Non fanno più gli horror come una volta" è una delle frasi che più spesso si sentono e si leggono quando si parla del rapporto tra presente e passato nel mondo dei videogiochi. Ebbene, lo sviluppatore belga Casper Croes ha preso alla lettera queste lamentele e ha realizzato Alisa (che noi abbiamo provato nella sua versione Developer's Cut appena uscita su console), un horror a camera fissa, in 4:3, con controlli e grafica retrò per riportare gli amanti del genere direttamente negli anni '90.
Edito da Top Hat Studios, Alisa Developer's Cut non prende alcuna scorciatoia e non fa compromessi: dai cambi di inquadratura da mal di testa ai controlli che al neofita risultano pressoché inutilizzabili passando per le musiche inquietanti e un design dei nemici davvero disturbante, tutto ciò che ha fatto innamorare una generazione intera di videogiocatori dell'universo di Resident Evil è qui, esattamente come ve lo ricordate, senza un'oncia di modernità.
In questa recensione di Alisa Developer's Cut analizzeremo il lavoro di Croes e, se già possiamo raccomandare facilmente l'esperienza ai veri nostalgici degli horror da PS1, risulta molto più difficile raccomandarla a chi quell'epoca non l'ha vissuta perché le limitazioni in fatto di controlli e prospettiva potrebbero dare solo moltissima frustrazione.
Tutto è come deve essere
La direzione artistica di Alisa Developer's Cut è una delle più facili di sempre da retro ingegnerizzare. Casper Croes ha deciso di pubblicare nel 2024 (nel 2023 su PC) un videogioco action horror che sarebbe potuto tranquillamente uscire nel 1996. Ambientato negli anni '20, questo titolo ha come protagonista Alisa, un'agente d'élite reale (non è specificato di che nazione) che, inseguendo un criminale nella foresta, viene rapita da delle creature mostruose e inquietanti e portata in un misterioso maniero chiamato "La Casa delle Bambole". Qui si ritrova intrappolata e braccata da una serie di bambole meccaniche che vogliono ucciderla. La sua unica arma a sua disposizione è una semplice pistola, ma il suo arsenale è destinato a crescere con il passare delle ore.
Non manca nemmeno il venditore di oggetti e potenziamenti (nonché punto di salvataggio) dove rifornirsi di munizioni e medikit. La valuta di gioco, che consiste in alcuni ingranaggi, si recupera eliminando i nemici sparsi per la casa e presto è evidente che è molto controproducente sparare a caso. Ogni nemico fornisce abbastanza soldi da ricomprare le munizioni usate per ucciderlo e poco più. Visto che anche salvare costa un ingranaggio, si capisce presto che per sopravvivere bisogna fare economia. Inutile dire che non esistono i checkpoint, per preservare i vostri progressi dovrete quasi sempre tornare dall'inquietante venditore (un pupazzo animato da una mano che spunta da un muro) e investire le vostre preziose rotelle.
Uno degli elementi che ci hanno riportato indietro negli anni è stato il doppiaggio. È volutamente fatto male e zoppicante, con un inglese dal forte accento francese (nel caso della protagonista) e spesso sgrammaticato, proprio come nelle produzioni a basso budget dell'epoca. Si tratta di un vero e proprio viaggio nel tempo, ma questo approccio potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio.
Controlli difficili
Non sarebbe un horror della metà degli anni '90 senza la telecamera fissa e i cosiddetti tank controls, ovvero il fatto che premere a destra o a sinistra sul gamepad non fa muovere la protagonista in quella direzione ma la fa ruotare su sé stessa per poi spostarsi solo muovendo la levetta in avanti. Se amate questo modo di fare i videogiochi, vi farà piacere sapere che l'effetto macchina del tempo è istantaneo, soprattutto quando una bambola posseduta inizia a inseguirvi e voi sapete già che vi ucciderà con un colpo. Se non siete abituati a questo genere di comandi e alla visuale a camera fissa che salta da una parte all'altra anche nello spazio di pochi secondi fate attenzione perché abituarcisi richiede tempo e pazienza e potrebbe causare moltissima frustrazione, soprattutto nei combattimenti più difficili.
Con i pochi poligoni a sua disposizione, lo sviluppatore è riuscito a creare dei nemici davvero inquietanti che, anche senza effetti di splatter o facili spaventi, riescono a incutere paura e a uccidere la protagonista in pochi colpi. Alcune battaglie con i boss risultano un po' macchinose a causa dei continui cambi di prospettiva, ma nel complesso l'esperienza è giocabile e godibile una volta ripresa familiarità con i comandi. Il fascino di Alisa Developer's Cut risiede nella scelta di Croes di non cedere a nessuna comodità della modernità. Non nella gestione dell'inventario, non nel sistema di mira delle armi, non nella semplificazione degli oggetti e nemmeno per quanto riguarda la storia che, prevedibilmente, sa molto di già visto.
Una storia familiare
Dove la citazione sfocia leggermente nella banalità è nel comparto narrativo. Qui ci sono due scuole di pensiero: la più purista richiede una storia semplice e a tratti banale come quelle dell'epoca, l'altra vorrebbe una storia leggermente più moderna pur mantenendo tutto il resto del gioco in tributo a ciò che si faceva allora. C'è il classico dottore pazzo, dei puzzle che sicuramente avete già risolto in qualche altro videogioco, una serie di svolte legate alla Casa delle Bambole decisamente prevedibili e il classico sistema di backtracking a base di chiavi colorate per aprire le porte rimaste indietro. La mini-mappa, in questo, risulta fondamentale anche se non è navigabile al di fuori dell'area in cui ci si trova.
Da un punto di vista logico ha perfettamente senso che l'autore sia andato al 100% in direzione dell'originalità dell'epoca ma questo risulta in un'esperienza che col passare delle ore si fa sempre più etnografica e sempre meno videoludica. Tutto è come nel passato e dopo dieci ore di gioco abbiamo apprezzato ancora di più gli avanzamenti tecnici che hanno permesso di avere la visuale in terza persona e di muovere il personaggio più liberamente. Questo gioco potrebbe essere lo sfogo più idoneo per i momenti più intensi di nostalgia di Resident Evil o Alone in the Dark tanto quanto il promemoria perfetto per apprezzare i molti passi avanti fatti negli anni quando si parla di game e narrative design.
Conclusioni
Alisa Developer's Cut è un gioco per nostalgici. Se vi mancano la telecamera fissa, i controlli di movimento più legnosi di sempre, un doppiaggio estremamente approssimativo e una narrativa non entusiasmante, proprio come nel primo Resident Evil, allora è il gioco che fa per voi. L'intera esperienza è pensata come un tributo al modo di fare action horror degli anni '90, senza modernizzazioni o compromessi di alcun tipo e in questo è un successo straordinario. L'effetto macchina del tempo è pressoché istantaneo, ma la consapevolezza della contemporaneità peserà molto su chi questa nostalgia non la sente o quel periodo non l'ha vissuto. L'esperimento dello sviluppatore belga Casper Croes è da considerarsi riuscito: è possibile fare i giochi come una volta ma non è detto che sia la cosa migliore per tutti.
PRO
- Ritorno agli anni '90 pressoché istantaneo
- Riproduzione maniacale delle atmosfere horror dell'era PS1
- Controlli, telecamera, musiche, doppiaggio e combattimento storicamente perfetti
CONTRO
- Alcuni cambi di camera fissa troppo rapidi
- Molto frustrante per i non devoti al genere