Sebbene sia partita dal mobile la serie Battlestation punta in alto: l'obiettivo ultimo di BugByte Games è quello di lanciare quanto prima Battlestation: Humanity's Last Hope che rappresenta il progetto pià ambizioso del piccolo team. Per poter sviluppare queto titolo gli sviluppatori si sono rivolti per la seconda volta alla platea di Kickstarter dopo aver già tentato la via del crowdfunding, senza successo, nel 2014.
Il fallimento, per fortuna, non ha demoralizzato gli sviluppatori che hanno deciso di costruire il futuro della propria serie fantascientifica pezzo dopo pezzo. L'attuale trittico di titoli appartenenti alla serie Battlestation, un antipasto pensato per introdurre l'universo di gioco e far conoscere il team di sviluppo, è partito da una base da gestire e difendere, è passato da un tower defense spaziale free-to-play ed è arrivato al titolo al centro di questa recensione che allarga i confini dell'universo di gioco e ci mette nei panni di un comandante deciso a contrattaccare e sterminare gli alieni. In Harbinger le Battlestation ci sono e possono essere attaccate ma sono punti d'appoggio e non rappresentano più il centro dell'azione. A fare da protagonista è la nostra nave che può andare a zonzo per diversi sistemi con l'obiettivo di prepararsi alla missione finale che prevede un combattimento inizialmente impossibile da affrontare. Al centro dell'esperienza, in sostanza, ci sono l'evoluzione della nave, l'acquisizione di navi alleate e l'ottenimento di nuove astronavi. L'interfaccia è funzionale e decisamente poco invasiva: semplici icone a schermo ci permettono di accedere al menù dei potenziamenti, a quello dei due wingman assoldabili e alla mappa stellare che ci mostra le rotte percorribili che ci separano dall'obiettivo finale. Inoltre puntando il dito su un oggetto si attiva il relativo menù che nel caso del combattimento ci permette di decidere quali sistemi rivolgere contro le astronavi più grandi. In questo modo possiamo puntare un'arma potenziata per danneggiare maggiormente gli scudi su una nave che li sfoggia a piena potenza e optare per un'arma che danneggia esclusivamente lo scafo, come i missili nel caso di un vascello privo di protezioni energetiche.
Harbinger rappresenta un ulteriore passo in avanti per la serie spaziale Battlestation
Andiamo a mieter l'alieno
Il comparto visivo sfoggia visuale a volo d'uccello, grafica rigorosamente bidimensionale e modelli semplici ma la sensazione di essere nello spazio c'è. Qualche pianeta sullo sfondo, l'inerzia marcata delle astronavi e la lentezza dei movimenti creano un'illusione piuttosto efficace che costa però più di qualcosa in termini di immediatezza e reattività dell'azione. Ma d'altronde il controllo della nave passa per il punta e clicca in un titolo che ricrea le lente manovre di avvicinamento di una battaglia spaziale credibile e la stessa Bugbyte Games presenta Habringer come uno strategico spaziale dunque c'è poco di che stupirsi se schivare i colpi degli avversari è tutt'altro che facile. Un problema, però, in tutto questo c'è.
Gli spostamenti sono lenti e anche solo accostarsi a una base spaziale per le riparazioni richiede svariati secondi. Scappare inoltre è molto difficile anche se in diverse situazioni l'iperspazio, che generalmente si riattiva dopo qualche secondo dall'arrivo in un sistema, funziona anche nel bel mezzo dell'azione. Ciononostante le cose si fanno gradualmente complicate, alcune navi ci inseguono sistema dopo sistema e capita di sottovalutare il volume di fuoco che, soprattutto con la nave iniziale, può eliminarci dall'equazione in men che non si dica. Per affrontare queste situazioni l'unica soluzione possibile è quella di potenziare la nave e per comprare sistemi, droni, navi alleate servono soldi mentre i potenziamenti passano per cubi energetici verdi. In entrambi i casi le risorse arrivano dalla distruzione delle navi aliene che infestano i sistemi che ci separano dall'obiettivo finale. Le strade possibili per arrivare al sistema bersaglio sono numerose e possono attivare eventi che prevedono anche missioni di scorta non sempre semplici da portare a termine. Inoltre i nemici possono contare su rinforzi e questi si spostano di sistema in sistema impedendoci di creare una rotta sicura. Alcune zone sono piene di nemici ma quando questi sono di taglia piccola è tutto di guadagnato visto che c'è la possibilità di ottenere parecchi bottini senza subire danni o quasi. Con il passare del tempo aumenta però la presenza di navi di grossa taglia e di nemici più pericolosi che possono anche colpire direttamente il nostro scafo rendendo lo scudo inutile. In questi settori il livello di rischio è bello alto ed è bene pensarci su due volte prima di rischiare la nave visto che perdendola si conclude la partita a meno di non avere acquisito una capsula di fuga. Come anticipato Battlestation include l'upgrade di armi e di sistemi ma i potenziamenti comportano anche alcuni svantaggi che costringono a ragionare sull'effettiva convenienza del migliorare un dato cannone che potrebbe infliggere maggiori danni ma anche sparare troppo lentamente. Inoltre, i costi di tutti gli update sono alti e questo, come nel caso del movimento, rallenta notevolmente il ritmo di gioco. Le cose comunque si sveltiscono con l'acquisto dei bot di riparazione che se non altro ci evitano un lento e doloroso andirivieni dalla base. Il problema è che gli interventi dei bot, già pagati a caro prezzo, costano parecchio e non sono disponibili su tutte le navi rendendo spesso appetibile, soprattutto in tempi di magra, tornare faticosamente nei pressi di una Battlestation per mendicare una riparazione.
L'obiettivo finale
Battlestation: Harbinger non è il più complesso degli strategici spaziali: il comparto narrativo è a dir poco esile e il titolo non sfoggia nemmeno un bilanciamento impeccabile tra sistemi fin troppo facili da affrontare e situazioni improvvisamente difficili che, pur palesandosi nelle prime fasi di gioco, richiedono una nave più reattiva e con maggiore potenza di fuoco. Nel titolo Bugbyte è possibile affrontare uno scenario senza nemmeno guardare lo schermo e qualche salto nell'iperspazio dopo può capitare di rimanere incastrati tra sistemi popolati da navi potenti oppure subire attacchi improvvisi proprio quando le risorse e la salute della nave scarseggiano.
C'è, in sostanza, una forte componente casuale ma questa in un titolo spaziale ha il suo senso visto che restituisce al giocatore l'illusione di un universo vivo e dell'imprevedibilità del domani. E c'è da dire che nonostante alcune situazioni decisamente rischiose non si arriva alla difficoltà di un FTL che pur chiamato in causa dagli sviluppatori si accosta ad Harbinger più per le atmosfere e per lo spirito che per l'impostazione o il livello di sfida. Sia chiaro, già a livello medio Harbinger è difficile mentre alzare al massimo la difficoltà rende le fasi iniziali decisamente impegnative e aumenta il rischio di lasciarci le penne ma nel titolo Bugbyte è spesso possibile fuggire, tra gli acquisti c'è la capsula di fuga a scongiurare una fine improvvisa ed è possibile procedere con calma, restare nei pressi della base e darsi al farming. La strategia più sicura è quella di attaccare i sistemi popolati da nemici meno pericolosi senza mai osare troppo sfruttando l'opzione che consente di far avanzare il tempo per far spostare i nemici i cui movimenti, e questa è una finezza, si possono vedere sulla mappa di viaggio a patto di essere a portata di sensori. In questo modo anche se le cose vanno per le lunghe la difficoltà si ridimensiona pur rimanendo estremamente variabile soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati. Il risultato, in definitiva, è un titolo che concede molta importanza all'evoluzione, difficile ma caratterizzato dalla possibilità di procedere con cautela che evita frustrazioni eccessive e consente di godere dell'atmosfera del titolo con tutta calma pur mantenendo una sfida adeguata. Il tutto è infine condito da un sistema di punteggio finale che permette di dare un senso alla partita anche quando questa finisce male. Se, in sostanza, le situazioni non sono bilanciate al millimetro, lo è l'esperienza complessiva nel segno del mix tra una tranquilla simulazione spaziale, dell'evoluzione della propria nave e della morte permanente. Un titolo, tra l'altro, che gira su un gran numero di dispositivi anche se in ambito iOS è ottimizzato per girare al meglio sull'iPhone 5 e modelli superiori. Probabilmente l'aggiunta di un sistema di illuminazione, anche nella forma di semplici bagliori, avrebbe tagliato fuori qualche vecchio smartphone o tablet ma avrebbe sicuramente dato quel pizzico di magia in più alle tonnellate di missili, colpi e raggi laser che attraversano lo schermo durante i combattimenti più concitati.
Conclusioni
Battlestation: Harbinger è un gioco sfizioso e coinvolgente che include un'ottima atmosfera, una buona varietà di situazioni, sottomissioni che si attivano a seconda dei nostri movimenti, stazioni spaziali da salvare, diverse navi con cui sbizzarrirsi e upgrade in abbondanza. I glitch e le ingenuità non permettono al titolo di svettare, il comparto tecnico ha lacune evidenti e la colonna sonora per quanto coinvolgente diventa presto ripetitiva ma complessivamente Harbinger si fa notare più per i pregi che includono combattimenti sfiziosi e fluidi anche con dispositivi non particolarmente nuovi, adattamento in italiano imperfetto ma graditissimo, un prezzo abbordabile e la consapevolezza che ci troviamo per le mani un mattone piuttosto solido che si spera possa essere un sostegno adeguato per il futuro della serie Battlestation.
PRO
- Upgrade e avanzamenti in quantità
- Suggestivo e coinvolgente
- Longevità e sfida non mancano
CONTRO
- Bilanciamento non certo perfetto
- Si sente la mancanza di qualche effetto luminoso in più
- Comparto narrativo praticamente inesistente