Akira Toriyama se n'è andato l'1 marzo, l'abbiamo scoperto solo ieri e stiamo ancora digerendo la notizia. Abbiamo ricordato la sua carriera, dagli esordi al successo di Dragon Ball, e le sue numerose collaborazioni editoriali e non solo, ma la questione dei videogiochi merita un discorso a parte. E no, non stiamo parlando degli innumerevoli videogiochi ispirati a Dragon Ball, ma dell'insospettabile influenza che Toriyama ha avuto sul nostro medium preferito.
Come vi abbiamo raccontato, Toriyama ha sfondato solo nel 1980 con Dr. Slump, diventando una delle matite di punta di Weekly Shōnen Jump. In quegli anni possiamo inquadrare il suo primo, inconsapevole contatto con i videogiochi nel momento in cui nientepopodimeno che Shigeru Miyamoto, mentre disegnava le prime iterazioni di Mario, s'ispirava al personaggio della robottina Arale per animare la corsa e i movimenti dell'idraulico baffuto. Non avevate mai notato la postura a braccia tese di Mario in Super Mario Bros. 3, il costume da tanuki indossato dalla stessa Arale nel manga e il cappellino con le orecchie che sbucano proprio come le alette della robottina?
Insomma, Toriyama ha ispirato il primo look moderno di Super Mario, ma Nintendo non era stata l'unica compagnia a mettere gli occhi sul mangaka: Akira Toriyama ha lavorato a moltissimi videogiochi, anche se il più importante resta il JRPG più famoso di tutti.
Dragon Quest
E il JRPG più famoso di tutti non è Final Fantasy, almeno in Giappone, ma Dragon Quest. Ironicamente, lo stesso Hironobu Sakaguchi ha raccontato di essere stato un grande fan di Toriyama ancora prima di cominciare a lavorare su Final Fantasy, un progetto che aveva battezzato così perché temeva che non avrebbe avuto scampo in un panorama che, verso la fine degli anni '80, era dominato dai giochi d'azione. Il successo di Dragon Quest, che spopolava tra gli appassionati di GDR giapponesi, e il character design di Akira Toriyama, che Sakaguchi adorava, lo spronarono a sviluppare un gioco per Square che fosse all'altezza della concorrente Enix. In parole povere, senza Akira Toriyama e Dragon Quest, non ci sarebbe stato Final Fantasy, e non stupisce che Sakaguchi abbia collaborato con lui anche in seguito.
Esprimendo il suo cordoglio per la scomparsa dell'amico e collaboratore Toriyama, il creatore di Dragon Quest, Yuji Horii, ha ricordato il suo primo incontro con l'autore: Horii, che all'epoca scriveva per Weekly Shōnen Jump, cercava qualcuno che potesse occuparsi della direzione artistica di un GDR cui stava lavorando per conto di Enix. A fargli il nome di Toriyama sarebbe stato Kazuhiko Torishima, proprio l'editore che per primo aveva intravisto il talento del mangaka, arrivando a seguirlo per diversi anni.
Il primissimo Dragon Quest risale al 1986 - Final Fantasy arrivò solo un anno dopo - e da allora Toriyama ha passato trentasette anni a disegnare i personaggi e i mostri della serie, nonché a offrire i suoi consigli nella stesura delle trame. Lo stile goliardico dell'autore non si riconosce solo nel look dei protagonisti - che spesso ricordano i suoi personaggi di Dragon Ball, specialmente nei Dragon Quest più recenti - ma anche e soprattutto nelle creature che popolano i mondi fantasy di Enix: dai Vampistrelli ai Nauseafungi, passando per i Kougar e i Guglielmo Tell, i draghi e i demoni e gli zombi, oppure le iconiche Slime, forse i mostri più semplici, basilari eppure caratteristici e memorabili nella storia dei GDR giapponesi, tanto da essersi conquistate uno spin-off tutto loro.
Nessuno di questi mostri trasmette un senso di pericolo o di minaccia - e forse è per questo che si finisce spesso a prendere delle sonore legnate - ma suscita ilarità, fa sorridere e crea una sorta di dissonanza tra lo scopo dell'avventura e la posta in gioco, il cui sottotesto è spesso tragico o apocalittico. Da questo punto di vista, meramente artistico, Dragon Quest possiede un equilibrio che non ha nessun altro GDR sul mercato e il merito sta tutto nell'immaginazione di Toriyama. È difficile pensare ai prossimi Dragon Quest senza di lui, ma il potere del suo lascito è questo, no? I suoi mostri torneranno sempre.
Chrono Trigger
Dietro Chrono Trigger c'è una storia incredibile. In una vecchia intervista, Kazuhiko Torishima ha rivelato alcuni scottanti retroscena dietro Dragon Quest e Final Fantasy, spiegando i collegamenti tra le riviste Jump che promuovevano i videogiochi negli anni '80, nonché l'antagonismo della casa editrice nei confronti di Sakaguchi e il suo Final Fantasy. Secondo Torishima il talento di Sakaguchi era sprecato da Square su una serie che restava sempre un passo dietro al concorrente e quello di Horii era sprecato da Enix che lo vincolava a realizzare solo Dragon Quest. Ci sarebbe dunque l'editore di Toriyama dietro Chrono Trigger: Torishima aveva messo insieme Sakaguchi, Horii e il suo mangaka di punta, Toriyama, in un Dream Team che poteva lavorare al "videogioco migliore di sempre".
I lavori su Chrono Trigger cominciarono nel 1992 e andarono avanti con un preciso obiettivo: combinare Dragon Quest e Final Fantasy in un titolo unico. A loro si unirono poi Kazuhiko Aoki come produttore, Masato Kato per la narrativa, Hiromichi Tanaka alla supervisione della direzione artistica, Akihiko Matsui, Yoshinori Kitase e Takashi Tokita come director, Nobuo Uematsu e Yasunori Mitsuda alle musiche. Inizialmente il gioco si sarebbe dovuto intitolare Maru Island e appartenere alla serie Mana (Seiken Densetsu in Giappone) ma poi diventò Chrono Trigger.
Il leitmotiv del viaggio nel tempo si deve in parte a Toriyama. Non sappiamo chi avesse proposto l'idea in sé e per sé, ma solo che inizialmente Kato non era d'accordo, poiché temeva che si potesse tradurre in un gameplay ripetitivo e stantio. Horii riuscì a convincerlo con una sceneggiatura cui contribuì anche Toriyama, offrendo i suoi preziosi suggerimenti: appena un anno prima l'autore aveva introdotto il personaggio di Trunks nel suo manga Dragon Ball, un guerriero proveniente da un futuro distopico che viaggia nel tempo per aiutare i protagonisti a fermare il mostro che avrebbe sterminato la sua famiglia e buona parte della popolazione terrestre. Nel manga l'intervento di Trunks nel passato non altera il suo futuro, generando piuttosto una linea temporale parallela, mentre in Chrono Trigger il punto era proprio quello di viaggiare nel tempo per cambiare il corso della storia.
Toriyama disegnò tutti i personaggi, i mostri e i macchinari di Chrono Trigger. Il suo stile peculiare si riconosce in personaggi come il protagonista Crono, che somiglia non poco a Son Gohan, l'automa Robo o il buffo cavaliere Frog. L'artista, tuttavia, caratterizzò anche gli scenari e le diverse epoche in cui si svolgeva la storia. Secondo Sakaguchi, lavorare a Chrono Trigger fu un po' come giocare nell'universo di Toriyama, riferendosi soprattutto alle gag umoristiche che sarebbero state fuori luogo in un Final Fantasy. È ironico, quindi, che in uno dei molteplici finali del gioco, si incontri Toriyama ma che questi si rivolga ai suoi figli, Sasuke e Kikka, come se fosse lui a sentirsi onorato di aver lavorato a un videogioco che praticamente ruotava tutto intorno ai suoi contributi artistici.
Tobal
Pochi anni dopo l'uscita di Chrono Trigger, Toriyama lavorò ancora con Square a Tobal No. 1, un picchiaduro di cui probabilmente si ricordano ormai in quattro gatti. Era stato pubblicizzato pochissimo in occidente - nonostante avesse venduto molto bene in Giappone - e in un panorama in cui dominavano i vari Tekken, Virtua Fighter e così via, il picchiaduro Square sembrava un'anomalia soprattutto per via della grafica senza texture - che però garantiva una fluidità a 60 frame al secondo - e per la peculiare modalità Quest. Ma il director Seichi Ishii l'aveva pensata proprio perché, uscendo su console e non in sala giochi, sarebbe stato importante offrire un contenuto single player adatto ai giocatori da divano.
Toriyama stesso compare nel gioco sotto forma del robottino Tori, la sua controparte a fumetti già vista in Dr. Slump, Dragon Ball e altri manga, che si sbloccava completando il dungeon più difficile della modalità Quest.
Un anno dopo, Toriyama tornò a disegnare anche Tobal #2 che però non è mai stato localizzato per il mercato occidentale. Un vero peccato, perché era un gioco migliore a tutto tondo, sia dal punto di vista tecnico - Square era riuscita a migliorare i modelli 3D e gli shader senza rinunciare ai 60 frame al secondo - sia contenutistico: il sistema di combattimento, che permetteva un movimento a 360 gradi sul campo di battaglia, era stato raffinato, e anche la modalità Quest tornava con una maggiore varietà e complessità, al punto che erano state introdotte città, servizi, oggetti e un sistema di potenziamento delle parti del corpo che determinava l'efficacia del giocatore. Era inoltre possibile catturare i mostri nei dungeon - che includevano il mitico Chocobo - e usarli nelle altre modalità di gioco.
Come potete immaginare, Toriyama si sbizzarrì. Originariamente era stato incaricato di disegnare i combattenti e i boss, che ricordavano i suoi personaggi di Dragon Ball a più riprese ma anche quelli che aveva disegnato per Dragon Quest, ma in Tobal #2 ebbe la possibilità di ideare alcuni mostri sperimentando uno stile un po' più realistico rispetto al solito.
Blue Dragon e tutto il resto
L'ultimo franchise cui Toriyama ha dato una grossa spinta con la sua matita è stato Blue Dragon di Mistwalker, facendo peraltro impazzire Hironobu Sakaguchi - che aveva scritto la storia - perché era completamente estraneo alle tecnologie più moderne, roba che usava una versione antiquata di Photoshop che non era neanche compatibile con quelle degli altri collaboratori. Nonostante questo, il contributo di Toriyama fu prezioso come sempre. Il suo ruolo era, ancora una volta, quello di disegnare i personaggi e i mostri di un classico GDR a turni che avrebbe dovuto rappresentare la tradizione nipponica nel catalogo di Xbox 360. Toriyama in questo caso impiegò uno stile più ibrido, forse più ispirato a Dr. Slump e Cowa! che a Dragon Ball, più fanciullesco e morbido.
Blue Dragon riscosse un successo discreto, a causa più che altro delle dinamiche vetuste e di una narrativa poco coinvolgente, ma questo non gli impedì di diventare un manga e un anime. Toriyama tornò a disegnare i personaggi e i mostri nei due sequel Blue Dragon Plus e Blue Dragon: Awakened Shadow per Nintendo DS.
Nonostante tutto, negli anni ultimi anni Toriyama ha collaborato solo marginalmente nel settore dei videogiochi. Nel 2012 ha disegnato il robot Beeman 500SS per Chōsoku Henkei Gyrozetter di Square Enix, poi si è dedicato alle uscite di Dragon Ball tratteggiando il personaggio di Androide 21 per Dragon Ball FighterZ e quelli di Shallot e Zahha per Dragon Ball Legends. Ha anche disegnato Bonyu, un membro segreto della Squadra Ginew che compare in Dragon Ball Z :Kakarot, e alcuni personaggi inediti per Jump Force. La sua ultima collaborazione risale al 2019, quando disegnò un diorama per il titolo più recente di Sakaguchi, Fantasian, e il prossimo gioco in cui rivedremo con un pelo di commozione il suo character design sarà l'imminente Sand Land, ispirato all'omonimo manga.
Sono anni che i fan e le nuove generazioni chiedono a gran voce un remake o una riproposta di Chrono Trigger, un titolo che ancora oggi è considerato tra i migliori GDR nipponici mai sviluppati e che in un certo senso rappresenta il momento più importante in cui il talento di Toriyama si è incrociato col settore dei videogiochi. Forse Square Enix potrebbe decidere di accontentarci, quantomeno per ricordare l'artista che, senza neppure saperlo, ha riunito su un solo progetto il gotha del videogioco di ruolo giapponese.