Quasi undicimila giorni in compagnia di PlayStation. Per tanti è stata la console che li ha irrimediabilmente avvicinati al mondo dei videogiochi. Per tutti, è stata quella che ha cambiato per sempre la faccia del gaming casalingo. Trent'anni sono molti, moltissimi, abbiamo visto succedersi tecnologie, supporti fisici, pad, periferiche di ogni tipo ma soprattutto una marea di videogiochi.
Navigare attraverso le migliaia di titoli che sono stati disponibili nel corso degli anni sulle console Sony è stata un'impresa tutt'altro che semplice, ma per festeggiare questo pezzo di storia del videogioco, ci siamo dedicati anima e corpo al difficile compito. Abbiamo quindi deciso di selezionare un solo titolo per ogni anno di PlayStation, dal 1994 al 2024.
Alcuni anni sono pieni zeppi di classici e riuscire a isolarne uno solo è stato un compito ingrato. Molto dipende dai gusti personali e, a volte, persino con un criterio tanto soggettivo è difficile fare emergere un videogioco piuttosto che un altro. Vi ricordiamo che abbiamo scelto solo i titoli in esclusiva, o che sono stati esclusiva per diverso tempo prima di approdare su altre piattaforme.
1994 - Ridge Racer
Data l'uscita dicembrina della prima PlayStation, questa selezione si limita ai soli videogiochi di lancio, tra i quali sicuramente spicca Ridge Racer di Namco. Il perché è semplice: Ridge Racer mette da subito ben in chiaro una delle potenzialità più affascinanti della nuova console Sony, ovvero di avere in casa gli stessi titoli che è possibile trovare in sala giochi.
Chiaramente Ridge Racer su console non offre la stessa esperienza del cabinato: non c'è la pedaliera con il volante, gli FPS sono nettamente più bassi, e in questi anni gli schermi casalinghi non possono di certo reggere il confronto con l'enorme monitor che simula il parabrezza della vettura, ma questo videogioco anticipa una tendenza che l'anno successivo porterà a casa di milioni di videogiocatori una pietra miliare delle sale giochi.
1995 - Tekken
Tekken, il torneo del pugno di ferro, nato anch'esso come titolo da sala giochi, arriva su PlayStation a marzo del 1995, con i suoi indimenticabili personaggi e una caratteristica inedita: ogni tasto del pad di PlayStation è legato a uno degli arti dei lottatori. È una trovata che inizialmente, insieme alla grafica in tre dimensioni e alla durata dei match ben più breve di quelli di Street Fighter, spiazza non poco il pubblico.
Poi però interviene il design irresistibile e il carisma dei suoi protagonisti, inoltre la storia di vendetta familiare è assai riuscita, e getterà le basi per una narrazione che continua ancora oggi, a trent'anni di distanza. È stato il primo videogioco su PlayStation a vendere un milione di copie.
1996 - Resident Evil
Il mondo dei videogiochi horror si divide in un prima e un dopo Resident Evil. Un giovanissimo Shinji Mikami fa tesoro del suo amore per il cinema di zombie di George A. Romero e realizza il videogioco che universalmente ha sdoganato il survival horror in tutto il mondo.
E pensare che inizialmente doveva essere un titolo in prima persona che avrebbe sfruttato alcuni dei meccanismi di Sweet Home, vecchia gloria per Famicom di Tokuro Fujiwara. Quando Mikami mette gli occhi su Alone in the Dark di Frédérick Raynal cambia idea improvvisamente, scegliendo per una terza persona sottolineata dal meticoloso posizionamento di telecamere fisse. Indimenticabile l'introduzione realizzata in live action con giovanissime comparse occidentali che si trovano in Giappone e che, in alcuni casi, non sono nemmeno attori professionisti.
1997 - Final Fantasy VII
Quello che negli anni è diventato il JRPG più famoso di tutti i tempi, conta anche un altro paio di primati: è stato il primo capitolo della saga a uscire in Europa e in Australia, ed è stato il primo a uscire con il suo titolo originale anche in America. Questo perché il quinto e il sesto capitolo erano stati rititolati per ricominciare la numerazione in occidente. Ed è, senza ombra di dubbio, anche il capitolo più longevo, dal momento che tra spin-off, prequel, riedizioni e remake, per SquareEnix rappresenta quasi un brand a sé stante.
Inizialmente atteso su Super Nintendo, spostato poi su Nintendo 64 e infine su PlayStation per via dello spazio maggiore offerto dal supporto fisico della console Sony, Final Fantasy VII rappresenta il capitolo a cui hanno lavorato le più grandi star di Square di quel periodo: Yoshinori Kitase, Kazushige Nojima, Hironobu Sakaguchi, Nobuo Uematsu e Tetsuya Nomura. Il risultato è un videogioco immortale, che molti ancora oggi considerano il migliore mai creato.
1998 - Metal Gear Solid
In pratica esistono altri due capitoli della saga Metal Gear prima di questo, ma in teoria sono tre. Solo uno è già arrivato in occidente: Snake's Revenge, ovvero l'unico con cui Hideo Kojima non ha niente a che fare. È una storia editoriale stramba e, per l'uscita del nuovo capitolo sulla console PlayStation, Kojima decide di ripartire da capo con la numerazione e di apporre il suffisso "solid" per indicare il passaggio alla grafica 3D.
Nonostante i tanti ostacoli che lo sviluppo deve superare, non ultimo il terribile terremoto di Kobe che rade al suolo gli uffici di Konami dove era in lavorazione questo leggendario videogioco, alla fine Metal Gear Solid arriva sugli scaffali di tutto il mondo. È un successo planetario che non solo dà vita a una saga molto longeva che accompagnerà i videogiocatori per quasi vent'anni, ma lancia anche il nome di Hideo Kojima nel firmamento dei più grandi game designer di sempre.
1999 - Silent Hill
Il successo di Resident Evil convince Konami a mettere in mano a un giovane team di outsider il progetto di un survival horror con ambientazione americana. Keiichiro Toyama decide di ispirarsi al racconto La nebbia di Stephen King, solo che dall'America non sono disposti a vendere i diritti alla software house giapponese. Che fare?
Vengono mantenuti alcuni punti focali del racconto: il rapporto genitoriale, la provincia americana, e poi lei, la nebbia. Un elemento che viene utilizzato non solo come espediente narrativo, ma anche come strumento per coprire le magagne tecniche di PlayStation. Silent Hill è lontanissimo dalla storia adrenalinica di Resident Evil, ma inserisce tutte le ansie sociali di una generazione di giovani giapponesi in un videogioco che ha creato un filone di horror alternativi, più striscianti, più politici, più angoscianti. Silent Hill ha significato per i videogiochi un passo decisivo verso un intrattenimento più consapevole, più adulto.
2000 - Vagrant Story
Yasumi Matsuno e buona parte del team di Square che si era occupata di Final Fantasy Tactics, nel 2000 pubblica un videogioco unico nel suo genere e mai più replicato negli anni: Vagrant Story. Un GDR tattico con forti elementi di esplorazione, dove l'enfasi è posta sulla creazione e la gestione delle armi corpo a corpo.
Anche l'estetica è unica nel suo genere: un character design realistico e maturo, un nemico molto carismatico e un mondo, quello di Ivalice, che poi diventerà l'ambientazione di Final Fantasy XII. Anche se Vagrant Story è uscito nello stesso anno di Final Fantasy IX, è stato il videogioco di Matsuno a conquistare, per la prima volta per un titolo PlayStation, l'ambito punteggio perfetto della rivista Famitsu, che lo ha premiato con un 40/40, decretandolo come uno dei migliori videogiochi su PlayStation di tutti i tempi.
2001 - Grand Theft Auto III
Descrivere l'impatto di Grand Theft Auto III sul mercato dei videogiochi è difficile. L'ultimo gioco di DMA Design - prima di trasformarsi definitivamente in Rockstar North - è una vera rivoluzione per quanto riguarda gli open world, ed è destinato a cambiare per sempre il modo in cui videogiocatori e sviluppatori approcceranno i mondi virtuali. Questo inedito sfoggio di tecnica è possibile solo grazie alla potenza della nuova PlayStation 2, che finalmente rende realtà il sogno dei fratelli Houser di portare il loro Grand Theft Auto in tre dimensioni.
Le avventure criminali di Claude diventano così più di un passatempo, più di un videogioco, un vero e proprio universo virtuale dove guidare, ascoltare la radio (che offre vere stazioni, con tanto di talk show e hit musicali), oppure donarsi anima e corpo alle attività criminali. Tutto talmente coraggioso e realistico da generare una serie infinita di polemiche che travolge il videogioco... regalandogli ancora più notorietà.
2002 - Kingdom Hearts
L'idea che due colossi dell'intrattenimento, uno giapponese e uno americano, possano unire gli sforzi per dare vita a un videogioco che ne celebri i brand di maggior successo è audace. Per di più, un gioco di ruolo giapponese che segue le avventure di Pippo e Paperino può sembrare troppo anche nelle mani dell'azienda che ha sdoganato il genere in tutto il mondo. Eppure, nonostante i tanti scetticismi, quando Kingdom Hearts arriva sul mercato sbaraglia ogni dubbio.
L'esordio come director di Tetsuya Nomura, che fino a questo momento si è occupato del character design di progetti molto importanti per Square, non ultimo il leggendario Final Fantasy VII, è una sorta di festa che celebra alcuni dei mondi Disney più iconici e li popola con i personaggi provenienti dalla saga di Final Fantasy. Per una serie di fortunate coincidenze anagrafiche, riesce a intercettare una generazione di videogiocatori abbastanza grandi da essersi appassionati ai vari Final Fantasy, ma ancora sufficientemente giovani da serbare il ricordo dei loro classici Disney preferiti.
2003 - Forbidden Siren
Dopo aver creato Silent Hill, Keiichiro Toyama lascia Konami e si unisce, insieme ad altri membri del Team Silent, a Japan Studio. Qui si ripresenta una situazione che ha già vissuto: la dirigenza di Sony gli chiede di occuparsi di un nuovo videogioco horror. Toyama questa volta non guarda fino in occidente, ma decide di ambientare il suo nuovo videogioco in un Giappone rurale.
Mettendo insieme suggestioni provenienti tanto da H.P. Lovecraft, quanto dalle leggende metropolitane che ascoltavano da bambini, Toyama, Naoko Sato e Isao Takahashi danno vita a Forbidden Siren: un horror dove la placida esistenza del villaggio Hanuda è sconvolta dall'arrivo degli shibito. Il gioco fa utilizzo di un sistema avanguardistico per replicare le espressioni dei volti degli attori che prestano le fattezze ai personaggi, intensificando la sensazione di un orrore che si impossessa del quotidiano.
2004 - Grand Theft Auto: San Andreas
Un anno difficile il 2004, vista la presenza di un altro colosso come Metal Gear Solid 3: Snake Eater, ma è più giusto citare quello che nel tempo è diventato il videogioco PlayStation 2 più venduto di tutti i tempi, nonché quello che ha esteso i confini dell'open world, e risulta ancora oggi, per larghi tratti, insuperato. Ci riferiamo ovviamente a Grand Theft Auto: San Andreas.
Se GTA III era stata una rivoluzione, Grand Theft Auto: San Andreas porta quel livello di libertà interpretativa ai massimi livelli: CJ, il nostro protagonista, può allenarsi in palestra e mettere su muscoli, oppure dimagrire e ingrassare a dismisura, imparare diverse arti marziali, riempirsi di tatuaggi, cambiare taglio di capelli. Può scorrazzare in una mappa immensa che comprende ben tre città (e che è stata la più grande della serie fino all'arrivo di Grand Theft Auto V). Inoltre la produzione è diventata così grande e importante da inglobare attori del calibro di James Woods e Samuel L. Jackson. GTA è già un fenomeno globale, ma dopo San Andreas, le milioni di copie vendute, e lo scandalo relativo ai contenuti sessuali di Hot Coffee, entra a far parte a pieno titolo della cultura popolare.
2005 - Shadow of the Colossus
Fumito Ueda era già diventato un game designer di culto con il suo primo videogioco, ICO, del 2001, ma è con Shadow of the Colossus che esplode presso il grande pubblico. Siamo davanti a uno di quei rarissimi casi di opere che diventano classici già alla loro prima apparizione. Non è una magia che riesce spesso, ma in Shadow of the Colossus scorre una forza narrativa, immaginifica e drammatica unica.
La mitologia dei giochi di Ueda è incerta, e Shadow of the Colossus si infila nell'universo di ICO in un modo inaspettato. È una storia di perdita e di rinascita dalle tinte morali fosche, che mette il giocatore nei panni di Wanda, un ragazzo disposto a tutto pur di avere il potere di riportare in vita la sua amata. All'insegna del minimalismo, Ueda lavora sempre seguendo il suo mantra del game design sottrattivo, per realizzare un'esperienza concisa e dritta al punto. Così diretta da imprimersi con forza nella mente di tutti i videogiocatori, e diventare in pochissimo tempo uno dei videogiochi più influenti di tutti i tempi.
2006 - Ōkami
Ōkami è il perfetto esempio di un videogioco acclamato dalla critica, ma incapace, al momento della sua uscita, di conquistare il grande pubblico. Solo con il tempo è stato rivalutato, guadagnandosi lo status di cult e venendo riconosciuto come uno dei titoli più straordinari della sua epoca. Tuttavia, il mancato successo commerciale iniziale contribuisce alla chiusura di Clover Studio.
Diretto da Hideki Kamiya, futuro fondatore di PlatinumGames e già al timone di Resident Evil 2 e Devil May Cry, Ōkami narra le avventure di Amaterasu, dea del sole nella mitologia shintoista. Il suo stile grafico unico si ispira all'arte tradizionale giapponese del sumi-e e agli intagli dello ukiyo-e. Questo background artistico ha contribuito all'introduzione del Pennello Celestiale, una meccanica che consente ai giocatori di partecipare attivamente alla creazione del mondo di gioco.
2007 - Uncharted: Drake's Fortune
Sarà pure un videogioco breve, derivativo, pieno di difetti, ma Uncharted: Drake's Fortune è l'inizio di un processo che cambierà per sempre faccia a Naughty Dog e a PlayStation. A partire dal suo personaggio principale, Nathan Drake, presunto erede dell'esploratore Sir Francis Drake, erede spirituale di due pesi massimi della cultura popolare: Lara Croft e il professor Harry "Indiana" Jones.
Impossibile infatti non individuare subito queste due grandi ispirazioni nel videogioco del 2007: da una parte la passione per l'archeologia, le tombe, l'esplorazione e un'azione sempre incalzante, dall'altra un personaggio istrionico, che non manca di sottolineare con ironia anche i passaggi più pericolosi dell'avventura. Nathan non sarà Indiana, ma lo ricorda moltissimo, tanto da diventare in breve tempo una delle mascotte di PlayStation.
2008 - Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots
Quasi dieci anni dopo l'arrivo di Solid Snake in occidente, Hideo Kojima decide di chiudere, una volta per tutte, le avventure del suo fortunatissimo personaggio. Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots rappresenta la chiusura del cerchio, il punto d'arrivo, dolente, malinconico, definitivo delle avventure di Snake. In fin dei conti, secondo le intenzioni di Kojima, questo è l'ultimo capitolo che dirigerà. Lo aveva già annunciato in precedenza, sia in occasione dell'uscita del secondo che del terzo capitolo, ma l'insistenza dei fan lo ha spinto a partecipare anche a Guns of the Patriots.
Nonostante l'evidente continuità con i capitoli precedenti, questo quarto capitolo parte da un claim che la dice lunga sulle differenze d'approccio che interessano il giocatore: no place to hide. Già dai primi momenti, infatti, i campi di battaglia sono più ampi e nascondersi nella guerriglia risulta assai più complesso. Un'altra caratteristica che balza subito all'occhio di pubblico e critica è la durata estrema delle scene di intermezzo. Quella finale detiene ancora il record di filmato più lungo di sempre in un videogioco: 71 minuti ininterrotti.
2009 - Demon’s Souls
Com'è assurdo il destino di Demon's Souls, da brutto anatroccolo a splendido cigno. Appena uscito, perfino Shuhei Yoshida, presidente di Sony Interactive Entertainment, lo etichetta come "un videogioco incredibilmente brutto". È difficile, inaccessibile, imperscrutabile. E FromSoftware lo ha considerato da subito un fallimento. Per questo motivo lo ha dato in mano a un ragazzo senza troppa esperienza che ha insistito per prendersi l'onere di portarlo a termine. Si chiama Hidetaka Miyazaki.
Inizialmente uscito solo sul mercato orientale, Demon's Souls è poi diventato un vero e proprio cult e ha dato il via a un fortunato filone di videogiochi che prendono da qui la loro denominazione: soulslike. Non è solo la sua grande difficoltà ad aver affascinato il pubblico, e nemmeno quella sua narrazione oscura, o lo stile da dark fantasy che cita simultaneamente Kentaro Miura e Frank Frazetta, ma una magia che passa attraverso la scoperta, la capacità di sfidare e meravigliare il videogiocatore, continuamente. Il resto è storia.
2010 - Heavy Rain
La lavorazione di Heavy Rain somiglia quasi più a quella di un film piuttosto che di un videogioco: migliaia di pagine di copione, centinaia di ore di riprese e un budget da oltre 40 milioni di euro. Il risultato, in effetti, ha molto a che spartire con il cinema, sia per l'estetica che per quanto riguarda la filosofia stessa del videogioco.
David Cage vuole infatti proporre un'esperienza che vada al di là della frustrazione del game over. Così decide di rendere possibile continuare a giocare anche dopo la morte dei personaggi chiave, creando delle vere e proprie storie alternative. Inoltre la sceneggiatura è molto cruda, e tocca temi inusuali, degni dei film a cui si rifà come Se7en e Saw - l'Enigmista. Basti pensare che il gioco viene proposto per prima a Microsoft che rifiuta di produrlo perché la tematica del rapimento di minori è, a detta loro, impraticabile. Invece Heavy Rain conosce un grande successo di critica e di pubblico, e lancia definitivamente la carriera di David Cage.
2011 - InFAMOUS 2
Il 2011 è l'anno dei sequel su PlayStation 3. Nel giro di dodici mesi arrivano i seguiti dei grandi videogiochi di successo come Resistance 3, MotorStorm: Apocalypse, Killzone 3 e InFAMOUS 2. Abbiamo scelto quest'ultimo, sia perché le avventure di Cole ci sono piaciute, sia per rendere omaggio a Sucker Punch, che poi realizzerà Ghost of Tsushima, videogioco che abbiamo amato particolarmente, ma che non troverà spazio in questa classifica, dal momento che il 2020 è un'annata proprio difficile da conquistare.
Ambientato a New Marais, una riproposizione in salsa virtuale di New Orleans, InFAMOUS 2 migliora in tutto e per tutto il primo capitolo, offrendo scelte morali complesse che si ripercuotono sui poteri sbloccabili dal protagonista, e una modalità aggiuntiva che permette di creare delle missioni personalizzate. È un enorme parco giochi a tema supereroistico.
2012 - Journey
Dopo aver stupito il pubblico con flOw e Flower, ThatGameCompany e Jenova Chen tornano a incantare i videogiocatori con il loro progetto più famoso e riuscito: Journey. Una creatura affascinante, quasi imperscrutabile, dal momento che non c'è una singola linea di testo in tutto il videogioco: le avventure di queste misteriose figure imbacuccate ci vengono raccontate per immagini.
A metà tra un'esperienza avant-garde e un videogioco, il viaggio dell'eroe del nostro protagonista attraversa scenari meravigliosi ispirati alle atmosfere esotiche delle Mille e una Notte. Un'atmosfera sospesa che sembra quasi una favola, sottolineata dalle splendide musiche di Austin Wintory. Journey è una piccola, grande rivelazione in un mercato perlopiù abitato da grandi produzioni dal look tetro e dalle tematiche violente. Un videogioco dove cooperare per tendere alla bellezza assoluta.
2013 - The Last of Us
Serve ancora Naughty Dog per regalare a PlayStation 3 un'altra icona videoludica che diventerà l'esempio più fulgido delle esclusive Sony. Eppure, anche in questo caso, l'inizio della storia è bello tormentato: la leggenda ci dice che Neil Druckmann ha l'idea per una storia di zombi mentre guarda un documentario BBC che parla di funghi cordyceps. Per anni, però, non riesce a concretizzare questa suggestione in alcun modo.
Ci ripensa tempo dopo, quando sta buttando giù l'idea di un videogioco sulla falsariga di Sin City, in cui un vecchio poliziotto deve badare a una bambina. Decide di metterci dentro un po' di George Romero e un tocco deciso di Cormac McCarthy, ispirandosi a La Strada e a Non è un paese per vecchi. Il risultato è dolente, malinconico, con due protagonisti respingenti eppure irresistibili. Lontanissimo dagli standard di Naughty Dog fino a questo momento e destinato a fare la storia dei videogiochi moderni.
2014 - P.T.
Un anno non particolarmente brillante in termini di uscite ci dà la possibilità di inserire il più grande rimpianto videoludico degli ultimi anni. P.T., ovvero il Silent Hill(s) che non c'è mai stato, diretto da Hideo Kojima e con un parterre di super star del calibro di Norman Reedus, Guillermo Del Toro e Junji Ito. Di questo incredibile progetto ci resta solo una demo, o un playable teaser. E anzi, nemmeno quella dal momento che è stata eliminata dagli store digitali.
Il Playable Teaser monopolizza un'edizione non certo indimenticabile della Gamescom. Un enorme e infinito loop, che viola lo spazio domestico proponendo un enigma alla cui fine c'è una soluzione inaspettata: il ritorno di una serie mitica, finalmente nelle mani di un director giapponese. Forse il più famoso e amato al mondo. Peccato che sia destinato a restare solo un sogno. O forse un incubo.
2015 - Bloodborne
H.P. Lovecraft è sempre stato un riferimento per la saga di Hidetaka Miyazaki: i suoi orrori cosmici, quasi insostenibili agli occhi degli esseri umani che sono costretti ad affrontarli, la mitologia complessa, inspiegabile. Perché allora non prendere tutti questi chiari riferimenti e realizzare un action che omaggi il gotico americano dell'autore di Providence e quello europeo di Edgar Allan Poe, Bram Stoker e Mary Shelley?
Il risultato è Bloodborne: una creatura feroce, indomabile, assetata di sangue. In grado di ribaltare molti dei dogmi che i giocatori ormai cominciano a decodificare nella saga di Dark Souls, di sparigliare le carte in tavola e di offrire un'esperienza che sia allo stesso tempo lontana e vicina a quelle a cui FromSoftware ci ha abituati. Con le sue atmosfere horror e la capacità di inserire meccaniche originali come quella dell'intuizione, Bloodborne è un capolavoro senza tempo.
2016 - Persona 5
Sul finire dell'anno arriva in Giappone un JRPG destinato a cambiare per sempre faccia del genere e a rilanciare presso il grande pubblico la saga di ATLUS: Persona 5. In occidente arriverà solo nel corso dell'anno successivo, dopo l'enorme successo in patria. Persona 5 è la storia di un gruppo di studenti giapponesi che si battono per smascherare le ingiustizie di un sistema sociale corrotto e fin troppo rigido.
Persona 5 è più di un gioco di ruolo, è un vero e proprio manifesto politico. I suoi personaggi sono così brillanti che ATLUS non si è lasciata sfuggire l'occasione per trasformare questo capitolo in un brand a sé, realizzando una serie infinita di spinoff, manga, anime e prodotti di ogni foggia. Mescolando meccaniche tipiche del genere con un sistema life sim che replica la routine di uno studente giapponese, la sacra triade -Hashino, Soejima e Meguro- realizza quello che in breve diventa il titolo più conosciuto di tutta la serie dei Megaten.
2017 - Yakuza 0
Consentiteci di "giocare sporco" a fin di bene, perché questo titolo è uscito nel 2015 in Giappone ed è arrivato da noi solo due anni più tardi. Ma è stato centrale per la trasformazione di una delle saghe più belle e importanti del videogioco moderno. Fino a questo momento, infatti, la serie Yakuza è stata un buon successo in Giappone e un videogioco amato da una nicchia ben specifica di ammiratori in occidente. Yakuza 0, un prequel che include le origini del carismatico protagonista Kazuma Kiryu e del mitico Majima Goro, segna l'inizio di un percorso di crescita ancora in atto.
Sarà che dopo 5 capitoli che hanno attraversato ben 3 generazioni di console, per i nuovi videogiocatori era difficile, se non impossibile, saltare a bordo con cognizione di causa. O forse il grande merito è stata la capacità di intercettare il ritorno di un certo apprezzamento per le opere giapponesi, fatto sta che quando Yakuza 0 arriva in America e in Europa finisce per vendere ben oltre le aspettative, trasformando la saga in un fenomeno mondiale.
2018 - God of War
Come si reinventa una delle icone di maggior successo nella storia del brand PlayStation? È una domanda che a Santa Monica Studios devono essersi fatti quando hanno deciso di prendere il loro God of War e di trasformarlo in un titolo completamente diverso nei toni, nei tempi e persino nel gameplay. Una scommessa che però ha sottolineato ancora una volta il loro grande talento.
Laddove i vecchi God of War erano esagerati, iperviolenti, epocali, il nuovo capitolo lavora per sottrazione, raccontando la storia di un padre e figlio che devono intraprendere un viaggio per onorare le ultime volontà della madre del ragazzo: spargere le ceneri sulla cima della montagna più alta dei nove regni. Un racconto quasi intimista, che fa a cazzotti con la truce storia di vendetta cosmica che animava il cuore di Kratos. Anche il tono della narrazione si abbassa. Sembra quasi di vivere in un altro universo. Fatto salvo per una scena, nella seconda parte, che cita i grandi western cinematografici e che ci suggerisce che Kratos, in fin dei conti, non è mai cambiato.
2019 - Death Stranding
Quando Hideo Kojima presenta il suo nuovo videogioco, dopo una ventina d'anni di Metal Gear Solid e dopo la beffa del nuovo Silent Hill, nessuno riesce a credere ai propri occhi. Death Stranding è un titolo in cui si interpreta un corriere che deve consegnare pacchi spostandosi lungo degli Stati Uniti ormai in rovina. Le persone comuni hanno deciso di non uscire più dalle loro case per non incorrere negli orrori dell'esterno. Nel 2019 non sappiamo ancora che, dopo qualche mese appena, ci ritroveremo in una situazione molto simile con la pandemia di Covid-19.
Tralasciando le inquietanti capacità premonitrici di Hideo Kojima, Death Stranding riesce a coniugare un immaginario originale e visionario con un gameplay irresistibile. E ovviamente la solita devozione per il cinema, che si esprime attraverso il recupero delle collaborazioni che aveva ottenuto per Silent Hills. Il risultato è un videogioco a sé, che non ha precedenti, che mescola in maniera incredibile suggestioni provenienti dall'action, dall'horror e dalla simulazione, costruendo un mondo e dei personaggi profondamente umani. Da studiare, ancora e ancora, per le sue innumerevoli intuizioni.
2020 - The Last of Us Parte II
Per capire perché The Last of Us Parte II è così importante, basterebbe assistere al colpo di scena che prende luogo ad appena un'ora circa dall'inizio del videogioco. D'altronde, che le cose non potessero andar troppo bene, si era capito dallo splendido finale del primo capitolo, totalmente anticlimatico, in controtendenza con la narrazione dell'eroe che agisce altruisticamente. Tutto il futuro di Joel ed Ellie è costruito su una bugia e, in quanto tale, estremamente fragile.
The Last of Us Parte II è un videogioco vertiginoso, che utilizza tutti i meccanismi narrativi della grande fiction per cambiare continuamente punto di vista al videogiocatore, per mostrargli retroscena, schieramenti e non detti che giocano con i suoi sentimenti, fino a rendere impossibile riuscire a scindere il bene dal male. Allo stesso tempo, però, rappresenta una discesa nelle tenebre senza possibilità di redenzione, sposando pienamente gli abissi morali e la crudezza della scrittura dei grandi romanzi americani.
2021 - Ratchet & Clank: Rift Apart
Come il primo anno di ogni nuova console, quello di PlayStation 5 è caratterizzato da un certo fermento a proposito dei titoli in sviluppo, ma da una proposta non certo eccezionale per le nuove uscite. Anche per questo motivo abbiamo deciso di lasciare spazio all'ultimo capitolo di una saga che nel tempo si è irrimediabilmente legata al marchio PlayStation, quella di Ratchet & Clank.
Arrivata al nono capitolo, Ratchet & Clank: Rift Apart rappresenta anche un campo di prova notevole per PlayStation 5 e per tutte le feature che hanno fatto parte della campagna di marketing, una su tutte l'utilizzo dell'SSD per azzerare i tempi di caricamento tra una zona e l'altra. Una delle caratteristiche principali del videogioco è infatti la presenza di portali che catapultano il videogiocatore tra le diverse aree in modo istantaneo, senza indugiare in schermate di attesa.
2022 - Gran Turismo 7
Permetteteci di sfruttare un altro anno senza grandi uscite PlayStation per inserire in questa lunga lista una serie che ha fatto la storia del marchio. Gran Turismo 7 non sarà di certo il più innovativo o riuscito degli episodi, ma rappresenta in un certo senso un punto di arrivo per la visione di Kazunori Yamauchi, lo storico creatore del videogioco.
Il ritorno di tante caratteristiche che erano state discusse, o perfino eliminate nei capitoli precedenti, come la modalità campagna per il giocatore singolo, o il meteo dinamico, rappresentano in un certo senso la volontà del team di unire in questo titolo i migliori aspetti dei prequel. Praticamente un Gran Turismo definitivo, anche se, poco dopo l'uscita, viene criticato profondamente per la presenza delle microtransazioni e per la quantità di grinding necessario per acquistare alcune delle vetture più iconiche.
2023 - Marvel's Spider-Man 2
Per battere il record di Marvel's Spider-Man del 2018, ovvero quello di essere il videogioco PlayStation 4 più venduto di tutti i tempi, serviva un altro ragno. Anzi, due. Era scritto nelle stelle che il sequel avrebbe fatto faville, ma è sempre impressionante vedere 2,5 milioni di copie vendute nel solo giorno d'uscita. È bastato così poco tempo per trasformare Marvel's Spider-Man 2 nel million seller più veloce della storia PlayStation.
Marvel's Spider-Man 2 rappresenta il meglio che questa serie ha da offrire: due protagonisti, Peter Parker e Miles Morales, una storia coinvolgente ed emozionante e un futuro tutto da scrivere. Ha saputo dosare tutti i suoi ingredienti, offrendo ai numerosi fan il videogioco di Spider-Man perfetto. E ora se ne resta lì, appeso alla ragnatela, in attesa di infrangere il prossimo record.
2024 - Astro Bot
È bello avere Astro Bot come punto di arrivo perché racchiude quasi tutti i videogiochi che abbiamo appena citato. Astro Bot è una festa a tema PlayStation, ed è capace di guardare contemporaneamente al passato e al futuro del brand, sfruttando icone vecchie e nuove in un turbinio di idee e trovate realizzate con passione e coraggio dal Team Asobi.
C'è anche un altro aspetto per cui ci fa piacere che sia Astro Bot a chiudere questo cerchio. il Team Asobi è ciò che resta del rimpianto Japan Studio, che ha dato vita a moltissimi dei capolavori che avete trovato in questa lunga lista. Japan Studio è stato il primo studio interno Sony, nato nel 1994, praticamente insieme alla PlayStation (ve ne abbiamo parlato in uno speciale). È bello festeggiare questi 30 anni con un videogioco che, almeno concettualmente, è stato realizzato da chi c'è sempre stato.