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Life Is Strange: True Colors, abbiamo conosciuto Alex Chen nella prova del gioco

Dopo aver provato Life is Strange: True Colors, vi raccontiamo Alex Chen, quella che potrebbe essere la protagonista meglio caratterizzata della serie

PROVATO di Alessandra Borgonovo   —   03/09/2021
Life is Strange: True Colors
Life is Strange: True Colors
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Le prime impressioni contano, sempre. Potranno non definire un prodotto nella sua interezza ma sono il motore che ci spinge a proseguire, che sia nella lettura di un libro, nella visione di un film o una serie tv, oppure, nel caso specifico, nel giocare un videogioco. Life is Strange: True Colors non ha un compito semplice sulle spalle, poiché deve riprendere il controllo di quelle redini perse con Life is Strange 2 e lo deve fare attraverso sviluppatori diversi, anche se meritevoli di fiducia.

Deck Nine, infatti, ha lavorato allo spin-off Life is Strange: Before the Storm, restituendoci personaggi sfaccettati e molto ben realizzati nonostante la mano che li ha creati, nell'originale Life is Strange, non fosse la loro.

Prima di LiS, lo storico di videogiochi ai quali hanno lavorato non era memorabile e l'idea di lasciare che si occupassero di un capitolo nuovo e canonico della serie può aver fatto sollevare qualche sopracciglio. Noi invece abbiamo voluto dar loro fiducia fin dall'inizio e, dopo aver provato Life is Strange: True Colors e conosciuto la sua protagonista, Alex Chen, possiamo dire che si stanno muovendo lungo la giusta strada. Alex è un personaggio sfaccettato, molto spontaneo e curato anche nelle piccole e quasi impercettibili reazioni che delineano il suo stato d'animo o la sua personalità.

Un dono che è una maledizione

Life is Strange: True Colors, Alex considera il proprio dono una maledizione
Life is Strange: True Colors, Alex considera il proprio dono una maledizione

A piacerci fin da subito, di Alex, è stata la sua spontaneità: se in particolare in Life is Strange 2, ma a tratti anche nell'originale, si percepiva una certa innaturalezza nei gesti e nel modo di esprimersi dei protagonisti, con Alex la sensazione è stata fin da subito quella di infilarsi un paio di guanti comodi. Si riesce a entrare in sintonia con lei, con la sua natura schiva dettata da un potere che considera una maledizione e dai suoi sforzi per contrastarla, fin dai primi momenti. Non è mai chiaro il nostro stato d'animo in quanto giocatori, a cavallo tra l'imbarazzo e la tensione che solo occasionalmente si allentano, perché Alex si presenta a noi senza filtri. Ci sentiamo coinvolti perché il suo personaggio, almeno fin quanto abbiamo potuto vedere, è naturale: lo è nei dialoghi, a tratti goffi perché lei è la nuova arrivata, ma il fratello Gabe ne ha parlato così tanto che tutti già la conoscono e poco poco la considerano di famiglia; lo è soprattutto nel portamento e nelle microespressioni, dallo sguardo schivo fino alle leggere contrazioni delle dita o a una postura più difensiva.

Il suo corpo parla più di quanto facciano le parole (non che Alex lesini, in questo senso) ed è una ricerca del dettaglio che abbiamo apprezzato perché è così: spesso riveliamo di noi più di quanto non vorremmo e lo facciamo senza rendercene conto, almeno per un buon osservatore.

Life is Strange: True Colors, la prossemica di Alex parla più della sua voce
Life is Strange: True Colors, la prossemica di Alex parla più della sua voce

La spontaneità di Alex è tale che, quando si tratta di scegliere come reagire, una delle due risposte è esattamente quella che avevamo pensato: magari non con le stesse identiche parole, d'accordo, ma il punto è che le situazioni sono costruite ad hoc per farci diventare un tutt'uno con lei. È capitato, nei giochi precedenti della serie, che non sapessimo quale decisione prendere perché nessuna delle due era davvero in linea con quanto stava accadendo; c'era un momentaneo scollamento tra noi e il personaggio, ci sentivamo meno coinvolti e dunque le nostre stesse risposte erano disinteressate, casuali perché "non è così che avrei fatto io". Attenzione, non si tratta di bacchettare gli autori su come noi avremmo potuto fare meglio di loro, è piuttosto mettere in luce il contrasto che si veniva a creare, magari per bisogni di trama o per dirottare il contesto proprio verso un punto stabilito, e come questo contrasto ci lasciava poi indifferenti alle conseguenze.

In Life is Strange: True Colors, finora, questa sensazione non l'abbiamo percepita. Forse perché Alex, cresciuta in una casa famiglia e costretta a imparare a difendersi (alle volte fisicamente), non è un personaggio che gira troppo attorno a una questione. È diretta, non si risparmia gli insulti se deve, e in generale, quando esce dal guscio di imbarazzo dettato dall'essere "la sorella di Gabe", emerge il lato più spigoloso di lei - quello che continui affidamenti e, soprattutto, la sua maledizione hanno contribuito a plasmare anno dopo anno.

Life is Strange: True Colors, il rapporto fra Alex e Gabe è perfettamente costruito
Life is Strange: True Colors, il rapporto fra Alex e Gabe è perfettamente costruito

In tal senso, proprio come Max a suo tempo, Alex è riuscita perché non viene esacerbata in nessun aspetto: se in Life is Strange 2 e in Tell Me Why, entrambi due giochi che hanno messo l'aspetto sociale davanti alla narrazione, la condizione "inferiore" di Sean e Daniel, da un lato, e la transessualità di Tyler dall'altro erano i chiodi su cui gli sviluppatori martellavano fino a renderceli indigesti, Life is Strange: True Colors non rende Alex simbolo di qualcosa. Non enfatizza fino a stressarle, anzi non enfatizza affatto, quelli che in altri casi avrebbero potuto essere tratti da sbandierare: essere asioamericana e bisessuale. Nel primo caso, lo vediamo chiaramente dal suo aspetto, nel secondo lo apprendiamo a passi minuscoli, sbirciando le vecchie conversazioni sul suo cellulare, prestando attenzione ai suoi pensieri o alle sue espressioni, al modo che ha di interfacciarsi con uomini e donne. È tutto lì, nell'osservazione. Non veniamo ogni volta, costantemente, messi a conoscenza della cosa, tutt'altro - e questo si ricollega alla spontaneità di cui abbiamo parlato all'inizio. Alex è spontanea in ogni suo aspetto, non ce lo caccia giù per la gola a forza, ed è questo il primo passo per renderlo un personaggio credibile, per non trasformarlo in una macchietta dove a brillare fino a essere accecanti sono questi suoi due tratti sociali.

Life is Strange: True Colors promette molto bene. Deck Nine sembra non aver abbandonato l'approccio adottato con Before the Storm e tutti i personaggi risultano ben caratterizzati, coerenti con il contesto e ciascuno memorabile nella propria particolarità. Alex nello specifico è delineata molto bene, soprattutto nei gesti e nelle espressioni, che spesso parlano più delle parole e delineano molto bene la sua personalità tormentata a causa di un potere da lei ritenuto una maledizione. Ci si sente a proprio agio, nel vestire i suoi panni, e non si avvertono per ora forzature di sorta, persino a fronte di giusto un paio di dialoghi un po' fuori fuoco. Abbiamo solo sfiorato la superficie della storia, dunque non possiamo azzardare nulla, ma le premesse ci sono piaciute. Dal punto di vista tecnico ci sono delle leggere incertezze, soprattutto sul fronte di un motion blur a tratti fastidioso, ma nulla che impedisca davvero di giocare. Un plauso infine per le musiche, che fin dalla primissima traccia si rivelano molto azzeccate.

CERTEZZE

  • Il personaggio di Alex è tratteggiato benissimo
  • La storia, per ora, non presenta incoerenze o cliché
  • Graficamente è il migliore Life is Strange della serie

DUBBI

  • Qualche leggera incertezza tecnica