Rotta verso la crisi
Acque agitate sul fronte videoludico per gli appassionati di Star Trek: è notizia di questi giorni la volontà di Activision, publisher che detiene i diritti per lo sfruttamento del marchio di Star Trek in ambito videogiochistico, di rescindere il contratto con Viacom, gruppo proprietario della Paramount, produttrice del telefilm. Negli ultimi anni l’astro della serie sembra essersi appannato, e il marchio divenuto molto meno appetibile dal grande pubblico, rendendo ingiustificato l’esborso economico da parte di Activision per poter sfruttarne l’immagine: da qui l’intezione del publisher di rinegoziare il contratto o addirittura di rescinderlo e non produrre più videogiochi ispirati a Star Trek.
Peggio ancora in casa Ritual: lo sviluppo e il supporto di Elite Force II sembra in dubbio –ormai ci siamo tristemente abituati al fatto che un gioco quando esce sul mercato non è completato al cento per cento –rendendo incerte le uscite per le prossime patch, mappe o pacchetti aggiuntivi. Elite Force è un brand di sicuro successo, il primo episodio aveva venduto molto bene: è logico quindi che Ritual puntasse a questo sequel per rimpinguare le proprie casse e potersi dedicare agli altri progetti a cui sta lavorando con migliore agio: sono già due i team di Ritual al lavoro su titoli AAA (di alto livello), tra cui Counter Strike: Condition Zero, era quindi improbabile che riuscisse a finanziare anche un terzo team: motivo per cui quello di Elite Force è stato dimesso, in parte inglobato negli altri in parte mandato a casa. Cosa che rende il futuro supporto di Elite Force II, nonostante le smentite di Ritual, se non incerto quantomeno poco roseo.
Mamma ho perso la Voyager!
Forse non ci si fa caso subito ma dal titolo è sparito il riferimento alla Voyager e all’omonima serie televisiva. Per capire il perché di questa mancanza bisogna immergersi nella storia messa in piedi dagli sceneggiatori.
Il gioco prende l’avvio da quella che praticamente è l’ultima puntata dell’ultima serie ST Voyager: ci ritroviamo così con l’astronave sperduta nel quadrante delta catturata da una sfera borg. Anche questa volta sarà Alex Munro, comandante dell’Hazard Team, a dover risolvere il problema, e lo farà a modo suo: più con phaser e cannonate che con oratoria e diplomazia. Teletrasportato nella sfera borg insieme alla sua squadra d’assalto (ritroveremo ovviamente Tesla e un Chell sempre più blu) riuscirà nel corso della prima missione –che fa un po’ da prologo alla storia vera e propria –a disattivare il campo di forza e liberare la Voyager che potrà così tornare a casa dopo sette lunghi anni.
Elite Force II segue le gesta dei nostri personaggi dopo il pensionamento, o meglio dopo la fine della serie Voyager: l’Hazard Team verrà giudicato troppo poco ortodosso ai metodi e agli standard della Federazione e perciò sciolto: Alex e Tesla –che scopriamo aver intrecciato una relazione –sono costretti a dividersi. Il nostro Munro sarà allora spedito nella proverbiale stazione stellare dimenticata da tutti ad addestrare pivelli Klingon: passano due anni e sembra che la carriera di Munro sia tutta destinata ad esaurirsi tra ponti olografici e aule di studio finché il destino non ci mette lo zampino e ad un certo capitano Jean-Luc Picard non capita di passare da quelle parti. Picard, notando le qualità di Munro, capisce che è proprio l’uomo che gli serve sull’Enterprise: detto fatto l’Hazard team viene ricomposto con tanto di Tuvok nuovamente a fare da “cervello” e pianificare le missioni.
A bordo della più celebre astronave della flotta verremo subito chiamati all’azione: Picard ha ricevuto un s.o.s. dalla Uss Dallas, alla deriva priva di equipaggio dopo l’attacco di una strana e sconosciuta forma di vita aliena, e incarica Munro e i suoi uomini di salire a bordo del relitto per indagare…
Evitiamo di rovinare le sorprese che la trama saprà riservare al giocatore nello svolgimento della vicenda e andiamo ad analizzare il titolo della Activision un po’ più da vicino. Al pari del primo episodio sarà sempre il motore di Quake III a far muovere il mondo virtuale approntato dai designer. Motore opportunamente modificato per adeguarlo al panorama videoludico attuale, ovviamente: grazie a Uber, il sistema sviluppato da Ritual per migliorare le animazioni e la fisica del mondo. Il risultato è una grafica molto piacevole, adeguata ai tempi anche se non eclatante: in grado di girare su computer non recentissimi senza scatti o esitazioni. Il dettaglio è molto buono così come le texture, soprattutto quelle dei personaggi, un po’ più stereotipate quelle d’ambiente. I livelli sono ben congegnati ma raramente riescono a impressionare per complessità o varietà risultando in genere molto lineari e a volte addirittura noiosi –soprattutto quando verranno imposti al giocatore compiti ripetitivi. Discorso simile per il sonoro: ottimi gli effetti sonori, uno dei migliori ambienti 3d sentiti in un gioco, ma musiche che, pur riecheggiando i tipici temi à la Star Trek, risultano un po’ anonime.
Chi si risente!
Come in ogni gioco di Star Trek che si rispetti non potevano mancare le facce note: o meglio le voci note, dato che per i volti ci pensa il motore grafico! Sia Picard che Tuvok potranno godere delle loro voci, interpretati come al solito da Patrick Stewart e Tim Russ. I trekkies più accaniti potranno riconoscere anche molte altre voci proveniente dall’universo del XXIVesimo secolo: Dwight Schultz, Jeffrey Combs, Tony Todd, J.G. Hertzler, Robert O’Reilly, Martha Hackett.
Impostare i phaser per uccidere!
Passando al gameplay iniziano anche le note dolenti: dispiace ammetterlo ma la magia non si è ripetuta. L’alchemico equilibrio del primo episodio è andato perso: le sequenze filmate –realizzate con l’engine del gioco –sono meno cinematografiche, meno evocative e meno integrate col resto del gioco: s’è persa quella sensazione d’essere all’interno di un telefilm interattivo optando per un’impostazione più classica, conforme ai canoni videoludici dello sparatutto in prima persona più classico. La meccanica sarà sempre la stessa ripetuta lungo tutte le missioni del gioco: briefing a bordo dell’enterprise, missione, sequenza filmata, ritorno a bordo e così via. Uno schema narrativo più prevedibile, insomma, per il media videoludico, ma di certo meno coinvolgente e innovativo.
Le sequenze di gioco vere e proprie sono spinte decisamente verso l’azione, relegando l’uso della materia grigia a semplici comparsate assolutamente infunzionali: livelli lineari, votati all’azione pura, vieppiù zavorrati da una tendenza alla ripetitività preoccupante (alla quarta sequenza consecutiva e a breve distanza di “porta chiusa, scendere corridoio, attivare interruttore” abbiamo invocato un black out che spegnesse il computer!).
In poche parole: un game design di rara piattezza, senza il minimo guizzo di genialità, o quanto meno d’inventiva che permetta ad Elite Force II di smarcarsi dalla massa, dal canone, dalle regole non scritte ma troppo fedelmente seguite del buon FPS. Come quelle ragazze belle, moderatamente simpatiche, ma tanto piatte e prevedibili da farvi preferire qualcuna meno graziosa ma più interessante, vivace, “vitale”.
Le numerose armi risultano incapaci di innovare i clichè del genere, limitandosi ad accumulare variazioni su un tema già sentito: lo stesso tricoder, l’unica vera novità del gioco, viene utilizzato poco e male, risultando alla fine un inutile accessorio: l’unica capacità richiesta è quella del grilletto facile e veloce. Sempre col tricoder saremo costretti a risolvere alcuni semplici puzzle: peccato che quest’ultimi siano estemporanei e totalmente slegati dal resto del gioco.
Nota positiva, infine, dal multiplayer, solido e ben implementato (e ci mancherebbe, venendo dagli sviluppatori di Counter Strike: Condition Zero), a cui dedicheremo uno speciale a parte.
Primo contatto
È da qualche settimana (Luglio 2003) anche sugli schermi televisivi italici (su quelli de La7, per la precisione) la nuova serie di Star Trek, intitolata Enterprise, che raccoglie il gravoso testimone di Voyager (una delle serie più riuscite e amate dai tempi della Next Generation). Nonostante la presenza di Scott Bakula (Quantum Leap) come protagonista (interpreta Jonathan Archer, primo capitano della prima Enterprise) la serie si è rivelata un flop tremendo, criticata da pubblico, fans e critica. Eppure l’idea di fondo poteva essere stimolante: seguire le avventure della prima Enterprise, quando gli umani muovevano i primi passi nell’universo e facevano i primi timidi incontri con tutte quelle razze che ben conosciamo: Vulcaniani, Klingon e così via. Le critiche sono fondate? Non vi resta che controllare in prima persona.
Commento
È difficile stroncare Elite Force II su tutta la linea. Si tratta di un titolo degno d’attenzione, ben fatto, ottimamente curato in tutti i suoi aspetti: non c’è elemento di Elite Force che meriti una critica furiosa, anzi sono molti di più gli aspetti positivi. Non il gameplay però: l’esperienza ludica è quasi frustrante nella sua piattezza. Totalmente privo non solo di originalità o innovazioni che gli permettano di uscire dai più prevedibili binari del genere ma anche solo di un minimo guizzo che renda il gioco memorabile, assuefante, adrenalinico o quanto meno divertente.
Un prodotto professionale: ben fatto ma senz’anima, senza cuore, senza viscere che possa coinvolgere il giocatore, immergere il soggetto in un universo parallelo da cui non si vuole uscire.
Consigliato ai fan di Star Trek –ma solo se riescono a passare sopra un game design piatto e poco ispirato–e a chi non ha mai preso in mano un FPS: quest’ultimi troveranno un prodotto canonico, una sorta di summa di quanto il genere ha detto fin’ora, mediocre se l’aggettivo non suonasse stroncante: se invece si cerca qualcosa che dalla media sappia svettare e uscirne è meglio rivolgersi altrove.
- Pro:
- Buona grafica, anche su computer poco potenti
- Ottimi effetti sonori
- Multiplayer
- Contro:
- Poco ispirato
- Prevedibile
- Poco gratificante
Tre anni dopo Star Trek Voyager: Elite Force Activision ci convoca nuovamente sul ponte di comando per imbracciare phaser e tricoder e immergerci in universo popolato da alieni con le orecchie a punta, piloti d’astronave ciechi e capitani di vascello in pigiama. Concedeteci questa punta d’innocua ironia: ormai Star Trek è un autentico monumento della cultura pop, un fenomeno inamovibile dall’immaginario collettivo e a cui sono stati dedicati innumerevoli saggi e studi.
L’universo trekkiano pare non conoscere pause nella sua continua espansione: nonostante le recenti crisi d’ascolto della nuova serie Enterprise, il risultato deludente dell’ultimo film, e anche qualche polemica nel versante videoludico, i fan della serie fantascientifica più famosa del mondo (Star Wars permettendo) non hanno di che lamentarsi: il mercato non smette di sfornare sempre nuovi “oggetti del desiderio” che soddisfino la loro fame di Star Trek.
Come questo Elite Force II: seguito di quello che tuttora viene considerato il miglior gioco ispirato a ST il nuovo FPS della Activision deve inevitabilmente confrontarsi con il suo predecessore.
Il prequel, plasmato da quei geniacci dei Raven, fu uno dei primi titoli a utilizzare l’allora avveniristico motore di Quake III: e lo fece egregiamente sapendoci costruire attorno una storia coinvolgente e stupendamente narrata. La perfetta miscela d’azione, enigmi e intermezzi filmati rendevano il titolo Raven molto simile ad un vero episodio del telefilm col valore aggiunto di un’esperienza ludica estremamente coinvolgente (priva di guizzi particolari ma dal gameplay solido e perfettamente congegnato): tutto ciò ha fatto di Elite Force una pietra miliare della storia degli sfruttamenti cinematografici.
Non è quindi leggera la responsabilità ereditata dalla Ritual con questo secondo episodio: spetta, infatti, agli autori di Heavy Metal F.a.k.k. 2, Sin e Blair Which Project 3 il difficile compito di bissare il successo di Elite Force. Ma a quanto pare in casa Ritual nessuno soffre di complessi di inferiorità e le differenze dalla prima puntata si notano subito, a partire dal titolo…