Keiji Inafune l'aveva detto tre anni fa prima al Tokyo Game Show all'evento di Dead Rising, poi all'E3 di Los Angeles. Noi c'eravamo in entrambe le occasioni, e più di una volta è stato punto di discussione del nostro podcast.
Stiamo parlando della crisi del mercato videoludico giapponese in termini di sviluppo, vendite e idee, che ha portato ad una decisa virata del mercato verso gli sviluppatori occidentali, in grado di fare numeri da capogiro e rappresentare il nuovo standard di eccellenza e riferimento per tutti i videogiocatori. Il noto producer e creatore di saghe videoludiche memorabili ha voluto essere presente alla GDC 2012 di San Francisco per tenere una conferenza proprio su questo argomento e sull'attuale situazione dello sviluppo nel Sol Levante, con a supporto una quantità di slide molto esplicative del proprio pensiero.
Non ci è andato leggero, non in termini di linguaggio sempre composto, ma come concetti veri e propri, spesso duri e non viziati da logiche di marketing e comunicazione. Così duri da scusarsi con i giornalisti/programmatori giapponesi presenti, perché sappiamo fin troppo bene come questa cultura sia attenta e rispettosa dei modi di comportamento, forse in maniera perfino eccessiva, e poco incline a fare/ricevere critiche così dirette.
Nostalgia canaglia
Ad ogni modo secondo Inafune l'industria videoludica giapponese sta annaspando perché non ha una visione "aperta" e non sviluppa titoli avendo in mente un pubblico globale ed è caratterizzata da una chiusura mentale molto pericolosa. Le manca il concetto di voler raggiungere la vittoria, il lottare per un obiettivo e non ha l'umiltà di accettare di essere stata "sconfitta" e sorpassata, fattori che rappresentano l'unica maniera per ricominciare da capo e tornare ai fasti di un tempo.
Addirittura con una slide Mr. Inafune ha definito il modo di sviluppare i giochi "A blast from the past", un ricordo (bello) del passato, come una corvette d'annata non più in produzione, un disco dei Beatles che non vedrà più la luce con tutti e quattro i Fab Four, un ricordo nostalgico del passato che però non è più in linea col presente e col futuro. I remake in HD di titoli storici ma oramai datati ne è chiaro esempio. Come in tanti accadimenti della vita è molto più facile imboccare la strada più facile invece di rischiare, ma sedersi sugli allori è un male che porta più danni che benefici, non è nemmeno eccitante. Lo stesso Inafune ha sperimentato questa cosa con Mega Man Legends su PlayStation, un vero flop che però gli è servito da lezione per il proseguo, lezione che ha condiviso con tutti i presenti nella seconda parte della conferenza. Non è stato un caso infatti che si sia messo a lavoro come producer su Resident Evil 2, poi Onimusha su PlayStation 2, Monster Hunter su PSP e Lost Planet/Dead Rising su Xbox 360. Nuove idee e nuovi brand che accompagnano nuove generazioni di console, un senso di freschezza necessario per evitare di essere fagocitati dal passato e dalle idee di chi è venuto prima degli sviluppatori attuali. Far affermare un brand è cosa buona e giusta, spolparlo fine all'ultimo è invece distruttivo e non dovrebbe mai essere fatto.
Rischiare sempre
Mr. Inafune ha fatto l'esempio di Steve Jobs, che è riuscito a sviluppare il brand Apple in continuazione e rendere la propria compagnia quello che rappresenta oggi, se non avesse rischiato si sarebbe scritta tutta un'altra storia. Bisogna agire quindi prima che sia troppo tardi, il gap aumenta ogni giorno ed è sempre più difficile risalire la china.
Nel suo piccolo, al di là della soddisfazione di aver lanciato l'allarme già tre anni fa, Keiji Inafune lo ha fatto, lasciando Capcom e un team di 900 persone per fondare una propria compagnia, Comcept.Inc, formata da sole venti persone, per essere libero di rischiare e di non avere restrizioni di alcun genere. Compagnia che è al lavoro su King of Pirates per Nintendo 3DS e su un progetto inedito per PlayStation Vita, rivelato accidentalmente dallo stesso Inafune durante la conferenza. Avere voglia di "vincere" è la chiave, è necessario introdurre "nuovi eroi" provenienti dal Giappone per sovvertire questa situazione, bisogna saper rischiare e non avere paura di farlo. Le sue idee possono essere condivisibili o meno, ma è indubbio che il mercato giapponese abbia bisogno di una scossa e debba uscire da quella cecità che attanaglia gran parte dei suoi sviluppatori, è assolutamente obbligatorio aprire una finestra spalancata sul mondo e far sentire l'area fresca anche a noi giocatori, che con i videogiochi giapponesi siamo cresciuti, ci siamo formati e ci siamo tolti un bel po' di soddisfazioni.