La storia di Homefront affonda le sue radici in Alba Rossa, un film fantapolitico voluto e diretto dal quel John Milius che i più conoscono per Conan il Barbaro. All'epoca lo spauracchio per l'Occidente filo americano era rappresentato dall'Unione Sovietica che nell'immaginario cinematografico riusciva a invadere gli Stati Uniti con l'aiuto di Cuba e del Nicaragua. In Homefront, la cui storia ha tra i suoi autori lo stesso Milius, l'antagonista è stato aggiornato agli standard odierni prendendo le forme della temibile Nord Corea. In tutto questo il maggior pregio del titolo pubblicato da THQ è stato proprio quello di rendere coinvolgente e per certi versi convincente una trama estrema, contraddistinta da palesi connotazioni propagandistiche. Purtroppo il design non sempre memorabile e una brevità spiazzante hanno fatto del titolo Kaos Studios un gioco difficile da valutare positivamente, e le vendite si sono comportate di conseguenza creando non pochi problemi a THQ. Ma gli estimatori non sono mancati e il capitale investito per il brand ha portato alla nascita di questo secondo capitolo, che ha però dovuto superare grossi ostacoli. Il 23 gennaio 2013 THQ è collassata consegnando il marchio nelle mani di Crytek e più precisamente in quelle dei talentuosi Free Radical Design. Visti i nomi in ballo, l'hype è tornato a crescere scontrandosi però con nuovi problemi economici. A salvare definitivamente la baracca, che consiste in un FPS con elementi open world sempre ambientato in un Nord America assediato dai coreani, ci ha pensato Deep Silver comprando materiali, diritti e buona parte degli sviluppatori oggi raccolti sotto le insigne di Dambuster Studios. Ed ecco come siamo arrivati a questo punto con la promessa di una campagna da trenta ore, capace di farci dimenticare la brevità del primo capitolo. Ora però è il momento di parlare della cooperativa a quattro chiamata Resistance Mode che abbiamo potuto provare per qualche ora grazie a un assaggio della closed beta multigiocatore in arrivo su Xbox One l'11 febbraio.
Alle prese con la closed beta multigiocatore di Homefront: The Revolution
La resa non è contemplata
Per prima cosa ci siamo trovati di fronte alla scelta del sesso che porta a una schermata di selezione con dieci modelli preconfezionati. Il CryENGINE ci mette subito di fronte personaggi dettagliati, animazioni pregevoli e persino espressioni facciali credibili, ma in questa fase l'elemento che più ci interessa riguarda la possibilità di scegliere un background pre-invasione che garantisce un punto di partenza in una delle svariate abilità. L'operaio portuale resiste al sanguinamento quando è a terra, il teppista se la cava meglio con le abilità di sopravvivenza e il tassista è particolarmente abile con i modellini telecomandati, che figurano tra gli svariati gadget di Homefront. Di mestieri ce ne sono dieci e conducono a quattro rami di abilità che, oltre a caratterizzare il personaggio, garantiscono una buona differenziazione dei personaggi sul piano pratico.
Vista la necessità di sbloccare le abilità ottenendo punti esperienza, non abbiamo avuto il tempo di sviscerare ogni abilità ma tra hacking, mappe aperte, cianfrusaglie da usare per il crafting ed esplosivi di ogni genere, è chiaro che ci troviamo di fronte a qualcosa di più complesso sia del primo Homefront, sia della media dei giochi cooperativi a quattro giocatori. Inoltre dobbiamo considerare l'equipaggiamento che si arricchisce di armi e vestiti che ci arrivano attraverso casse casse di bottini elargite a fine missione. Nella versione finale sarà possibile comprarle con le micro transazioni, ma eventuali disparità tra giocatori paganti e non paganti dovrebbero avere un peso relativo sia per la natura cooperativa del multiplayer sia, stando alle promesse degli sviluppatori, per la possibilità di sbloccare tutto senza mettere mano al portafogli. La closed beta include due delle dodici mappe che troveremo nella versione finale, alle quali ne seguiranno altre 20 che saranno rilasciate a titolo gratuito. Dopo aver scelto pistola e fucile a colpo singolo tra le sole tre armi attualmente disponibili, ci siamo tuffati nella mappa A Las Barricadas che ci mette di fronte a una zona di Philadelphia non ancora completamente devastata dai combattimenti ma presidiata pesantemente dalle forze d'invasione. Il primo problema che salta all'occhio, almeno nella versione Xbox One, è la resa grafica non entusiasmante. Il colpo d'occhio tiene e i modelli non sono niente male, ma tra texture in bassa risoluzione ed elementi dello scenario di qualità a dir poco altalenante siamo lontani dagli standard attuali. Per fortuna il Cryengine garantisce effetti grafici di qualità, l'illuminazione è azzeccata e la mappa è piuttosto complessa tra saliscendi, un avamposto alleato, scalette, muretti, relitti di automobili, nemici e veicoli dalla fisica convincente. Inoltre le animazioni sono di buona fattura, il feedback delle armi è più che accettabile e le esplosioni compensano la carenza di particellari con lingue di fuoco a profusione. Aggiungendo a tutto questo il carico di una mappa aperta, effetti climatici credibili e la possibilità di guidare diversi veicoli, non ce la sentiamo di sparare a zero sui difetti anche se ci auguriamo di vedere miglioramenti netti e ci aspettiamo che nella versione finale i glitch e i vistosi rallentamenti siano solo un ricordo.
Uno per tutti, tutti per uno
A questo punto non ci resta che parlare del gameplay, che risulta senza dubbio l'elemento più interessante di questa beta. Homefront: The Revolution è uno sparatutto funzionale e privo di velleità simulative reso complesso dai gadget, dalle abilità e dal sistema stealth che, complice la natura aperta delle mappe, ci permette di aggirare i nemici e di raggiungere gli obiettivi delle missioni senza dover necessariamente ricorrere alle armi. Riuscire nell'impresa, però, non è cosa facile per un team di quattro giocatori che si trova a dover superare soldati in continuo movimento e strade controllate costantemente da ronde motorizzate. E quando i veicoli non possono essere superati, ecco che entrano in gioco macchine telecomandate esplosive, cariche adesive, molotov e hacking che tra le varie possibilità include quella di neutralizzare i mezzi avversari con speciali granate.
Sfruttare tutti questi elementi è vitale così com'è importante tenere conto delle resistenze dei nemici appiedati che cercano costantemente di metterci sotto pressione, anche scendendo dai veicoli quando la situazione lo richiede. Purtroppo l'iniziativa degli avversari finisce spesso per perdere di efficacia a causa di un'intelligenza artificiale lacunosa, che svetta tra i difetti dell'attuale versione di Homefront: The Revolution. Ma sarebbe sbagliato supporre che questa lacuna corrisponda a un basso grado di sfida. La difficoltà in modalità Facile non è un granché ma questo dipende da una precisa scelta di design, pensata per consentire ai giocatori di prendere le misure con mappe e meccaniche di gioco. Alzando a Normale le cose si fanno piuttosto complicate sia per della carenza di proiettili, reperibili solo nei depositi di munizioni, sia a causa della reattività dei nemici che compensano i problemi di mobilità con una mira letale. Per cavarsela è fondamentale collaborare con i compagni, sfruttare la possibilità di rimetterli in piedi e utilizzare al meglio le coperture che per fortuna sono abbondanti anche nella mappa Enemy at the Gates, nonostante questa sia ambientata in una zona della città devastata dai bombardamenti. In questo caso colpo d'occhio e complessità sono inferiori ma l'area di gioco è davvero gigantesca, tanto da includere delle moto da cross che sono fondamentali per raggiungere in tempo utile gli obiettivi più lontani. In spazi così ampi viene naturale chiedersi se il gameplay non rischi di diventare troppo dispersivo, ed ecco che la fuga disperata di uno dei giocatori sembra confermarci che il rischio di vedere il proprio team sparpagliato è effettivo. Al contempo la totale libertà di approccio ha il suo fascino e un team organizzato non dovrebbe soffrire troppo gli spazi aperti, che nel caso di Enemy at the Gates passano per un paio di obiettivi raggiungibili furtivamente per culminare, con un piacevole cambio di ritmo, nell'eliminazione di dieci bersagli affiancati da una moltitudine di soldati. Di fronte a queste considerazioni, non possiamo negare il potenziale del multiplayer di Homefront: The Revolution, il quale merita senza dubbio lo sforzo di superare il non esaltante impatto iniziale. Il gioco che ci troveremo per le mani a maggio difficilmente riuscirà a stupirci sul versante tecnologico ma con le dovute rifiniture, che includono una lobby in cui non è nemmeno possibile vedere il setup degli altri giocatori, potrebbe dire la propria nel panorama dei titoli cooperativi.
CERTEZZE
- Abilità e gadget consentono di creare combattenti differenti per approcci differenti all'azione
- Cooperativa articolata con stealth e diversi elementi interessanti
- Buon livello di sfida alle difficoltà elevate
DUBBI
- Tecnicamente altalenante
- Rallentamenti vistosi
- L'intelligenza artificiale non è delle migliori