Da quando è emersa dalle ombre, la scena indie videoludica ha sempre dimostrato un grandissimo amore per i platform 2D in pixel art. I motivi sono diversi, ma in generale possiamo affermare che riprendere in mano, smontare e perfezionare i modelli di gameplay abbandonati dai grandi nomi dell'industria è storicamente considerato come un vero e proprio atto politico, soprattutto da parte degli sviluppatori più integralisti.
La pixel art in particolare viene sbandierata come una forma di reazione ai processi produttivi spersonalizzanti dei titoli tripla A. Joakim Sandberg, meglio conosciuto come Konjak, non ha mai fatto mistero della sua posizione radicale sull'argomento, al punto che agli albori dello sviluppo di Iconoclasts, quando ancora era un prototipo chiamato Ivory Springs (in realtà è più la prima versione del gioco, che Konjak ha finito per scartare, ripartendo poi quasi da zero), parlò apertamente di anni di sviluppo per completarlo. Per lui i videogiochi devono essere creazioni artigianali, in cui sia evidente la mano degli autori in ogni singolo pixel. Insomma, dopo i due eccellenti Noitu Love, che vi invitiamo caldamente a recuperare, Konjak ha perseguito una forma di sviluppo quasi zen, non mettendosi alcuna fretta. Qualcuno direbbe che evidentemente può permetterselo, ma nondimeno il risultato finale è eccellente sotto diversi punti di vista.
Iconoclasts è un metroidvania 2D che racconta la storia di Robin, la figlia di un meccanico che ha ereditato dal padre la sua grossa chiave inglese. In un mondo in cui ogni aspetto della vita è controllato dal governo centrale, sotto la minaccia di essere considerati dei peccatori da una divinità chiamata semplicemente Mother, Robin e la sua disinteressata voglia di aiutare gli altri entrano presto in conflitto con il potere centrale, scatenando una serie di eventi la cui intensità drammatica crescerà lungo tutto il gioco, sfociando in momenti che non esitiamo a definire tragici.
Perfezione nel design
Sandberg è indubbiamente un maestro del game design, poco da aggiungere. Lo aveva già dimostrato con Noitu Love 2, ma con Iconoclasts ha raggiunto dei picchi di eccellenza davvero incredibili: non c'è un singolo momento del gameplay che non sia stato studiato alla perfezione. All'inizio Robin può solo saltare e usare la sua pistola stordente, ma presto ottiene la chiave inglese del padre, con cui può risolvere i primi, semplici, puzzle. Nel corso dell'avventura Robin otterrà altre armi e strumenti (bombe, potenziamenti per la chiave inglese stessa e altro), complessivamente non moltissimi, ma tutti sfruttati con grande sapienza per creare dei macro puzzle sempre più difficili e interessanti.
Ovviamente, come tradizione del genere impone, alcuni permetteranno di tornare in aree già esplorare per raggiungere zone prima inaccessibili. Da notare che tutti gli strumenti di Robin rimarranno utili per l'intero gioco, compresa l'arma iniziale che addirittura sarà indispensabile contro alcuni dei boss finali. Si tratta di una scelta di design radicale, quanto efficace: invece di aggiungere roba su roba, Konjak ha preferito sfruttare ogni meccanica fino alle sue estreme conseguenze, donando al giocatore una grande consapevolezza del sistema di gioco. Equipaggiamento di Robin a parte, molti dei puzzle sono legati alla conformazione dei livelli e agli elementi caratteristici che li compongono. Complessivamente Iconoclasts offre una varietà difficile da trovare altrove, varietà che ha fortunatamente tanti alti e pochissimi bassi. Insomma, qualche piccola sezione è meno ispirata di altre, ma complessivamente tutto funziona molto bene. Dal punto di vista del design, ci troviamo di fronte a una delle massime espressioni dei metroidvania, capace di riservare sorprese dall'inizio alla fine.
Gli stessi scontri con i boss condividono la medesima genuina ingegnosità di tutto il resto: non ce n'è uno che sia lineare o che si ripeta. Il giocatore è chiamato a studiarne gli schemi e a capire come agire per sconfiggerli, in un mix costante di riflessione e abilità, che si nutre dello stupore per i minutissimi dettagli tenuti in considerazione in ogni combattimento. Ad aggiungere varietà ci pensano anche i personaggi secondari che si incontrano nel corso del gioco e che seguono Robin nelle sue avventure. Konjak li ha utilizzati in modo inedito e creativo, in alcuni casi indirettamente (mossi dalla CPU, Robin deve interagirci per superare puzzle o boss) o direttamente (il giocatore può prenderne il controllo). C'è da dire che sono anche personaggi interessanti che, pur partendo da precisi stereotipi, fanno di tutto per superarli e risultare più "umani" e originali della media del genere.
Dubbi
A leggere il paragrafo precedente potrebbe sembrare che questo miscuglio tra livelli eccellenti, puzzle ingegnosi e scrittura elevata non abbia difetti, ma non è così. Paradossalmente, visto il tempo che c'è voluto per svilupparlo, Iconoclasts ha alcune meccaniche mal sfruttate. Pensiamo in particolare agli innesti di Robin, che si costruiscono sui dei banchi da lavoro usando i materiali che si trovano nei forzieri sparsi per il mondo di gioco. Purtroppo, nonostante sia una meccanica molto presente, non sembra mai essere determinante. Insomma, dei bonus si ottengono, ma senza che questi influiscano troppo sul gameplay, tanto che a volte ci si dimentica di averli. In un certo senso è quasi inevitabile che sia così, vista la natura del gioco, ma il risultato è un certo depotenziamento della parte esplorativa, che diventa quasi superflua sulla lunga distanza.
L'odore è più quello dell'aggiunta tardiva o, peggio, della meccanica che ha perso importanza nella testa di Konjak con il proseguo dello sviluppo del gioco. Altro problema, che in realtà non è tale, è la pixel art. Sicuramente è meravigliosa e non vi nascondiamo di averla ammirata in alcuni punti, ma è anche vero che perde un po' se confrontata con quella di un Owlboy e, stilisticamente parlando, Iconoclasts è meno fresco di un Hollow Knight e di altri titoli del genere. Insomma, è bello, ma c'è di meglio. Non è un difetto madornale (infatti non lo elenchiamo come tale nel box con il commento), ma se si sono giocati molti indie è difficile rimanere stupiti di fronte al pur ottimo lavoro fatto sui singoli sprite e sulle animazioni, tutte realizzate perfettamente e capaci, con pochi frame, di rappresentare espressioni e sentimenti dei personaggi.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7-4770
- 16 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 960
- Sistema operativo Windows 10
Requisiti minimi
- Sistema operativo Windows XP SP3 o successivi
- Processore Dual Core CPU, 2 GHz
- 1 GB di RAM
- Scheda video con 512MB di VRAM
- DirectX 9.0c
- 500 MB di spazio su Hard Disk
Conclusioni
Iconoclasts è un evidente atto d'amore: un'opera di artigianato videoludico che riesce a trasmettere la sua unicità, pur non essendo per nulla originale. Paga un po' i suoi anni di sviluppo, visto che nel frattempo di metroidvania stilisticamente eccellenti ne sono usciti diversi (Owlboy, Hollow Knight, Axiom Verge) e, quindi, è difficile lasciarsi stupire. Del resto ha un design dei livelli e dei puzzle davvero eccezionale, nonché una storia che riserva moltissime sorprese, diventando sempre più cupa con il procedere dell'avventura. Anche gli scontri con i boss sono ingegnosi e, in alcuni casi, memorabili. Insomma, Iconoclasts è piano di qualità che riescono a compensare ampiamente le sue piccole mancanze, quindi non possiamo che consigliarvelo senza grosse riserve.
PRO
- Level design e puzzle design eccezionali
- Alcuni scontri con i boss sono memorabili
- Storia ben raccontata che cresce d'intensità livello dopo livello
CONTRO
- Alcune meccaniche sottosfruttate
- Appartiene a un genere che ormai conta moltissimi rappresentati di valore