La recensione di The Finals potrebbe chiudere così: è una bomba, a patto che lo giochiate con altre due persone con una vaga idea di come funzionino le regole, con microfono accesso e senza aver paura di utilizzarlo. Il free-to-play degli Embark Studios è un gioco di squadra purissimo e se state cercando un'esperienza da lupo solitario qui troverete soltanto frustrazione. Tutti insieme, al netto delle tarature finali che avverranno da qui in poi, è un'esperienza di quelle che non si vedevano, e giocavano, da troppo tempo.
Ruba, incassa, scappa
Per quale dannato motivo alcuni giochi non campano senza l'introduzione continua di nuovi contenuti, e altri sopravvivono decenni con dieci mappe in croce? La risposta è il gameplay che deve essere stratificato e interessante, intelligente, ma al tempo stesso istintivo in modo da permettere a bestie e strateghi di dire la loro, e a modo loro. E questa sembra proprio essere la descrizione perfetta di The Finals che, grazie alla sua apparente semplicità, ha saputo rapirci fin dal primo momento, riportandoci ai migliori Tribes della nostra vita ma non solo. Le regole della modalità principale forse oramai le conoscerete tutti, perché ne abbiamo parlato diverse volte e poi perché gli extraction shooter non sono più una grande novità.
La versione offerta dagli Embark Studios è particolarmente riuscita per un motivo che potrebbe sembrare totalmente estraneo alla faccenda, ma che secondo noi si è rivelato essere a dir poco fondamentale. La forza di The Finals è (quasi) tutta nella sua ambientazione. Questo non è Escape from Tarkov che vuole fare lo Stalker multiplayer, non è Ghost Recon Extraction con la sua biofantascienza né una modalità mal pensata di Battlefield che deve sottostare alla ricostruzione storica di turno. The Finals è The Finals: la sua ambientazione da sport virtuale non solo non crea impaccio al gameplay, ma gli permette di introdurre, distorcere, manovrare ogni regola, di gioco come fisica, in piena libertà e senza doversi preoccupare dell'immedesimazione, dell'atmosfera, di come sono andate le cose davvero nel 1945.
Non è una guerra
In The Finals i partecipanti possono con gli appositi strumenti fare salti di venti metri, sopravvivere sotto le macerie di interi palazzi, resuscitare e trasformarsi in monetine. La stessa libertà ha permesso agli sviluppatori di introdurre elementi estremi come piogge di meteoriti o riduzioni repentine della gravità a cinque minuti dalla fine di un match. Se serve, c'è spazio. E noi non siamo soldati, valchirie o maghi: in questo gioco controlliamo quello che è semplicemente il nostro alter-ego digitale, atleta di un eSport chiamato appunto The Finals. Questa scelta ha anche permesso un approccio grafico e cromatico totalmente diverso dal solito: colorato, acceso, solare. Stesso identico effetto sul sonoro: spazioso, elettrizzante con il suo piglio da telecronaca sportiva.
Three, is a magic number
La modalità principale di The Finals è semplicissima da capire: in campo ci sono tre squadre da tre giocatori ciascuna. Lo scopo è quello di arrivare alla fine del tempo limite con più soldi degli altri contendenti. Per aumentare il portafoglio della squadra dovrete raggiungere la cassa piena di denaro che comparirà di volta in volta nella mappa, per portarla al luogo d'estrazione dove sarà necessario che il procedimento termini. Il tempo è abbastanza lungo da permettere alle altre squadre di rubare il carico anche mentre è in "upload", quindi una volta iniziato il processo sarete obbligati a una strenua difesa del malloppo. Il gioco propone tre archetipi fisici per i soldati: leggero, medio e pesante. Queste sono a tutti gli effetti le classi di The Finals, che potranno poi essere ulteriormente personalizzate nella scelta di armi e gadget.
Eclettico
I gadget sono un aspetto fondamentale del gioco Embark. Ci sono bombe di schiuma che si solidifica all'istante creando sia muri che bloccano i nemici che protezioni per voi e il resto della squadra, granate di ogni tipo, ricarica energia a flusso continuo ma è necessario rimanere nei pressi del ferito, mantelli dell'invisibilità, velocissimi rampini utilizzabili su ogni superficie, scudi portatili e martelloni alla Rainbow Six Siege. Ma attenzione: nel bellissimo gioco Ubisoft i muri che si potevano rompere erano solo alcuni e prestabiliti, in The Finals potremo invece radere completamente al suolo un livello, spostando di conseguenza anche la posizione delle zone di estrazione. Il caos è garantito, ma resta sempre un caos controllato, da cui si può emergere vincitori per chiari meriti, piuttosto che per pura fortuna. Il gioco di squadra funziona e con un minimo di impegno si può rimanere in partita fino all'ultimo momento, anche vincendo allo scadere del tempo come ci è capitato spesso di fare. Ogni match è una storia a parte: una partita potrebbe essere ambientata di giorno e la successiva di notte e sotto un'accecante tempesta di sabbia, con enormi dune che ammassandosi accanto alle strutture creano rampe naturali che portano dritti al tetto. The Finals è ad ogni partita sempre diverso, pur rimanendo in fondo sempre sé stesso.
Due anime, un solo gioco
L'azione vera e propria è ipercinetica, aggressiva nel modo giusto, permissiva nei salti ma ben definita tra rinculo e ballistica. Si vede che il gioco è realizzato da chi ha passato una vita ad assemblare sparatutto. E si vede che il team proviene in larga parte da chi si è inventato quella gemma (oggi un po' offuscata) di Battlefield: in The Finals sembrano infatti convivere insieme Bad Company 2 e Mirror's Edge. Esiste coppia più esplosiva? Questo pedigree stimola i giocatori a sfruttare fisica e meccaniche per creare coreografie totalmente fuori di testa a base di rocket jump e colpi da cecchino in caduta libera. Anche le mappe spingono i giocatori alla creatività: in certi passaggi più che su un campo di battaglia sembra di trovarsi all'interno di un platform. Il sistema di progressione di armi e gadget ricorda quello di Team Fortress: giocando si sbloccano crediti con i quali sbloccare il nuovo equipaggiamento, composto da elementi che spingono gli atleti a provare continuamente nuove tattiche d'attacco e difesa.
Colori e luci
Quando un membro del team viene ucciso, questo viene trasformato in una statuetta che i suoi compagni possono spostare e portare con sé in un luogo sicuro dove resuscitarlo in relativa tranquillità. Aiutare i propri compagni è spesso fondamentale perché se l'intera squadra verrà annientata i tempi di respawn saranno più lunghi lasciando campo libero agli altri team. E questa è solo una delle molteplici sfumature del gioco Embark. Anche tecnicamente c'è poco di cui lamentarsi: le performance anche su PC non proprio recenti sono molto buone, c'è il supporto al ray tracing utilizzato qui per l'illuminazione globale, e la possibilità di utilizzare le DLSS di Nvidia, l'FSR2 di AMD e la tecnologia XeSS di Intel. Non abbiamo però avuto ancora l'opportunità di testare le versioni console che però non sembrano discostarsi molto dal gioco che abbiamo provato. Considerate poi che la fisica che gestisce distruzioni e crolli è gestita direttamente dai server, quindi il peso sui nostri hardware è relativo.
Primo posto
The Finals è uscito da poche settimane e non ha ancora sviluppato un meta gioco di cui parlare, oltre ad essere ancora in fase di calibrazione come avviene sempre in questi casi. Come saprete il gioco è free-to-play e già propone un season pass composto da elementi sbloccabili anche gratuitamente. Niente di nuovo da questo punto di vista. Ci è piaciuto molto invece trovare nella selezione delle modalità i tornei, con i quali sfidare in partite ad eliminazione diretta le altre squadre fino a raggiungere la finale e, si spera, il primo posto con conseguente pioggia di punti esperienza e valuta. E nonostante ci sia già così tanto da giocare, con The Finals siamo soltanto agli inizi del viaggio.
Conclusioni
Embark Studios debutta con uno sparatutto competitivo come non se ne vedevano da tempo. Bello graficamente, esaltante per le orecchie e irresistibile nella sfida che propone, The Finals appare però ancora un po' acerbo. Se fosse una strada, ci sarebbe insomma un bel cartello "lavori in corso". Ciò non toglie che era da anni che non provavamo simili emozioni a duellare sui server di un videogioco, ed erano anni che non vedevamo un gameplay così simile ai migliori Battlefield della nostra vita. Da provare assolutamente, a patto di essere in tre e di avere un Pc, un Xbox o una PlayStation 5.
PRO
- Qui crolla tutto e le mappe si trasformano durante la partita
- Pioggia di meteoriti, danni raddoppiati, gravità dimezzata... e chi si annoia?
CONTRO
- È necessario giocare in tre a microfoni aperti, per capirne il senso e le potenzialità
- Il successo di oggi, potrebbe essere vanificato dai cambiamenti che verranno adottati domani