Nifflas, al secolo Nicklas Nygren, non ha mai amato troppo il figurativo. I suoi mondi, a partire da quello di Within a Deep Forest, passando per quelli di Knytt, NightSky e Saira, non sono mai stati dei luoghi realistici, ma si sono sempre presentati come dei miscugli di elementi mirati a formare degli insiemi espressivi coerenti, che affascinano nel loro complesso, più che per le singole parti da cui sono composti. In questo senso Nifflas è un autore videoludico puro, rimasto sempre fedele alla sua visione e mai sceso a compromessi, sia di fronte al successo, sia di fronte al fallimento. Ynglet, l'oggetto di questa recensione, è solo l'ultima delle opere che compongono un grande portfolio, realizzata in collaborazione con l'illustratrice Sara Sandberg.
Platform a chi?
Ynglet è un platform senza piattaforme, come lo stesso Nifflas ama definirlo. Realizzato come prototipo per la game jam No More Sweden del 2013, è stato ultimato solo negli ultimi mesi. Il giocatore interpreta una medusa, chiamata appunto Ynglet, che vive in una bolla fluttuante insieme a un gruppo di amici. Purtroppo la loro casa viene colpita da una cometa di passaggio e la combriccola si ritrova sparsa in tutto il mondo. Il compito della creatura planctonica è quindi quello di ritrovare tutti e riunirsi sotto un nuovo tetto.
Il lato narrativo è tutto qui. Il gioco stesso non gli dà grossa importanza e si limita a presentarlo in una breve sequenza introduttiva, che apre poi sulla mappa hub: una specie di grossa città vista dall'alto, dalla quale si ha accesso ai vari livelli in cui sono prigionieri i compagni di Ynglet. Già la mappa hub rende bene l'idea dello stile visivo dell'intero gioco, che potremmo definire "scarabocchiato", come suggerito da Nifflas stesso e come ben visibile nei tratti a pennarello con cui sono disegnati i vari elementi. Questi ultimi appaiono come appena abbozzati, ma creano lo stesso la percezione di essere in volo sopra a una grossa città. Comunque sia, trovato un livello (cerchiato in verde) si può infine scoprire la vera natura del gameplay, in relazione anche alle passate opere di Nifflas stesso.
Gameplay
Ogni livello di Ynglet richiede di salvare uno degli amici e di trovare alcuni oggetti (dei triangoli pulsanti... chiamiamoli così). Per farlo la nostra medusa deve semplicemente riuscire a saltare tra delle figure geometriche disegnate a mano che formano il percorso, sfruttando la simulazione della fisica (non esiste un tasto salto) e usando lo scatto quando necessario. Di base il gameplay è tutto qui e per l'intero gioco si attraversano di corsa quadrati, cerchi, rettangoli e altre figure geometriche più o meno complesse; o si balza su dei trampolini o si prendono quelle che sembrano delle linee ferroviarie.
La difficoltà è data da due fattori: il primo è che Ynglet può cadere di sotto ed essere costretto a ricominciare dall'ultima figura geometrica selezionata come checkpoint; il secondo è lo scatto stesso, che diventa sempre più essenziale per superare i livelli avanzati, ma di cui si può utilizzare una sola carica alla volta, che si ripristina quando si rientra in una figura geometrica o quando si toccano trampolini e altri elementi attivi dello scenario.
Detto questo non temete, perché Ynglet è semplicissimo da giocare e immediato da capire (all'inizio della campagna c'è un tutorial, ma è breve e per nulla fastidioso) e, nonostante siano presenti vari gradi di difficoltà selezionabili, non ci si trova mai di fronte a degli ostacoli insormontabili (in alcuni passaggi è richiesta una certa creatività e un po' di allenamento, ma è tutto qui). Inoltre, presa la mano con i controlli della medusa, ci si ritrova anche a compiere delle piccole prodezze, azzeccando senza sforzi gli angoli da cui lanciarsi per raggiungere la figura geometrica successiva.
Rapporti di forme
La bellezza, quasi primordiale, di Ynglet nasce dai rapporti che si instaurano tra le forme che disegnano i livelli e che, nella loro astrattezza, creano dei ritmi visivi costanti, attraendo il giocatore in una stupefacente spirale di elementi percettivi. Al senso di meraviglia che pervade ogni passaggio, tra fiori che sbocciano in gruppi di quadrati molli che orbitano intorno a un punto di gravità vuoto, o caleidoscopiche esplosioni di colori che creano meraviglia svelando l'informe nel geometrico, contribuisce anche la colonna sonora generata da un algoritmo, che viene composta seguendo l'andamento del giocatore. Il tutto forma un quadro coerente e delicato, che ammalia dall'inizio alla fine, in cui le geometrie si trasformano in frasi e gli spazi vuoti in silenzi. L'opera di Nifflas è una di quelle che riesce a coinvolgere diversi sensi, senza risultare mai eccessiva o sgradevole, ma puntando alla compattezza poetica, decisamente encomiabile. Ci vogliono circa due ore per finirlo (compresi i quattro livelli bonus accessibili dalla schermata principale), cui va aggiunta un'altra ora almeno nel caso in cui si decida di rigiocare in modalità Nuovo Gioco Plus: durata perfetta per non trasformare il coinvolgimento estetico in noia.
Conclusioni
Ynglet è un gioco fortemente autoriale che riesce a coinvolgere con i suo stile e con le sue meccaniche semplici e immediate. È evidente che Nifflas, l'autore, non sia voluto scendere a compromessi, e abbia realizzato l'opera che voleva: compatta, affascinante e meravigliosa da guardare. Alcuni troveranno il tempo di gioco un po' breve, ma considerate che costa davvero poco e che il tempo che ci passerete insieme sarà di grande qualità.
PRO
- Stile visivo eccellente
- Non ci si stacca finché non lo si è finto (in senso positivo, fortunatamente)
- Una piccola opera d'arte
CONTRO
- Per alcuni la durata potrebbe essere troppo breve