Sarebbe facile prendere il primo Final Fantasy, classe 1987, metterlo vicino a Final Fantasy XV, ormai in uscita entro la fine dell'anno, e dire che sono diversi. Anzi, che non si assomigliano per nulla. Il primo è un gioco di ruolo bidimensionale uscito originariamente su NES, l'altro è un titolo di nuova generazione carico di tutte le responsabilità che il progresso tecnologico comporta. Nel mezzo ci sono quattordici episodi, numerosi spin-off, qualche sequel e trent'anni di evoluzioni. No, la grafica non è la risposta. E neanche la musica perché, se è vero che si sono susseguiti vari compositori, le differenze tecniche sono evidenti già nel menù principale, senza bisogno di cominciare la partita.
Seppur sia possibile analizzare l'evoluzione di Final Fantasy come brand, discutendo il gameplay di ciascun esponente nei minimi dettagli, c'è una particolare caratteristica che permette di scandire, più di ogni altra, i passi compiuti da Square e poi Square Enix. Stiamo parlando del sistema di combattimento, ovviamente, perché ogni Final Fantasy racconta una storia diversa, presenta nuovi personaggi e affronta temi più o meno popolari, ma al di là di ogni cosa si combatte sempre, e tanto, contro nemici, boss e divinità sovrannaturali. Le battaglie sono il fulcro del gioco, intorno al quale ruota la crescita degli eroi sia nella caratterizzazione sia nelle capacità belliche, e in un certo senso rappresentano lo specchio dell'anima della serie: studiando il sistema di combattimento, nei piccoli e grandi cambiamenti apportati nel corso di quindici capitoli, è possibile comprendere le ragioni che hanno spinto lo sviluppatore nipponico a prendere certe strade piuttosto che altre. In questo senso, possiamo dividere la saga principale in tre momenti principali che indicheremo rispettivamente come l'origine, l'evoluzione e la fase di sperimentazione. Alla vigilia del grande evento Uncovered che svelerà una volta per tutte la forma di Final Fantasy XV e la sua data di uscita, vogliamo ripercorrere trent'anni di battaglie all'ultimo sangue.
Ripercorriamo l'evoluzione del sistema di combattimento nei quindici Final Fantasy principali
L'origine dell'ATB
In principio... non c'era l'Active Time Battle. Il sistema di combattimento del primo Final Fantasy (NES, 1987) non aveva un vero e proprio nome, era semplicemente un sistema a turni ispirato a vari RPG dell'epoca ma anche e soprattutto a quello del Dragon Quest (NES, 1986) di Enix che per anni rappresentò il suo principale concorrente. Concepito da Akitoshi Kawazu e Hiroyuki Ito, il sistema di combattimento dei primi tre Final Fantasy fa da pietra angolare a tutta la serie e al genere dei giochi di ruolo nipponici in toto: i combattimenti sono a turni, cominciano casualmente durante l'esplorazione e hanno luogo in scenari separati dopo un breve caricamento. Durante il suo turno, il giocatore sceglie le azioni dei singoli membri del party che poi le effettuano, insieme ai nemici, seguendo un ordine stabilito da statistiche individuali. Una volta che anche l'ultima unità in campo ha compiuto un'azione, il turno si conclude e il ciclo ricomincia. Per fare un esempio, Bravely Default e Bravely Second, gli ultimi JRPG targati Square Enix usciti per Nintendo 3DS, propongono un'ossatura molto simile. I due episodi successivi - Final Fantasy II (NES, 1988) e Final Fantasy III (NES, 1990) - tentano di rinnovare la formula con dei piccoli accorgimenti. In Final Fantasy II, per esempio, Square introduce il concetto della retrovia, una fila in cui i personaggi non possono essere attaccati direttamente se non con incantesimi o armi a lungo raggio.
Inoltre, i membri del party non guadagnano punti esperienza né aumentano di livello; le loro statistiche aumentano a seconda della frequenza con cui compiono certe azioni durante le battaglie. Per esempio, un personaggio che usa molti incantesimi incrementerà pian piano la sua riserva di Magic Point, mentre un altro personaggio che incassa molti colpi al posto degli altri aumenterà i suoi Health Point. È in Final Fantasy III, però, che Square fa il suo "primo passo in un mondo più vasto", quando implementa un prototipo di quello che solo qualche anno dopo diverrà il famoso Job System. A differenza del primo Final Fantasy, dove le classi si sceglievano all'inizio del gioco e restavano quelle per tutto il tempo, nel terzo Final Fantasy i personaggi possono cambiare mestiere: cominciano come Tuttofare, ma proseguendo nella storia si sbloccano nuovi mestieri che possono essere intrapresi in qualunque momento. Quando un personaggio aumenta di livello, guadagna punti nelle statistiche legate a quel mestiere ed eventualmente impara anche abilità specifiche come Furto nel caso del Ladro o Salto nel caso del Dragoon. Nonostante il successo del Job System, Square compie un passo indietro con Final Fantasy IV (SNES, 1991) assegnando ai vari protagonisti della storia dei mestieri - o Job - ben precisi che ricalcano il loro ruolo nella sceneggiatura: e così Cecil è prima Cavaliere Oscuro e poi Paladino, Kain è un Dragoon, Rydia è un'Evocatrice e via dicendo. Final Fantasy IV è anche il primo Final Fantasy a fregiarsi del sistema Active Time Battle o ATB, progettato da Hiroyuki Ito: fondamentalmente è simile a quelli proposti nei precedenti Final Fantasy, ma aggiunge una dimensione interattiva nel senso che ad ogni personaggio corrisponde una specie di timer (invisibile, nella prima versione del gioco) che decreta il momento in cui può agire. La battaglia, insomma, perde i macro-turni a favore di micro-turni individuali, e il giocatore può dare un ordine a un personaggio solo quando può agire lui o lei. La velocità con cui si ricarica l'indicatore dipende solitamente dal valore omonimo nella scheda del personaggio, perciò non tutti i combattenti agiscono lo stesso numero di volte durante uno scontro. Su questo concept iniziale, Square ricamerà i sistemi di combattimento dei prossimi sei Final Fantasy.
L'evoluzione dell'ATB
Dragon Quest e Final Fantasy giocano ad acchiapparello per anni, ma di solito è Enix ad avere la prima parola: se è vero che Final Fantasy III introduce i mestieri nel 1990, bisogna ricordare che la stessa meccanica delle classi intercambiabili aveva esordito in Dragon Quest III due anni prima.
Ecco perché, a partire da Final Fantasy V (SNES, 1992), Square comincia a elaborare nuove dinamiche per rendere il suo brand di punta - lo stesso che si chiamava così perché dopo il primo si pensava non ce ne sarebbero stati altri - ancora più vincente. Il quinto Final Fantasy, ad esempio, introduce a tutti gli effetti il Job System, una variante molto più complessa e ricca di quello soltanto accennato in Final Fantasy III. I personaggi cominciano come Tuttofare ma una volta sbloccati i primi Job guadagnano Punti Abilità, oltre ai soliti punti esperienza, che fanno aumentare di livello i Job selezionati. Nella versione originale c'erano ventidue Job e il giocatore poteva "mischiarli", per esempio scegliendo come il Mago Nero come "secondo job" per un Cavaliere in modo che quest'ultimo potesse lanciare anche incantesimi d'attacco. La presenza di abilità passive o automatiche espandeva ulteriormente il campo di possibilità. Nonostante il grande successo di Final Fantasy V, Square tornò subito a una struttura più statica con i successivi, riprendendo il Job System nello spin-off Final Fantasy Tactics (PlayStation, 1997). Nel frattempo, però, uscirono prima Final Fantasy VI (SNES, 1994) e poi Final Fantasy VII (PlayStation, 1997). Final Fantasy VI proponeva una versione riveduta e corretta dell'ATB - con tanto di indicatore visibile che permetteva di valutare l'ordine dei turni dei personaggi in battaglia - e diversificava i personaggi in base ai mestieri a loro assegnati dalla trama. Locke, per esempio, era un ladro e poteva rubare, mentre Shadow, il ninja, poteva scagliare gli oggetti contro i nemici. Questa dinamica incideva sul gameplay in modi del tutto nuovi e originali. Gli attacchi speciali di Sabin, per esempio, si eseguivano immettendo delle combinazioni di tasti a mo' di picchiaduro. Un'altra novità di Final Fantasy VI era rappresentata dai frammenti di Magicite che i personaggi potevano equipaggiare: oltre a consentire l'evocazione dell'Esper associato, conferivano nuovi incantesimi col tempo e i punti abilità guadagnati. Dato che il giocatore poteva finalmente scegliere con quali personaggi formare il party e come distribuire le Magicite ottenute, Final Fantasy VI consentiva un livello di personalizzazione decisamente notevole. Final Fantasy VII, da questo punto di vista, svolgeva un lavoro molto simile grazie al sistema della Materia. Essenzialmente il sistema di combattimento non cambiava troppo rispetto a quello del precedente episodio - anche se i personaggi, al di là delle statistiche di partenza, non differivano molto gli uni dagli altri - ma il giocatore poteva incastonare nelle armi degli eroi dei preziosi cristalli che aumentavano di livello, sbloccando bonus e abilità. Nella fattispecie, non erano i protagonisti a imparare le abilità in questione, ma le Materia stesse.
A differenziare realisticamente i personaggi, quindi, erano anche e soprattutto le loro Limit Break, una versione riveduta e corretta degli attacchi disperati di Final Fantasy VI: si trattava di colpi o incantesimi speciali che si "caricavano" lentamente durante il combattimento, praticamente delle super mosse devastanti. Le Limit Break tornarono anche in Final Fantasy VIII (PlayStation, 1999) anche se tutto il contorno cambiò drasticamente. Come in Final Fantasy VII, anche in Final Fantasy VIII il party era formato da un massimo di tre personaggi. A differenziare maggiormente questo capitolo da tutti gli altri è l'abbandono dei tradizionali Magic Point a favore dell'inedito sistema Junction. Quest'ultimo si appoggiava all'espediente narrativo delle Guardian Force o G.F. e fece molto discutere: sostanzialmente, i personaggi potevano legarsi a questi spiriti guardiani e attingere alle fonti mistiche sparse per il mondo o ai nemici stessi per accumulare i vari incantesimi. Le magie, a loro volta, potevano influenzare i parametri dei personaggi a mo' di equipaggiamento; in effetti, ogni eroe brandiva un'arma ben precisa che si poteva soltanto potenziare, ma non cambiare. Il sostanziale distacco dalla tradizione, sia nel gameplay che nella sceneggiatura, rende l'ottavo Final Fantasy il più divisivo della serie ancora oggi. Questo spiegherebbe come mai Square abbia fatto un passetto indietro con Final Fantasy IX (PlayStation, 2000) riproponendo le dinamiche di Final Fantasy IV e Final Fantasy VI. Anche in questa Fantasia Finale, infatti, ogni personaggio svolge un ruolo ben preciso: Zidane è un ladro e può rubare, Vivi è un mago nero e quindi anche l'unico in grado di lanciare magie nere, Freya è un dragoon e può usare il tradizionale Salto, e via dicendo. Mentre l'ATB resta bene o male lo stesso di sempre, il sistema Trance sostituisce le Limit Break pur funzionando in modo simile: quando l'indicatore apposito si riempie completamente, il personaggio di turno entra in uno stato potenziato che cambia la funzione e l'efficacia delle sue abilità peculiari. Vivi, per esempio, può lanciare due magie contemporaneamente per tutta la durata della Trance. Da questo punto di vista, Final Fantasy IX, uscito al calare del tramonto nell'era PlayStation, può considerarsi l'esperimento meno coraggioso di Square.
La fase di sperimentazione
Final Fantasy X (PlayStation 2, 2001) è il primo episodio ad abbandonare l'Active Time Battle a favore di un sistema di combattimento completamente nuovo, concepito da Toshiro Tsuchida e chiamato Conditional Turn-Based o CTB: questa volta non sono i turni a scandire il ritmo della battaglia, ma un elenco di "azioni" influenzato in vari modi dall'andamento dello scontro, per esempio dagli incantesimi del tempo.
I personaggi più veloci possono agire più spesso di quelli più lenti; in più, è possibile sostituire i tre personaggi in campo con quelli di riserva in qualsiasi momento. A differenza dei precedenti Final Fantasy, nel CTB il giocatore ha tutto il tempo del mondo per scegliere l'azione di un personaggio quando tocca a lui intervenire, il che rende tutto più strategico. Ancora una volta, il giocatore ha il pieno controllo sulla crescita dei personaggi attraverso la Sferografia, che consente di scegliere liberamente i bonus e le abilità di ogni personaggio anche senza rispettare i "mestieri" assegnati arbitrariamente dalla storia a ogni protagonista. Final Fantasy X rivoluziona anche i meccanismi delle evocazioni: gli Eoni sostituiscono temporaneamente il party in battaglia e sono controllati direttamente dal giocatore come fossero un personaggio vero e proprio. Infine, c'è il Turbo, un'evoluzione più interattiva delle Limit Break e della Trance dei precedenti Final Fantasy. Vale la pena notare che Final Fantasy X-2 (PlayStation 2, 2003) è il primo sequel ufficiale di un episodio della serie ma, invece di proseguire la via intrapresa da Final Fantasy X, sceglie dinamiche completamente diverse, riproponendo l'ATB - anche se più frenetico - e una forma di Job System basato sulle cosiddette Looksfere. Final Fantasy XI (PlayStation 2, 2002) dal canto suo è la prima, vera rivoluzione del brand in ogni senso perché... non è un JRPG: è un MMORPG come World of Warcraft, per citare un titolo paradossalmente venuto dopo, ambientato in un mondo persistente a cui ci si collega tramite Internet. Il sistema Real Time Battle progettato da Akihiko Matsui soppianta gli scontri casuali, poiché i nemici vagano per la mappa e la battaglia si verifica sul posto senza caricamenti. Il giocatore può controllare liberamente il proprio personaggio e spostarsi a piacimento, interagendo con gli altri giocatori o attaccando il nemico dopo aver selezionato l'azione appropriata: è importante notare che ogni azione innesca un periodo di recupero che in un certo senso ricorda l'ATB. Essendo un titolo drasticamente diverso rispetto agli altri Final Fantasy, l'undicesimo episodio meriterebbe un lungo excursus a parte, ma qui basterà dire che, oltre ad introdurre il RTB, Final Fantasy XI si appoggia anche e soprattutto a un rinnovato Job System che permette ai giocatori di cambiare mestiere in qualsiasi momento, attingendo alle abilità di due mestieri contemporaneamente. Di conseguenza, all'importanza della pianificazione si aggiunge anche quella della comunicazione, poiché gran parte del gioco incentiva gli utenti a collaborare. La parentesi online prosegue per anni parallelamente al ritorno della saga alle proprie origini. O quasi. Final Fantasy XII (PlayStation 2, 2006) cambia nuovamente aspetto con l'implementazione di un nuovo sistema di combattimento, l'Active Dimension Battle o ADB. Evoluzione diretta dell'ATB, l'ADB soppianta le battaglie casuali con gli scontri sul campo già visti in Final Fantasy XI, perciò il giocatore può scegliere se ingaggiare gli avversari o aggirarli. Nel primo caso, è possibile controllare un solo personaggio alla volta, mentre gli altri sono affidati all'intelligenza artificiale che segue le routine impostate dai giocatori, chiamate anche Gambit. I vari personaggi, oltre ad aumentare di livello, guadagnano anche i Punti Licenza con cui sbloccare le omonime licenze su una specie di scacchiera che permette di attingere a vari bonus, imparare nuove abilità o acquisire la perizia necessaria a brandire determinate armi.
Ancora una volta, Square - ormai Square Enix - si concentra tutta sulla personalizzazione e sulla ricerca di soluzioni alternative, anche a costo di essere discutibili, pur strizzando l'occhio al passato (in questo caso, gli Esper controllabili, come in Final Fantasy X, e le Apoteosi: praticamente le nuove Limit Break). Il Command Synergy Battle o CSB fa la sua prima apparizione in Final Fantasy XIII (PlayStation 3 e Xbox 360, 2009) prima e in Final Fantasy XIII-2 (PlayStation 3 e Xbox 360, 2011) poi per merito dello stesso Toshiro Tsuchida di Final Fantasy X. È in buona sostanza una diretta evoluzione dell'ATB, con la differenza che le abilità consumano l'indicatore caricato in base alla loro potenza. Una volta selezionate le azioni nell'ordine desiderato, si innesca la catena premendo un tasto. Tuttavia, anche questa volta possiamo controllare soltanto un personaggio per volta, mentre gli altri sono affidati all'intelligenza artificiale. In base agli attacchi eseguiti e ad altri parametri, come per esempio il ruolo scelto attraverso il sistema Optimum, è possibile indurre uno stato di Crisi ai nemici, durante il quale si infliggono molti più danni. Contemporaneamente, cambia anche la dinamica degli Esper che qui non solo sostituiscono i membri del gruppo eccezion fatta per il loro invocatore, ma possono persino cambiare forma una volta soddisfatte determinate condizioni, trasformandosi in bizzarri veicoli. Final Fantasy XIII-2 propone solo delle piccole differenze rispetto al suo prequel. Durante i combattimenti - ora casuali come un tempo - si innescano delle sequenze "quick time event" chiamate Azioni Istantanee, inoltre è possibile aggiungere ai due protagonisti un mostro domato che completa il terzetto in combattimento. In entrambi i giochi, tuttavia, la crescita dei personaggi si appoggia al Cristallium, una versione modernizzata della Sferografia di Final Fantasy X e delle Licenze di Final Fantasy XII. È invece Lightning Returns: Final Fantasy XIII (PlayStation 3 e Xbox 360, 2013), terzo capitolo della cosiddetta Fabula Nova Crystallis, a proporre un nuovo sistema di combattimento chiamato Style-Change Active Time Battle o SATB, creato da Yuji Abe sulla base del precedente CSB. In questo episodio combatte solo la protagonista Lightning, perciò Square Enix ha implementato un sistema che le permette di cambiare "costume" e assetto di combattimento al volo e in qualsiasi momento: la concatenazione degli attacchi e dei costumi cambiati scandisce il ritmo di ogni scontro, per questo motivo non esiste un menù dal quale scegliere ogni azione e quest'ultime, invece, si associano ai tasti del controller. L'idea è quella di rendere ogni combattimento più frenetico e interattivo, come del resto è il gameplay anche durante l'esplorazione: Lightning Returns, infatti, somiglia più a un action game dalle derive RPG che viceversa. Consideriamo brevemente Final Fantasy XIV: A Realm Reborn (PlayStation 3 e PC Windows, 2013) ora. Il gioco ripropone il sistema RTB di Final Fantasy XI perché, in effetti, è un MMORPG anche questo. Nonostante tutti i miglioramenti - i combattimenti sono più frenetici e meno statici - e i cambiamenti dettati dal progresso tecnologico e dallo svecchiamento operato nella fase di reboot seguita al fallimento della release originale datata 2010, Final Fantasy XIV: A Realm Reborn ripropone le meccaniche fondamentali della serie, modernizzate per l'occasione, e quindi Job System e Limit Break, tra le altre cose.
Il futuro si chiama AXB
Nell'alternarsi di novità e vecchie soluzioni che caratterizza la serie tra il 2001 e il 2013, si nota chiaramente come Square Enix abbia tenuto d'occhio il mercato, seguendone l'evoluzione e rispettando le preferenze del pubblico mainstream. In un momento in cui il genere JRPG sembra mostrare il fianco al peso del passato, Square Enix volge lo sguardo ai giochi d'azione e ai MMORPG, nel tentativo di rivoluzionare il brand con meccaniche nuove, forse discutibili, senz'altro coraggiose.
Nonostante molti fan di vecchia data abbiano storto il naso di fronte alle introduzioni più eclatanti - basti pensare alla tiepida accoglienza riservata all'ADB di Final Fantasy XII - è semplicemente stato giusto, da parte dello sviluppatore nipponico, tentare nuove strade in un momento in cui le nuove tecnologie lo consentivano, sperimentando in cerca di un nuovo posto nel mondo anche per la sua serie madre. Forse è proprio qui che risiede il controsenso nel difficile rapporto a tre tra gli ultimi Final Fantasy, la critica di genere e il pubblico: da una parte ci si lamenta della staticità, dall'altra si ripugna l'innovazione se cambia troppo le carte in tavola. Persino la via di mezzo offerta dalla trilogia di Final Fantasy XIII ha sollevato un gran polverone, e siamo piuttosto sicuri che la storia si ripeterà con Final Fantasy XV. Il nuovo sistema Active X Battle è stato progettato da Hajime Tabata, il quale si è ispirato fortemente a Kingdom Hearts e a Final Fantasy Type-0. Da quanto abbiamo giocato nella demo pubblicata mesi fa, si tratta di un ibrido che mescola un po' tutti gli elementi cardine dei Final Fantasy recenti insieme alla libertà offerta dall'impostazione free roaming del nuovo episodio. Il giocatore controlla solo Noctis, il protagonista, mentre l'intelligenza artificiale si occupa dei suoi compagni di gruppo, ma la battaglia è totalmente in tempo reale e ogni tasto permette di attaccare, schivare e difendersi, consumando al contempo i Punti Magia che si ricaricano nel tempo. Tra combo, contrattacchi, attacchi combinati con gli altri membri del gruppo e abilità basate sulle armi impugnate da Noctis, il nuovo sistema di combattimento è chiaramente il più lontano dai canoni classici, e rappresenta il primo, vero passo della serie in una nuova generazione di giochi di ruolo, tant'è che chiamare Final Fantasy XV un JRPG potrebbe essere quanto di più sbagliato possibile.