassionato di videogiochi sa, e come Nintendo non perde l'occasione di ricordare, ce n'è uno particolarmente famoso. Un personaggio i cui rivali d'un tempo sono ormai scheletri o morti viventi, i cui anni contano come sei/sette generazioni. Eppure Super Mario è in forma strepitosa, i suoi baffi non hanno una striatura di grigio e i suoi salti diventano sempre più alti; Super Mario 3D World è il gioco con la media Metacritic più alta tra quelli Wii U (per quel che conta) e Super Mario Galaxy è stata la serie maggiormente esaltata dalla critica nello scorso decennio. Quindi auguri, tanti auguri, lunga vita al re, eccetera eccetera. No. La realtà non è esattamente questa. Perché, innanzitutto, Super Mario non ha trent'anni: anche non contando Jumpman, protagonista di Donkey Kong, il nostro caro idraulico ne ha almeno trentadue (Mario Bros., l'arcade spesso riproposto nel corso del tempo, è del 1983). E soprattutto perché non è il baffuto eroe di Miyamoto a compiere trent'anni, bensì il gioco che l'ha reso famoso, e che è tuttora il più venduto della serie: Super Mario Bros., il platform a scorrimento orizzontale. Anzi, IL platform. Un gioco divenuto saga, una saga che ha scritto alcune tra le pagine più importanti della storia dei videogiochi, che di questo mezzo d'intrattenimento è stata, per un po', quasi sinonimo. Un gioco che, a differenza del suo protagonista - splendente in altri lidi e in altre forme - è ormai fossilizzato, statico, avulso da lampi di genio. Non lasciatevi ingannare dalle apparenze e dai festeggiamenti: Super Mario Bros. ha l'artrosi, è quasi in età pensionabile. Un anziano di trent'anni, appunto.
Arrivato a trent'anni, Mario deve affrontare uno dei primi momenti difficili della sua storia
Il vecchio che avanza
Avevamo già affrontato l'argomento in questo speciale, ma dopo due anni ci è sembrato giusto ritrattarlo: sia perché il compleanno è una ricorrenza degna di riflessione, sia perché, nel frattempo, l'autolesionistico piano kyotense ha raggiunto nuove vette. Per chi non avesse letto l'articolo all'epoca, o comprensibilmente non lo ricordasse, un breve riassunto. La trionfale cavalcata di Super Mario Bros. si è improvvisamente arrestata a inizio anni '90, quando Tezuka ne ha elaborato il miracoloso ma atipico seguito bidimensionale (Yoshi's Island), e quando Miyamoto, soprattutto, si è dedicato anima e corpo a plasmare e canonizzare le tre dimensioni - e con esse il futuro del suo personaggio più famoso.
Lo stupefacente risultato di quegli sforzi è stato Super Mario 64, uscito a metà anni '90, e a nessuno è venuto il dubbio che potesse non essere il successore di Super Mario World. A lui sono seguiti lo strano Super Mario Sunshine e i grandiosi Super Mario Galaxy (1 e 2) di Koizumi. Un'epopea trionfale, insomma. Ma poi è arrivato il 2009, e con esso un gigantesco "ma", che trova le sue origini addirittura nel 2006, anno in cui per la prima volta, e in veste tascabile, è stata ripresa la saga bidimensionale. New Super Mario Bros. infatti ha sbancato al botteghino, ma se per i creativi Nintendo è stato un successo comprensibile in ottica portatile, il trionfo dell'edizione casalinga li ha colti davvero di sorpresa: New Super Mario Bros. Wii (datato 2009, appunto) non solo ha avuto successo, ma ha disintegrato qualsiasi record stabilito precedentemente dai Super Mario tridimensionali. Al momento si aggira sui trenta milioni di copie, mentre Super Mario 64 - ancora il più diffuso tra i 3D - è fermo a dodici (circa). È proprio il pubblico quindi ad aver instillato in Nintendo il dubbio che le saghe potessero essere diverse, e gloriose entrambe. La prima ovvia conseguenza è stata la produzione di altri Super Mario in due dimensioni - un imperativo da parte di Iwata. La seconda, forse altrettanto scontata, è stata la reazione di Miyamoto: "a me quel gioco non interessa, perché l'ho già fatto". E in Nintendo la parola di Miyamoto, almeno in ambito creativo, è legge.
"New" is the new old
New Super Mario Bros. è nato come un progetto nostalgico, essendo un palese sincretismo delle anime precedenti: ha la linearità del primo capitolo (con tanto di bandierina finale), i mondi e i numerosi power-up del terzo, le strade alternative dell'episodio SNES e pure la raccolta in stile Yoshi's Island (le fatidiche tre monete facoltative).
Nessuna di queste direzioni è preponderante, ma il titolo per Wii è stato comunque percepito come originale sia per la distanza temporale (è uscito a più di quindici anni dall'ultimo episodio home console) sia, soprattutto, per l'inedita interazione concessa dai poligoni; il tutto senza scordare l'apprezzatissimo multiplayer cooperativo a quattro utenti. Insomma, un gioco nato come amarcord - e sviluppato con pochi soldi e un team minore - è divenuto, nella percezione comune, Super Mario Bros. 5. La reazione più logica sarebbe stata quella di aumentare gli investimenti, e portare avanti entrambe le saghe (bidimensionale e tridimensionale): una capace di tenere alto il prestigio critico dell'azienda, cavandosela comunque bene al botteghino, e l'altra in veste di sempiterna killer application, fedele alle origini ma aperta alle novità tecnologiche. Come abbiamo già sottolineato, Miyamoto ha deciso diversamente, incapace di accettare (per una volta) di aver torto. E così New Super Mario Bros. è divenuta una serie spin-off basata sul riciclo dell'engine, sulla riproposizione degli stessi contenuti e delle stesse meccaniche, votata al conservatorismo e totalmente priva di ambizione: semplicemente assurdo pensare, considerando gli standard Nintendo, che ne siano usciti ben due capitoli nello stesso anno (2012) senza alcun serio investimento alle spalle. Ancor più grave forse la direzione intrapresa col ramo tridimensionale: è vero, Super Mario Galaxy aveva già privilegiato una maggiore linearità rispetto ai predecessori. Ma in pochi avevano intuito quello che sarebbe successo: Miyamoto e Koizumi infatti non hanno mai preso il successo di New Super Mario Bros. come monito a tutelare entrambe le saghe, bensì lo hanno interpretato come indicazione per sviluppare i successivi episodi in 3D.
Così che potesse finalmente compiersi il piano originario, che prevedeva (all'epoca inconsciamente) la sovrapposizione della saga tridimensionale a quella bidimensionale (non è una teoria complottista, potete constatarlo voi stessi dalle interviste dei due). Con questo spirito è nato Super Mario 3D Land, datato 2011: ecco la bandierina, ecco l'esplorazione limitata, ecco il pulsante corsa. E mentre tutti si aspettavano un sequel spirituale di Super Mario Galaxy, all'E3 2013 è stato presentato Super Mario 3D World, episodio home console sulla scia del precedente 3D Land. Un capitolo talmente poco immaginifico da lasciar supporre agli appassionati che potesse essere un antipasto al "vero" Super Mario tridimensionale: a due anni e due E3 di distanza, sappiamo che non era così. L'aspetto più tremendo della questione è che Nintendo è riuscita nel suo mefistofelico obbiettivo: a forza di reiterare le uscite e ripetere gli stessi contenuti, New Super Mario Bros. ha venduto sempre meno, incapace - per la prima volta - di attirare l'attenzione del pubblico che oggi definiamo "casual". Allo stesso tempo le vendite degli episodi 3D, rapportate all'installato della piattaforma, sono aumentate; poco, ma sono aumentate. Super Mario 3D Land ha piazzato più copie di New Super Mario Bros. 2, e Super Mario 3D World, pur uscendo dopo, è sostanzialmente in linea con New Super Mario Bros. U.
Cosa ci attende
Questo "successo" dei creativi Nintendo ha creato conseguenze nefaste da ogni punto di vista. La saga bidimensionale, dopo un trattamento del genere, ovviamente ha perso il suo prestigio; ha anche smesso di raggiungere i numeri mostruosi che l'hanno sempre contraddistinta, abbassando vertiginosamente le proprie vendite e smarrendo la propria attrattiva. Quella tridimensionale, se da un lato ha venduto leggermente più del solito, dall'altro si è confinata nel proprio genere d'appartenenza: Super Mario 64 e Galaxy, e ci sembra una considerazione piuttosto scontata, sono stati in grado di ammaliare anche chi non apprezza il genere platform. Super Mario 3D Land e 3D World no. Soprattutto quest'ultimo è stato percepito come un ridimensionamento rispetto ai predecessori e, pur accolto bene dalla critica, non è andato nemmeno vicino a raggiungere i traguardi e la gloria conferita a Super Mario Galaxy: tra i due c'è la differenza che intercorre tra un bel gioco e un gioco epocale, una distanza ben più grande dei 3-4 punti percentuale evidenziati dalla media Metacritic. Continuare su questa strada non solo sarebbe sadico, ma anche sbagliato. Ammesso e non concesso che fosse sensato creare un episodio tridimensionale davvero fedele alle origini, va sottolineato come EAD Tokyo lo abbia plasmato come meglio non avrebbe potuto. E per questo esiste un'altra ragione per virare la direzione di marcia: in Super Mario 3D World c'è davvero poco che si possa migliorare, e nonostante questo non ha il ritmo dei Super Mario in 2D, né l'ampio respiro dei Galaxy. Come già avevamo scritto nel vecchio articolo, ma lo ribadiamo con più vigore adesso, è arrivato il tempo di trattare le due anime di Super Mario come saghe distinte: bisognerebbe ricongiungere quella 3D alla propria natura esplorativa e sperimentale, e soprattutto concedere a quella 2D il personale e i finanziamenti che si merita, così che possa progredire e uscire dall'anonimato in cui è caduta. Il fatto che nel prossimo Super Mario Maker ci siano tre skin diverse per i primi capolavori bidimensionali e solo una per New Super Mario Bros non è casuale: come abbiamo già detto, si tratta dello stesso gioco - dello stesso engine - riproposto fin troppo frequentemente. Nessuno saprebbe mai distinguere la skin di New Super Mario Bros. Wii da quella di New Super Mario Bros. U, e questa è una constatazione oggettiva, crudele ed emblematica. Dovesse Nintendo rimanere sul sentiero attuale, piuttosto che ringiovanire l'anziano Super Mario Bros., rischierebbe di indebolire anche quello tridimensionale. E le possibili conseguenze di una simile scelta sarebbero troppo grandi e spaventose per essere analizzate a cuor leggero. Perciò limitiamoci a un conclusivo "buon compleanno", caro Super Mario.