Chi ha iniziato a videogiocare negli anni ottanta o novanta ha vissuto la prima, esaltante ondata di MMORPG, ovvero i giochi di ruolo online. C'è chi ha iniziato con Ultima Online, chi con Everquest, e chi con World of Warcraft. Quest'ultimo è stato la scelta di milioni di giocatori nel 2004, l'anno in cui è uscito, e conta ancora oggi su un'utenza molto attiva.
Cos'è che rendeva così speciali questi videogiochi in un periodo storico in cui le parole community online erano confinate perlopiù a forum e board? Proprio il fatto che fossero dei mondi veri e propri, con le loro regole, le loro città, le superfici calpestabili. E poi i compagni, gli altri appassionati. Non importava che fossero vicini o lontani, che potessi incontrarli a scuola la mattina dopo, o magari non vederli mai in carne e ossa. Era un altro mondo, abitato da altre identità. Questi luoghi virtuali sono stati (e sono tutt'ora) la seconda casa per molte persone che, attraverso i videogiochi online, trovavano rifugio dai problemi delle loro vite, oppure imparavano ad affrontarli in un terreno sicuro.
Tra i molti ragazzi che abitavano le terre di Azeroth c'è stato Mats Steen, norvegese, nato nel 1989 e scomparso prematuramente all'età di venticinque anni. La sua è una storia speciale, che il documentarista Benjamin Ree (già autore del bel The Painter and the Thief) ha deciso di raccontare nel film La vita straordinaria di Ibelin, da pochi giorni disponibile sul catalogo di Netflix.
Mats “Ibelin” Steen
Mats Steen è affetto fin dalla nascita da distrofia muscolare di Duchenne. Si tratta di una patologia rara per la quale non esiste ancora una cura. Con il passare degli anni, la malattia colpisce i muscoli e li atrofizza in maniera irreversibile. Costretto su una sedia a rotelle motorizzata, Mats trova conforto nei videogiochi, i suoi mondi virtuali che percorre a grandi falcate, correndo, saltando, libero dalla sua condizione. Per ore, ogni giorno. Arrivato a venticinque anni, la sua malattia è talmente peggiorata che, una notte, Mats si addormenta senza più svegliarsi. Prima di morire, però, lascia ai suoi genitori la password del suo blog. Sua madre, suo padre e sua sorella decidono di scrivere un ultimo post sul sito nel quale avvertono i lettori che Mats non c'è più. È a questo punto che fanno un'incredibile scoperta.
Tra tutti i videogiochi che Mats amava, ce n'era uno in particolare con il quale aveva trascorso decine di migliaia di ore: World of Warcraft. Quel titolo era il suo modo di raggiungere gli altri, di poterci interagire attraverso il corpo che aveva sempre desiderato. Il suo personaggio, Ibelin, un rogue umano dai lunghi capelli biondi, era un personaggio molto importante nella comunità del videogioco. Per questo motivo, non appena i suoi amici virtuali leggono il comunicato dei genitori di Mats, si attivano per raccontare alla famiglia di come Ibelin li abbia aiutati, in alcuni casi cambiando loro la vita. Nel corso degli anni che ha trascorso come giocatore di World of Warcraft, infatti, Mats ha offerto supporto a innumerevoli persone, si è innamorato, è entrato in una gilda ed è stato d'ispirazione per gli altri. La famiglia Steen scopre così la seconda vita del figlio e il modo in cui ha fatto la differenza nelle esistenze di moltissime persone.
Cosa lasciamo nei mondi che abitiamo
La vita straordinaria di Ibelin è una storia toccante che racconta l'identità segreta e la forza d'animo di un ragazzo che ha vissuto davvero attraverso i videogiochi. Ma è anche una bella riflessione sul modo in cui abitiamo le community online, sulle identità digitali che creiamo e su come spesso digitalizziamo certi sentimenti e certi immancabili aspetti della vita vera. Su come il virtuale sia a volte una sfera talmente intima da risultare invisibile per chi abbiamo intorno. E forse è proprio questa intimità, questa sensazione di avere un universo interiore che sia solo nostro, che rende così preziosa l'esperienza.
Proprio grazie alle tracce che il nostro passaggio lascia in questi luoghi, Benjamin Ree è stato in grado di ricostruire la storia di Ibelin. Poco dopo la dipartita del ragazzo, i membri della gilda Starlight hanno consegnato alla famiglia di Mats un faldone virtuale di 42.000 pagine che include tutti i log delle conversazioni che Ibelin ha avuto con gli altri giocatori. Emozioni, sentimenti, azioni e parole messe per iscritto in un database, una sorta di testamento, un'impronta indissolubile che rappresenta l'identità di Mats e della sua storia. Partendo da questi log, e dal blog che il ragazzo teneva come una sorta di diario personale, è stato possibile ricostruire per filo e per segno l'esistenza del suo alter ego.
Quando reale e virtuale si fondono
Ripercorrere la vicenda di Ibelin è anche un ottimo modo per mettere su pellicola uno scontro generazionale che ha caratterizzato l'arrivo e l'ascesa di quelli che oggi chiamiamo metaversi: le foreste, i campi, le città, le case e i castelli dei primi MMORPG. La battaglia tra la prima generazione di ragazzini che si erano stabiliti in questi mondi, e i loro genitori, per i quali reale e virtuale erano destinati a non potersi incontrare mai. Non è solo la famiglia di Mats a scoprire il potere e la persistenza dell'universo virtuale di World of Warcraft, ma anche le madri e i padri degli altri protagonisti del film.
Tutta la storia, infatti, si impreziosisce delle voci e delle interviste di alcuni dei giocatori e dei personaggi più importanti con cui Mats ha interagito nella sua vita virtuale. Alcuni di essi sono perni centrali della narrazione, perché rappresentano le esperienze più autentiche che il ragazzo ha avuto con sentimenti come l'amore o l'amicizia. Lisette Roovers, per esempio, che nel videogioco era Rumor, un'umana con i capelli neri e gli occhi color nocciola, rappresenta un caso unico perché Rumor e Ibelin avevano una relazione nel videogioco, e Mats aveva una forte cotta per Lisette. Anche l'amicizia con Xenia-Annie Nielsen e con suo figlio Rikke è importante: Mats li aveva spinti a trovare un punto di contatto attraverso World of Warcraft e li aveva fatti riavvicinare nella vita reale.
In tal senso il documentario fa un ottimo lavoro nel rappresentare un continuo dialogo tra reale e virtuale, utilizzando come strumento l'animazione. Per una buona metà, infatti, il film utilizza i modelli di World of Warcraft per mettere in scena la vita di Ibelin. Tutti i personaggi sono ben animati e sono straordinariamente espressivi, e la pellicola ha delle trovate registiche molto interessanti, come la variazione dell'aspect ratio che si allarga e si restringe quando passa dal raccontare la sconfinata libertà che Mats aveva in Azeroth e la prigione rappresentata dalla sua condizione fisica.
Conclusioni
Multiplayer.it
8.0
La vita straordinaria di Ibelin non è solo una bella storia sulla forza d'animo e sul grande cuore di un ragazzo in grado di spingersi al di là della sua condizione, ma è anche una riflessione su una generazione di videogiocatori, e sul modo in cui parte della nostra anima permane all'interno dei mondi che abitiamo. Virtuali o reali che siano. È un documentario che ci ricorda perché amiamo i videogiochi e che può offrire un punto di vista alternativo a chi non li ha mai apprezzati.
PRO
- Fotografa bene la prima generazione di giocatori di MMORPG
- Combina animazione e documentario per un risultato originale
CONTRO
- A volte risulta eccessivamente romanzato
- Sarebbe stato interessante approfondire anche il punto di vista dei genitori