Borderlands 2 ha già vinto. Con il primo episodio Gearbox è riuscita a vendere sei milioni di copie e a due anni di distanza sta limando gli ultimi dettagli di un seguito che ad ogni nuovo incontro si dimostra più grande, vario e fuori di testa. Oltre che rimasto pressoché senza termini di paragone. Semplicemente quello che accade in una normale sessione di gioco non è ritrovabile in nessun altro titolo: ad un certo punto della nostra ultima prova stavamo sparando con un fucile al plasma che ad ogni ricarica si trasforma in un missile prima di ricomparirci tra le mani, cercando di abbattere giganteschi bestioni dotati di uno scudo sul quale erano a loro volta legati dei Banditi più piccoli, sacrificati per ottenere qualche punto resistenza supplementare. Il fine ultimo della sparatoria? Difendere la piccola Tiny Tina, una bimba di nove anni con una pericolosa psicosi e la tendenza a torturare le sue vittime. Se situazioni come questa creano momenti indimenticabili, le ragioni ludiche del successo le spiega Randy Pitchford, presidente della software house texana, introducendo il codice avanzato messoci a disposizione: l'immediatezza di uno shooter unita alla profondità di un gioco di ruolo, prendendo il meglio dei due mondi. Casomai il problema dell'originale, ben arginato dalla cooperativa a quattro, era la banalizzazione di certe meccaniche, pescate da uno dei due generi di riferimento ma lasciate solo in forma embrionale. Borderlands 2 tenta per questo non solo la strada dell'upgrade numerico, ma anche quella dell'approfondimento di quanto era stato solo accennato. Il risultato sembra sorprendentemente riuscito.
Le vie di Sanctuary
In Borderlands 2 si combatte per evitare che la vecchia conoscenza Handsome Jack risvegli Il Guerriero, un'antica creatura dotata di poteri sufficienti a distruggere Pandora. Di più: dovremo evocarla a nostra volta e utilizzarla per porre fine alla Hyperion, corporazione iper tecnologica sulla quale Jack è riuscito a mettere le mani. Come nella realtà ogni conflitto è una battaglia per il controllo di una risorsa strategica e in questo caso la buona ragione per spingerci a scorrazzare per le mappe del gioco è l'Eridium, minerale di fondamentale importanza per portare a termine il compito affidatoci.
Una più solida struttura narrativa è la punta dell'iceberg del tentativo che Gearbox sta facendo per rendere l'esperienza più immersiva, coinvolgente: scelto Axton, il personaggio che interpreta la classe Commando, carichiamo il salvataggio preparato per noi e ci ritroviamo a camminare tra le vie di Sanctuary. Una vera e propria cittadina come quelle viste in mille giochi di ruolo, popolata da personaggi non giocanti, dalle loro storie e da missioni secondarie da raccogliere a piacimento. Sulle prime restiamo volutamente lontani dall'indicatore che porta alla quest principale, prendendoci il tempo di incontrare qualche vecchia conoscenza come Dr. Zed e Moxxi, titolari della clinica e del ristorante della zona, oltre che dei vizi che già avevamo avuto modo di verificare all'interno delle espansioni a loro dedicate. La bacheca sulla quale raccogliere qualche obiettivo extra non è troppo distante dall'editor che permette di modificare i dettagli del nostro alter ego, come il capo d'abbigliamento che ne adorna la testa oppure la colorazione del vestiario, mentre in un vicolo laterale incontriamo il primo Claptrap della giornata. Ci chiede di compiere una quantità spropositata di azioni per avere accesso al suo nascondiglio segreto, che però riveliamo andando a sbattere goffamente contro una sottile parete di alluminio. Si tratta di un modo buffo per introdurre due aspetti importanti del gioco: l'umorismo che come nell'originale è di grana grossa ma sempre riuscito, e poi la volontà di spingere il giocatore a rigiocare Borderlands 2 non solo con lo stesso personaggio, ma anche creandone di nuovi.
Nel nascondiglio del Claptrap troviamo infatti un armadietto nel quale conservare armi e oggetti così da condividerli con tutti gli eroi del proprio account. Sbloccando le tantissime sfide interne al gioco - uccidi tot nemici per tipologia, completa certi compiti e via dicendo - si acquisiscono invece i punti BadAss. Raccolti a sufficienza regalano un piccolo bonus permanente che influenza una statistica tra le quindici inserite, anche in questo caso comuni alla totalità dei nostri character. Dopo venti minuti spesi a gironzolare senza meta e a perdersi tra i menù non abbiamo praticamente concluso nulla; un dramma considerando che il test accordatoci durava un'ora e mezza e che da quel momento in avanti avremmo dovuto mettere il turbo, ma un ottimo indicatore delle qualità di Borderlands 2, che sembra riuscire a creare un contorno in grado di espandere l'esperienza sviluppando nuove idee. Si racconta che l'autore della guida ufficiale che uscirà nei negozi contemporaneamente al gioco (in Italia pubblicata da Multiplayer.it Edizioni) abbia impiegato 58 ore a portarlo a termine la prima volta, trovandosi a fronteggiare una longevità multipla rispetto a quella di Borderlands.
Professione Commando
Usciti da Sanctuary ci avventuriamo all'interno di un canyon desertico, uno degli ecosistemi riprodotti in Borderlands 2 insieme a distese innevate e lussureggianti angoli verdi, grotte cosparse di materiale radioattivo e centri abitati. La missione principale della demo prevede di raggiungere la piccola Tiny Tina e farsi dare una mano per strappare un'importante informazione dal capo di uno dei gruppi di banditi che "animano" la zona. Un favore accordatoci a patto di ritrovare i suoi due pupazzi preferiti e i pezzi per azionare un generatore di energia - altrimenti come la torturi la gente?! - che per noi è soprattutto una scusa per mettere alla prova Axton.
Come per gli altri tre personaggi, anche la classe Commando è stata studiata per rivestire un ruolo, distinguersi per un potere unico ed evolversi spendendo i punti all'interno degli alberi delle abilità. Rispetto a Borderlands, in questo seguito ciascun ramo si propone di essere più determinante e offrire almeno un paio di abilità che incidano significativamente sul gameplay, aumentando la profondità strategica dei combattimenti. In compenso, spendendo una certa somma di denaro il respec degli skill point è sempre possibile, per correggere errori o cambiare stile. Axton, un po' come Roland prima di lui, monta sul terreno una torretta che lo aiuta in battaglia per una certa quantità di tempo e che può essere richiamata in modo tale da accorciare il cooldown necessario a tornare a posizionarla in un altro posto. I primi punti spesi per potenziare la Sabre Turret causano più danni e applicano bonus elementari, poco roba, ma presto si sbloccano upgrade che aggiungono un lancia missili oppure una seconda bocca da fuoco.
Attorno al venticinquesimo livello si arriva a poterla posizionare a enorme distanza facendola sparare con la precisione di un cecchino oppure a farla aderire ad una superficie verticale o ancora, verso il trentacinquesimo, a far sì che appena piazzata a terra causi una piccola esplosione nucleare. Il Commando è la tipica classe buona da tutte le distanze e senza particolari debolezze: un po' piatta se ci si limita a sparare ma, se paragonata alla controparte già giocata in Borderlands, Gearbox sembra riuscita a darle parecchi spunti interessanti aggiuntivi. Completata la demo abbiamo avuto il tempo per lanciarla una seconda volta e spendere qualche minuto con Zer0 e la classe Assassino: meno resistente di Axton, attacca da lontano con i fucili di precisione e da vicino con la sua spada, ma soprattutto diventa invisibile distraendo i nemici con un clone. Acquisisce poi nuovi poteri, ad esempio esplode stordendo gli avversari, dandoci il tempo di accorciare le distanze per tagliuzzare il nemico o al contrario prenderci qualche metro necessario a mirare al meglio. Tra le quattro classi, l'Assassino ci è sembra quella più complessa da padroneggiare ma allo stesso tempo potenzialmente gratificante.
Livelli di complessità
Nel complesso di un test che ha messo in evidenza un titolo solido, divertente e ricco di contenuti, anche il level design e la quantità di incontri non hanno deluso. Al di fuori di Sanctuary non abbiamo percorso chissà quale distanza ma, restando nella regione circostante il nascondiglio di Tiny Tina, ci sono vallate abitate da temibili insetti, gruppi di banditi e un insediamento di mercenari. Nemici mutanti perdono la testa e continuano a combattere alla cieca se colpiti nel punto giusto, piccoli mezzi volanti cercano di stanarci mentre siamo in fuga ed enormi mine di prossimità sono per qualche motivo disseminate sul terreno, in attesa di essere fatte esplodere. Lo shooting è arcade e senza un feedback realistico.
Nulla di complesso da padroneggiare, insomma, e quando si gioca con il mouse si nota un'eccessiva precisione di certe armi, come le pistole. Tutto sommato, però, va bene così: il gameplay si adatta perfettamente al pad e l'enfasi posta sul salto, fondamentale per evadere i tanti attacchi corpo a corpo, è tutta a favore del divertimento. Il loop su cui l'intera esperienza si fonda prevede di uccidere, raccogliere gli oggetti, equipaggiare pezzi sempre più potenti e tornare a uccidere, e viene eseguito con l'efficacia che caratterizza i migliori hack and slash nonostante i combattimenti durino mediamente più a lungo. Restano problemi di compenetrazione tra i poligoni, qualche bug e tutto sommato una resa tecnica piuttosto semplice, ben mascherata però dal cel shading. Passi in avanti grafici ci sono e si vedono, comunque: il ciclo giorno-notte lascia spazio a un bel cielo stellato ricco di dettagli, la varietà visiva è cresciuta notevolmente assieme alla profondità dell'orizzonte e le location sono più dense. La versione PC provata scorreva senza incertezze a sessanta immagini al secondo.
L'interfaccia ha subito tanti piccolo aggiustamenti che migliorano la navigazione anche se la mappa e la gestione delle quest, con il pad, non sono ancora immediate. In compenso le missioni sono composte da più passaggi e si evolvono da uno stadio a quello successivo senza imporre di tornare dal personaggio non giocante di riferimento, rendendo più fluido il susseguirsi degli eventi. Questo anche a vantaggio del fattore rigiocabilità: completato Bordelands 2 una prima volta si continuerà a giocare una seconda e poi una terza, per raggiungere il level cap e affrontare la modalità True Hunter, con nemici più potenti grazie alla somma di poteri e affissi. È difficile giocare alla prossima fatica Gearbox senza avere l'impressione che i miglioramenti coinvolgano praticamente ogni aspetto del gioco. L'unicità dell'idea, che per fortuna dopo due anni torna senza essere stata nel frattempo inflazionata, mantiene la freschezza originale e la quantità di contenuti promette di intrattenere a lungo. L'uscita, prevista il 21 settembre prossimo su PC, PlayStation 3 e Xbox 360, sarà il momento che tanti appassionati di esperienze cooperative stavano aspettando.
La lingua di Borderlands
Una dimensione narrativa più complessa è stato motivo di promozione fin dall'annuncio di Borderlands 2. In effetti l'alto numero di NPC distribuiti per le città e una maggior propensione a raccontare il contesto in cui le missioni si svolgono, favoriscono una migliore immedesimazione. Non ci si deve aspettare un gioco Bethesda o BioWare, si tratta sempre di aspetti di contorno, però il passo in avanti c'è e si vede. Ma si sente, anche, visto che, per chi se lo stesse chiedendo, il gioco è completamente localizzato in italiano. La versione provata era già dotata di un doppiaggio che sembrava complessivamente buono, nonostante mancasse ancora di lip sync e con alcuni problemi legati alla direzione da cui i dialoghi provenivano.
Parlando di Borderlands 2
Presenti all'evento anche Randy Pitchford e Brian Martel, co-fondatori di Gearbox Software e personaggi chiave nello sviluppo della visione creativa che ha portato a Borderlands, prima, e adesso a questo seguito. Abbiamo avuto modo di parlare con entrambi al termine della prova, per approfondire la genesi di questo seguito e alcuni dettagli specifici dell'esperienza.
Che speranze avete per questo seguito? Che obiettivi vi siete prefissati?
[Brian Martel] Fin dall'inizio dello sviluppo abbiamo puntato a realizzare una versione 2.0 del gioco originale: nuove armi, ambienti e tipologie di quest, ma anche visivamente più vario e rifinito sotto ogni aspetto. Intendiamo riportare davanti al gioco gli amanti del primo e speriamo che il passaparola faccia arrivare questo seguito nelle mani di nuovi giocatori.
È un titolo molto diverso dalla maggior parte degli shooter che si vedono solitamente: è interamente incentrato sul divertimento e l'esperienza varia drasticamente se lo si gioca da soli oppure con gli amici. Crediamo che ancora più del primo possa rivolgersi ad una vasta utenza.
È vero, si nota una continuità tra l'originale e questo seguito ma allo stesso tempo alcuni aspetti si sono evoluti in maniera significativa. Il design delle classi, ad esempio, è più definito e accattivante: come vi siete posti nel lavoro di (ri)progettazione di personaggi e ruoli?
[Brian Martel] Siamo partiti da Axton [il Commando] e da Maya [la Sirena]. Roland era il personaggio più giocato dell'originale e la gente apprezza lo stereotipo del classico soldato valido in ogni situazione, quindi Axton è stato motivo di attenzioni sin dall'inizio così che non si distanziasse troppo ma allo stesso tempo fosse più profondo e divertente. Maya invece è il frutto del ragionamento opposto: volevamo si distanziasse notevolmente da Lilith e così abbiamo pensato alla capacità di bloccare in aria il nemico; crediamo sia una maniera più divertente per mettere in pratica i poteri da Sirena rispetto all'invisibilità. Gli ultimi due, Gunzerker e Assassino, rispecchiano la nostra visione riguardo due ruoli classici, a cui abbiamo voluto aggiungere un tocco personale.
Parlando delle novità, è piuttosto semplice individuare gli spunti che migliorano e ampliano la componente ruolistica, dagli alberi delle abilità alle quest. Cosa ci puoi dire, però, del lavoro fatto per rendere Borderlands 2 uno sparatutto migliore?
[Brian Martel] Non è semplice, perché da una parte sparare è quello che si fa per quasi tutto il gioco e dall'altra le modifiche possono apparire sottili. Ci siamo concentrati sull'aspetto delle armi, le animazioni e la loro varietà. I costruttori sono riconoscibili e la quantità di poteri coinvolti nella creazione procedurale è cresciuta notevolmente. Hanno una risposta più varia e anche i colpi sono dotati di un feedback meno generico.
Parlando con Blizzard durante lo sviluppo di Diablo III, l'aspetto che veniva citato più spesso riguardo il ritmo del gioco era la loro volontà di rendere l'azione incessante. Borderlands ha parecchi aspetti in comune con gli hack and slash classici, anche voi avete una filosofia simile?
[Brian Martel] Sì, qualcosa di simile. È importante insegnare subito al giocatore le basi del gameplay e che tipo di situazioni debba aspettarsi, quindi continuare a stimolarlo facendogli sperimentare ancora e ancora il divertimento regalato da quelle meccaniche, seppure magari semplici. Allo stesso tempo gli si presentano nuove sfide e gratificazioni, che vengono principalmente nella forma di armi dotate di poteri crescenti. Fondamentalmente si fanno sempre le stesse cose, ma questo non è un male. I nemici diventano più forti, hanno reazioni più complesse e poi ci sono i boss che presentano sfide inedite. Quando hai creato delle aspettative puoi anche giocare con l'utente, facendo esplodere una cassa da cui si aspettavano di ottenere qualcosa di figo, ad esempio. Oppure variando in modo inaspettato la conclusione di una missione.
Abbiamo capito e provato il funzionamento dei punti BadAss [Livello Duro, un po' coraggiosamente in italiano] ma non abbiamo giocato a sufficienza da apprezzarne gli effetti. Ci puoi spiegare come vi è venuta in mente l'idea?
[Brian Martel] Ascoltando quello che i giocatori avevano da dirci dopo aver provato Borderlands, ci siamo resi conto che sviluppare un personaggio fino al level cap è considerato uno spasso ma la gente vuole avere dei riconoscimenti anche a lungo termine. Che li seguano fintanto che continuano a tornare sul gioco. Da un certo punto di vista, sotto il profilo matematico, questo rende il gioco sperimentato con un secondo personaggio leggermente più semplice, però crediamo che la possibilità di aggiungere ulteriore senso di gratificazione valga il rischio di sperimentare una cosa del genere.
Avendo punti BadAss a sufficienza, abbiamo sbloccati un paio di questi bonus ma ci sfugge un dettaglio: come vengono scelte le statistiche tra cui scegliere?
[Randy Pitchford] Ci sono tra le quindici e le venti statistiche legate al proprio profilo e si può scegliere di migliorarne una tra le cinque proposte. Ogni volta che si spende un gettone BadAss, quelle cinque scompaiono e ne vengono pescate casualmente altre cinque. In questo modo non ci si può fissare esclusivamente su una sola statistica e i propri personaggi crescono con un certo equilibrio.
Ovviamente non ci puoi dire e non vogliamo sapere nulla sul finale di Borderlands 2. Ma in termini di esperienza di gioco avete rivisto il vostro approccio alla conclusione dell'avventura? Nell'originale non era forse soddisfacente come sperato...
[Brian Martel] Hai ragione, è una critica che ha senso. In Borderlands creavamo aspettative sulla Cripta sin dall'introduzione ma ciò che i giocatori si ritrovavano dopo decine di ore di gioco era una sfida non così impegnativa e una ricompensa che non li soddisfaceva. Questa volta vogliamo essere sicuri che, comunque si arrivi al finale, si abbia a che fare con un momento interessante e indimenticabile. Anche in termini di premi ricevuti. Lo stesso vale per la storia: la gente vuole una conclusione vera, un punto che riveli qualcosa e colpisca la fantasia. Questo appunto è stato fatto da parecchi utenti e anche internamente al team ci sono state discussioni a proposito.
Avete pensato di inserire un sistema di scambio degli oggetti tra gli utenti centralizzato, come le classiche case d'aste?
[Brian Martel] Non è una priorità ma è qualcosa di interessante che in futuro si potrebbe considerare. Il problema è che per farlo bisogna guardare molto attentamente tutti i dati, tenere traccia delle statistiche e avere un'infrastruttura complessa. Non è possibile improvvisare. Bisogna sapere quello che interessa alla gente, come avvengono gli scambi, cosa aspettarsi dall'economia del gioco e via dicendo. Si tratta di qualcosa da trattare con attenzione: credo sia interessante quello che Diablo III sta sperimentando ma giocandoci ho la sensazione che l'unico modo per andare avanti sia rivolgermi alle aste. E questo non credo sarebbe nelle corde dell'esperienza di Borderlands. Per ora crediamo sia sufficiente poter scambiare attraverso l'armadietto gli oggetti tra diversi personaggi.
E come ritenete l'esperimento che stanno facendo con gli scambi a valuta reale? Oppure le sottoscrizioni annuali che i vari CoD e Battlefield propongono per fidelizzare i giocatori ai contenuti scaricabili?
[Randy Pitchford] Lo sviluppo solitamente è mosso dai feedback e dal tentativo di porre una pezza alle problematiche che si sono poste in passato. Con la casa d'aste a valuta reale Blizzard si sta prendendo un grosso rischio ma è il loro modo per portare a tutti in un ambiente sicuro una realtà che prima era sommersa e potenzialmente pericolosa. Dal canto nostro una volta finito e pubblicato Borderlands abbiamo dovuto rispondere a necessità diverse, concentrandoci sui DLC e sull'ampliamento dell'esperienza che tanti giocatori ci chiedevano a gran voce.
Borderlands 2 uscirà in un mercato tutto sommato stabile ed è facile aspettarci da noi che una volta nei negozi vorremo dargli seguito con dei contenuti aggiuntivi. Questo comunque non vuol dire che ci interessino sottoscrizioni, abbonamenti e simili per monetizzare a tutti i costi. Procediamo secondo le idee che ci vengono e ci appassionano di volta in volta.
Sempre più spesso sviluppatori, anche di valore come Radical Entertainment, chiudono i battenti ed è difficile farsi largo tra la concorrenza di poche serie estremamente popolari, riuscendo a vendere bene il proprio gioco a prezzo pieno. Qual è, se c'è, la formula per riuscire?
[Randy Pitchford] Formula? Nell'industria dell'intrattenimento non esistono formule. Si tratta di creare dei prodotti che soddisfino oppure addirittura superino le aspettative degli acquirenti. E per farlo è inevitabile prendersi dei rischi. Per me gli stimoli vengono anche dalle sfide tecnologiche che i videogame in particolare propongono, sono un ottimo motore per la creatività.
Di recente Warren Spector ha "attaccato" lo sviluppo forsennato di giochi violenti, invocando maggior apertura verso un tipo d'esperienza differente. Cosa ne pensate considerando che molti dei vostri giochi rientrano nella categoria criticata?
[Randy Pitchford] Amo Warren e il suo lavoro, l'ho sempre apprezzato tantissimo. Credo però che fare un certo tipo d'affermazione mentre stai sviluppando Epic Mickey per Disney sia... voglio dire, ha creato Deus Ex, ha fatto giochi violenti. È curioso come spesso la gente ponga delle problematiche la cui soluzione coincide esattamente con quello che stanno facendo. Io non sono un tipo violento ma sono un essere umano con milioni di stimoli e istinti diversi, mi piace l'idea che possa giocare un gioco con una componente violenta in un ambiente sicuro. Questo è ciò che penso sulla questione.
Grazie per il tempo che ci avete concesso.
[Randy Pitchford + Brian Martel] Grazie a voi.
CERTEZZE
- Espande il concept originale sotto ogni punto di vista
- Più attenzione alla narrazione e agli aspetti di contorno
- Ambienti meglio costruiti
- Scelte interessanti nello sviluppo del personaggi...
DUBBI
- ...peccato che la quinta classe, la meno derivativa, arrivi sotto forma di DLC e incentivo ai pre-ordini
- Manca forse una grande novità di richiamo, qualcosa di "coraggioso"