Gli horror psicologici in prima persona hanno tutti delle caratteristiche simili. Alcune sono ormai entrate nella cultura collettiva del medium videoludico, come certe dinamiche di esplorazione, mentre altre sono meno manifeste, ma comunque presenti. Diciamo che in molti casi sembra di trovarsi di fronte a delle forme di autoanalisi degli autori, che riversano nei loro giochi quel lato oscuro dell'essere umano che difficilmente riesce ad affiorare nel quotidiano. Per questo tanti esponenti del genere hanno una forte impronta personale, spesso quasi autoriale, anche lì dove vanno a ripescare stilemi e stereotipi di ogni sorta. In questo senso la recensione di MADiSON potrebbe quasi trasformarsi in una seduta di psicoanalisi.
Avventura horror
Chiariamo subito un punto importantissimo: MADiSON non è dalle parti di Amnesia e simili. Certo, la visuale è in prima persona, ma il focus del gameplay è soprattutto sui puzzle, tanto che anche le apparizioni dei nemici, quando possono uccidere il protagonista e non sono semplici elementi scenografici, sono gestite come se fossero degli enigmi da risolvere. In questo senso il fatto che richiami moltissimo P.T. nelle atmosfere è quasi un abbaglio, perché qui siamo più dalle parti di Monkey Island (in senso lato) che da quelle di un horror classico.
La cosa è chiarissima sin dalla prima sequenza, in cui il protagonista, chiamato Luca, si trova rinchiuso in una stanza di quella che scopriremo essere la casa dei suoi nonni, assediato dal padre, che vuole fargli del male per qualche motivo non chiarissimo, che sarà svelato nel corso dell'avventura. Guardandoci intorno dobbiamo riuscire a trovare degli oggetti nascosti, sfruttare le interazioni con altri, come un televisore che può essere ruotato per orientarne la luce, quindi usare un oggetto dell'inventario per scappare in un'altra zona della casa dove, sempre risolvendo dei puzzle, otterremo una macchina fotografica simil Polaroid, quindi capace di stampare istantaneamente le foto scattate, che si rivelerà essenziale per l'intera storia.
È infatti l'unico strumento con cui possiamo guardare al di là del velo della realtà, entrando in contatto con il mondo dei morti. L'esplorazione e la risoluzione dei puzzle sono corredate da tutto il campionario degli effetti scenici che caratterizzano il genere: gli ambienti sono poco illuminati, con ampie zone d'ombra che sembrano sempre nascondere chissà cosa; ovunque si sentono inquietanti rumori dalla provenienza ignota. A rendere il tutto ancora più inquietante c'è il fatto che realtà e immaginazione sembrano spesso sovrapporsi. Così un sotterraneo allagato può trasformarsi in un incubo pieno di porte rosse da aprire, oppure la visita a una cattedrale diroccata può diventare un modo per viaggiare nel tempo. Da questo punto di vista, MADiSON è pieno di sorprese.
Puzzle
Come dicevamo, di combattimenti ce ne sono pochini. Anzi, praticamente nessuno, nonostante nella seconda metà dell'avventura (che dura in totale circa cinque / sei ore in base alla velocità con cui si risolvono i puzzle) spuntino dei nemici inattesi, anch'essi ben contestualizzati nella storia. Diciamo che, nonostante qualche salto sulla sedia, MADiSON mira più a essere disturbante che pauroso in senso classico. Il giocatore finisce per scavare nel passato della famiglia di Luca, scoprendo fatti terribili che conducono via via verso il finale. La narrazione è condotta ascoltando registrazioni audio su cassetta o leggendo documenti. Di altri esseri umani con cui interagire non ce ne sono. Qui spunta uno dei problemi maggiori del gioco: l'ultima parte, quella conclusiva, non è all'altezza delle aspettative create dalla prima. Da un certo punto in poi si entra nel regno del prevedibile, che conduce a un finale d'effetto, ma discutibile. L'esperienza in sé è coinvolgente, ma è come se d'un tratto l'ispirazione andasse perduta e la scena venisse rubata dai cliché, tanto che si possono indovinare i fatti successivi senza grossi problemi, al punto che ci si stupisce che le cose vadano come effettivamente le si sono immaginate.
A rendere comunque coinvolgente MADiSON sono proprio i puzzle, che come già detto richiamano quelli delle avventure punta e clicca per complessità, fatto che ci ha colpiti, soprattutto per il coraggio dimostrato dagli sviluppatori. Dopo i primi minuti, in cui è facile intuire cosa fare, MADiSON diventa abbastanza intricato, soprattutto grazie all'uso intelligente della fotocamera, che è stata integrata perfettamente nel gameplay, nonostante la scarsa conoscenza del funzionamento della stessa da parte degli sviluppatori (davvero c'è ancora chi crede che per sviluppare le foto istantanee bisogna sventolarle?) A cosa serve, in sostanza? Inizialmente soprattutto per rivelare indizi, ma presto assumerà anche altre funzioni, come quella di far viaggiare nel tempo o di attivare determinati passaggi. A volte può servire anche come torcia, ossia si può usare il flash per illuminare dei luoghi bui, con il rischio però di trovarsi di fronte a qualche immagine non proprio piacevole. Infine, alla fotocamera è legata un'attività secondaria del gioco, quella della ricerca dei collezionabili, ossia delle polaroid rosse che fanno fotografate per essere raccolte.
Grafica e problemi
Tecnicamente MADiSON è un gioco riuscito. Visivamente non offre uno stile particolare. Come già accennato, l'atmosfera è retta completamente dal sistema di illuminazione, mentre gli oggetti 3D di loro sono trattati in maniera abbastanza standard. Il tutto rende però molto bene, nel senso che alcuni ambienti risultano decisamente suggestivi e non mancano momenti tesi, pur in assenza di minacce incombenti. Se vogliamo la colonna sonora si pone lo stesso obiettivo, dedicata com'è ad armonizzarsi con la parte visiva per rafforzare la tensione del giocatore, che cresce molto nella parte finale, dove i salti sulla sedia si moltiplicano.
Come avrete capito leggendo fino a qui, MADiSON non è un gioco perfetto. Sicuramente si lascia giocare ed è imperdibile per gli amanti dell'horror ma, oltre a quelli già illustrati (parte finale deludente, stile non marcatissimo e così via), ha anche alti difetti strutturali su cui non si può sorvolare. Luca può trasportare solo un numero limitato di oggetti alla volta (dieci, dopo l'ultimo aggiornamento, ma noi lo abbiamo provato con il limite impostato a otto) e può lasciare quelli che ritiene inutili dentro a delle casseforti sparse per il gioco.
Purtroppo MADiSON non lascia facilmente intuire cosa potrebbe esserci utile o no nella sequenza successiva e a volte ci è capitato di dover tornare a prendere oggetti nella cassaforte che ci servivano assolutamente. Capiamo il voler imitare un inventario alla Resident Evil, ma quello di Capcom è un gioco talmente diverso nell'impostazione (è un survival horror) che l'inventario poco capiente assume tutto un altro senso, mentre qui è solo un fastidio, visto che non ci sono meccaniche survival che creino lo stesso senso di oppressione e angoscia. Oltretutto ci sono degli oggetti che non possono mai essere rimossi e che occupano fissi uno slot, come la fotocamera o il diario di Luca, fatto che limita ancora di più ciò che si può portare in giro. Altro problema è come vengono sottolineati gli oggetti interattivi. Ossia, come non vengono sottolineati. Di solito sono facilmente individuabili, anche perché si tende a guardare un po' in tutti gli angoli (la mappa complessivamente non è grandissima), ma a volte capita che siano difficili da scorgere, nonostante siano corredati da icone. Insomma, in generale la gestione dell'inventario di MADiSON poteva essere fatta meglio. Non è disastrosa, questo proprio no, ma si potevano evitare certi passaggi, controproducenti per l'esperienza.
Conclusioni
MADiSON è un buon titolo horror, soprattutto grazie ai suoi enigmi mai banali, che richiamano quelli delle avventure grafiche classiche, più che dei titoli all'Amnesia. Quindi aspettatevi di dover ragionare un po' sul da farsi e di dover risolvere degli enigmi che richiedono un bel po' di pensiero laterale, oltre che di capacità di osservazione. Peccato per i problemi elencati nella recensione, che non gli consentono di raggiungere l'eccellenza cui avrebbe potuto ambire.
PRO
- Ottima atmosfera
- Puzzle complessi e interessanti
CONTRO
- La storia perde un po' di forza nella seconda parte
- Gestione dell'inventario