Runner!
I runner sono un gruppo di fuorilegge in una società dominata da un regime totalitario che controlla ogni forma di comunicazione. Vivono saltando tra i grattacieli di una metropoli algida e senza emozioni, compiendo piccole missioni a pagamento di furto e recupero. Faith, la protagonista, che ricorda la Milla Jovovich del Quinto Elemento di Luc Besson, si trova suo malgrado coinvolta in un intrigo che porterà sua sorella agli arresti, e tutto il gioco non è altro che una corsa per cercare di liberarla, recuperando indizi e cercando di salvarsi la pelle. Mirror’s Edge è un’avventura in 3d che mescola le meccaniche di un platform con visuale in soggettiva, con quelle degli Fps, in cui la libertà dei movimenti si sposa con uno studio certosino degli elementi interattivi, a cui potersi appigliare, del fondale, così che, con un po’ di pratica, non ci si sente mai spaesati anche quando si corre a tutta velocità da un grattacielo all’altro. Questo grazie all’idea avuta dagli sviluppatori di dare vita ad un mondo in cui il bianco totale si accosta al rosso acceso con cui si colorano le scale da percorrere, le porte da sfondare e i parapetti da cui sporgersi nel mezzo di un fondale complesso e altrimenti poco leggibile. Presa confidenza con questi elementi il solo limite è il marciapiedi su cui inevitabilmente ci si schianta ad ogni errore, cosa che accade con una frequenza notevole, soprattutto nei passaggi più difficili. Per apprezzare Mirror’s Edge, infatti, bisogna non farsi spaventare dalla classica struttura così detta a Trial and Error – all’inglese – ovvero di un gioco in cui bisogna provare sequenze acrobatiche innumerevoli volte fino ad aver trovato la giusta serie di salti o il passaggio migliore per poter attraversare una delle mappe. A volte, capire dove dirigersi non è semplicissimo e il sistema di controlli, quasi perfetto negli spazi aperti, mostra qualche limite in quelli più chiusi, dove diventa anche più complicato capire su quali pareti saltare per andare avanti. Premendo il pulsante B, infatti, si attiva la Runner Vision, ovvero un puntatore che indica l’uscita da raggiungere in un livello, ma in linea d’aria, senza tenere conto della conformazione della mappa. All’aperto il sistema risulta piuttosto funzionale, visto che dall’alto di un tetto si riesce a scorgere chiaramente anche a lunga distanza; al chiuso, invece, il puntatore serve a poco o nulla, orientando il giocatore verso la parete, la vetrata o la porta che si frappone da lì alla destinazione finale, ma senza dare alcuna indicazione realmente utile per raggiungerla. In altre parole, ci si trova a passare diversi minuti in alcune ambientazioni saltando da un muro all’altro, cercando di capire dove dirigersi in seguito, magari morendo in continuazione se ci si trova sospesi nel vuoto.
Lo specchio di Faith
Ad inseguire Faith ci sono le milizie governative, armate di pistole, fucili e mitragliatori. All’inizio si tratta di semplici poliziotti che si calano dagli elicotteri e che possono anche essere evitati correndo. Proseguendo nella trama, entrano in campo le truppe speciali in grado anche loro di saltare sui palazzi, ed armate, a volte, di fucili di precisione, in grado di rendere la vita davvero difficile. Per affrontare i soldati c’è un sistema di combattimento corpo a corpo, fatto di calci e pugni, che si completa con la possibilità di sottrarre le armi ai nemici premendo il tasto apposito al momento giusto, ovvero quando, dopo una serie di colpi o durante un attacco, l’arma brandita si illumina di rosso, indicando a Faith l’istante in cui rubarla. In aiuto c’è anche un potere che le permette di rallentare il tempo così da avere più possibilità di eseguire la mossa.
L’intelligenza artificiale degli avversari è davvero notevole, così come spesso infallibile è la mira, peccato che altrettanto non possa dirsi dei mezzi che ha il giocatore per difendersi. Il sistema di puntamento non è comodo, così come quello di gestione delle armi, che si scaricano dopo pochi colpi e che vanno abbandonate prima di poterne recuperare altre dai cadaveri dei soldati. Insomma, pur divertendosi sulle prime, si ha la sensazione che il combat system sia stato inserito successivamente per allungare una campagna single player che già così non supera le otto ore al primo passaggio. Una volta finita, i motivi per rigiocare possono essere la voglia di sbloccare gli obiettivi o i trofei, l’esplorazione dei fondali alla ricerca di una serie di valigette nascoste nei posti più incredibili o le modalità di time attack in cui perfezionarsi nel superamento dei livelli e confrontando i propri tempi con quelli degli amici in rete. Questa relativa brevità e la mancanza di una modalità multiplayer sono forse i due difetti più evidenti di un gioco che, quando tutto funziona a dovere, con Faith che salta come una pantera ovunque, regala un’esperienza davvero unica ed un’elettrizzante sensazione di libertà.
Lo specchio di Faith
I Dice, lo stesso team dietro alla serie Battlefield, per Mirror’s Edge si sono rivolti all’Unreal Engine 3, piuttosto che al loro motore proprietario, e l’hanno reso irriconoscibile. Il bianco accecante dei grattacieli contrasta in maniera splendida con arancioni, rossi e blu accesi, a ricostruire un’ambientazione moderna, ma sospesa nel vuoto, che trasmette dinamicità e freddezza allo stesso tempo. Il Blur è usato in modo sapiente per rendere l’effetto della velocità e il soffiare del vento, e la cura riposta negli indumenti di Faith riesce a renderla accattivante e familiare fin dai primi istanti. C’è qualche problema con aliasing, con la definizione delle texture, che, vista la natura del gioco, si osservano spesso e volentieri da vicino – difetti compresi –, e con i modelli dei personaggi e le loro animazioni che lasciano un po’ a desiderare, ma è inutile sottolineare che l’impatto visivo è uno degli elementi maggiormente riusciti di tutto il gioco. Gli edifici, purtroppo vuoti di passanti e comprimari, le fogne e le altre locazioni sono tutte coerenti e ottimamente realizzate, tanto da far pensare che la città sia la vera protagonista di Mirror’s Edge. La storia, piuttosto esile, viene raccontata con alcune scene d’intermezzo animate e realizzate come si trattasse di un cartoon. La scelta è interessante, ma lo stacco tra i personaggi 3d e quelli delle animazioni è netto e la connessione tra i due piani diventa un po’ troppo labile col progredire del gioco.
Menzione particolare per la colonna sonora, composta da un accattivante brano inedito e cantato, che con i diversi remix riecheggia per tutta l’avventura, e da una serie di musiche a metà tra la techno e la new age. Tutte sono di ottimo livello e, insieme alla grafica, contribuiscono a ricreare un’ambientazione senza paragoni nel panorama attuale, per stile e personalità.
Commento
Mirror’s Edge è forse l’esponente più coraggioso e riuscito di quei titoli che cercano di dare corpo, fondendoli, a segnali e ispirazioni provenienti dalla cultura popolare, dalla musica e dal design, espandendo i confini di un media, il videogioco, in forte evoluzione. In questo intento i Dice riescono perfettamente, confezionando un prodotto al passo coi tempi, pieno di stile, d’inventiva e di fascino. Il gioco vero e proprio, di contro, alterna attimi di coinvolgimento e adrenalina puri a momenti in cui i combattimenti, i controlli e la struttura dei livelli frenano quel fluire di emozioni che altrimenti sarebbe esaltante dall’inizio alla fine, lasciando il sapore di un esperimento non completamente portato a termine. Un titolo comunque da giocare anche solo per l’innovazione che porta, tenendo presente la limitata longevità e la mancanza di qualsiasi modalità multiplayer, ma che saprà regalare più di un brivido a chiunque.
Pro
- Gameplay innovativo
- Il senso di vertigine
- Idea creativa unica
- I combattimenti
- La longevità
- Mancanza del multiplayer
Xbox 360 - Obiettivi
Finire il gioco una volta a livello normale porta ad ottenere tra i 300 e i 400 punti. Per arrivare ai mille bisogna trovare tutte le valigie nascoste, eseguire combinazioni di mosse particolari e dedicarsi alle modalità a tempo. Tutto considerato, non ci vorrà molto tempo per ottenere un bottino di punti ragguardevole.