I videogiochi sono oggigiorno uno dei tanti media che cercano di raccontare storie, con interi generi che si focalizzano quasi totalmente sulla narrazione, anche a costo di dover sacrificare qualche altro elemento.
Un tempo, però, non era così e l'industria pensava che i videogiochi non avessero bisogno di vere storie. Poi arrivo Hideo Kojima.
Le parole di Kojima
In un recente episodio del podcast After 6 Junction 2 di TBS Radio, che trovate qui sotto, Kojima ha raccontato la sua esperienza di giovane sviluppatore. All'epoca, si è trovato costretto a lottare contro alcuni sviluppatori che non volevano investire del tempo per sviluppare storie per un videogioco.
Kojima afferma: "Erano in 2D con pixel grandi e ci si poteva muovere solo da un lato all'altro, ma ho visto il loro potenziale. Mi sono opposto all'opposizione di tutti... Non c'era arte. Non c'era nemmeno una vera storia. Quindi volevamo essere noi a dargli una storia"
Kojima non è stato il primo sviluppatore ad aggiungere storie ai giochi, ovviamente, ma è sicuramente un pioniere dell'esplorazione di temi e problemi del mondo reale nei giochi. In ogni caso, sembra che molti dei suoi primi giorni presso Konami siano stati spesi per convincere le persone che una storia è necessaria per un buon videogioco. "Ci stavamo provando, perché all'epoca non c'era la necessità, ma era difficile farlo diventare realtà, perché tutti erano contrari. Mi dicevano: 'I giochi non hanno bisogno di storie, Kojima'".
Fortunatamente, Kojima ha continuato a persistere, dicendo che spesso visitava la biblioteca durante le ore di lavoro "per fare ricerche su cose come le ambientazioni della trama", affrontando ancora una volta la resistenza dei colleghi che ritenevano che le storie non fossero importanti nei giochi. Svela di aver letto circa 300 libri per lavorare al meglio sulla storia di un singolo gioco.
Ha anche detto che rischiò di abbandonare Konami all'inizio della sua carriera.