Dal momento dell'annuncio a sorpresa, targato Captivate 2012, abbiamo avuto possibilità di tornare a giocare più volte con Lost Planet 3, ma ad un mese dall'uscita, prevista per il 30 agosto, grazie ad un codice di anteprima, presumibilmente (quasi) definitivo, abbiamo passato tre ore insieme al gioco realizzato da Spark per Capcom.
Ormai conosciamo tutto sul gioco, che segna il ritorno alle atmosfere del primo capitolo, abbandonando totalmente l'impostazione coop del secondo (e sperimentale) episodio in favore di quella che è da sempre la visione originaria, ovvero sopravvivere in un ambiente ostile e ghiacciato, il tutto impreziosito da quella che sembra una spiccata voglia di raccontare una storia, senza dimenticare un gameplay che alterna fasi esplorative e di combattimento a piedi e a bordo dei giganteschi RIG da lavoro dotati di trivella e braccio meccanico dal cazzotto facile. Insomma se non è Artic Rim poco ci manca.
Il piccolo speleologo
Il nostro test si è concentrato sulle prime tre ore di gioco, un tempo più che sufficiente per fare a pezzi un paio di boss decisamente ingombranti ( a corollario di una lunga missione "ascendente") e per capire al meglio le fondamenta delle meccaniche di gioco.
Impersoniamo Jim, un onesto minatore arrivato sulla palla di ghiaccio di E.D.N. III (vi ricorda qualcosa? Lost Planet 3 è un prequel) solo per guadagnare il sostentamento per la propria famiglia. Un famiglia che anche noi conosceremo visto che di tanto in tanto il barbuto minatore tuttofare riceve i messaggi della moglie, cosa questa utile per favorire l'immedesimazione nel personaggio, ma anche e soprattutto per mascherare i lunghi e ahinoi frequenti caricamenti che affliggono il gioco. Una volta arrivati nella enorme base sotterranea, soluzione questa necessaria per ovviare alle devastanti tempeste di ghiaccio che battono la superficie, facciamo subito conoscenza con la fauna umana che la compone. Possiamo, anzi dobbiamo intrattenerci con il giovane meccanico stagista che si prende cura del nostro RIG, il capo della base, la dottoressa ribelle, il dottore come da copione al soldo della corporazione che finanzia le ricerche e l'altrettanto classico capo armiere, pronto a venderci nuove armi e modifiche (davvero) efficaci per quelle che possediamo. Nulla di nuovo insomma, la base è quindi un vero e proprio hub centrale che navigheremo in lungo e in largo per ottenere nuove missioni e ricompense, facendo su e giù per i tre piani che la compongono. Il tran tran di Lost Planet 3 è semplice. Si mettono nel carniere una o più missioni, tra principali e secondarie, e si esce all'aperto. La partenza avviene sempre via RIG, ma dopo una breve passeggiata al calduccio, e magari un paio di caricamenti, si esce a piedi per esplorare un complesso di caverne o per salire un cima ad una montagna.
Quanto provato non sembra brillare molto in varietà e anche l'esplorazione non ci è sembrata un punto forte del gioco, tutto piuttosto lineare insomma. Stiamo parlando certamente delle prime tre ore di gioco, ma lo schema grotta, cunicolo, arena, grotta, cunicolo, arena più grande dove combattere boss (e mid boss) Akrid si è ripetuto più volte. Uno schema questo che si ripete gioco forza anche nelle missioni secondarie disponibili dove ad esempio, se vogliamo, possiamo tornare a scaricare di tanto in tanto da alcune antenne precedentemente "liberate" l'energia termica accumulata. La cosa è funzionale per l'accumulo di crediti necessari per acquistare nuove armi e modifiche, ma il solo pensiero di rifare la stessa sezione più e più volte per denaro ci porta dritto in zona ripetitività. Staremo a vedere come come queste missioni si evolveranno con la progressione, ma una soluzione del genere, per quanto "secondaria" è certamente poco stimolante. E anche uccidere venti ragni per il losco dottore non è sembrato il massimo. Il bestiario di E.D.N. III è invece di tutto rispetto e ci ha impegnato da subito anche negli elementi più piccoli, almeno fino a quando abbiamo deciso di aumentare il calibro della pistola e di rendere più stabile il fucile a pompa.
Granchio alla brace
Accanto quindi ai semplici "ragni", quelli che ci hanno dato più filo da torcere sono senza dubbio stati una sorta di funghetto esplosivo sputazzante, senza dimenticare una specie di zanzarona elettrica che ci colpisce da lontano. Ci attaccano sempre in buon numero e con grande ferocia, e per rendere il tutto ancor più "complicato" Spark è ricorsa senza risparmiarsi al "trucco" dei nidi, ovvero un punto di spawn visibile che va chiuso velocemente a colpi di granate quando si apre. Anche qui poca fantasia, si è certi che dietro un cunicolo, dietro una piattaforma rialzata che facciamo fatica a vedere ci sarà sempre un nido. Vai quindi di bombe o di un buon numero di fucilate tentando nel contempo di uccidere tutti gli alieni che ci attaccano.
A ravvivare queste prime fasi impegnative certo, ma poco sorprendenti ci hanno pensato gli scontri con le bestie più grandi che appaiono appena gli spazi si allargano. Quelli più piccoli, come quelli assimilabili a dei leoni con delle fruste al posto della criniera o degli armadilli corazzati e rotolanti, ci hanno impegnati a piedi. Grandi schivate, rotolate cercando nel contempo di colpire da lontano i punti deboli come da copione segnalati in rosso vivo, magari lanciandogli una granata nella bocca per abbattere di molto i tempi del combattimento. Quelli più grandi invece ci hanno visto sfruttare tutto il nostro arsenale, RIG compreso per fortuna. La lunga missione di cui parlavano in apertura, per rimettere in funzione una enorme antenna satellitare, ci ha visto salire sino alla cima di una montagna, o meglio salire all'interno di essa, rimettendo in funzione sei stazioni di controllo, il tutto liberando cunicoli e grotte pieni della solita fauna locale, noiosi nidi compresi. Arrivati in vetta, l'enorme spazio aperto ci ha fatto subito temere il peggio e infatti si è palesato un gigantesco granchio, un boss tipico del franchise. Peccato però che il RIG sia rimasto ai piedi della montagna, visto che il nostro peregrinare era inteso anche in funzione di rimettere in sesto il montacarichi. È iniziata quindi la battaglia, un lungo balletto per colpire le chele del granchio, evitando le sue cariche, cercando anche di piazzargli una bella granata nelle tonsille. Una volta ucciso, è comparso magicamente il nostro RIG dal montacarichi. Il solito tempismo dei videogiochi. Nemmeno il tempo di salire sul mech per sistemare la parabola che il fratello del granchio da poco fatto a pezzi è comparso sulla scena. Abbiamo quindi sperimentato il combattimento a bordo del RIG: pochi ma funzionali comandi, ovvero parata, colpo di braccio robotico e soprattutto trivella.
Nulla di particolarmente complicato, i comandi a schermo ci dicono quando parare e quando afferrare le chele per farle a brandelli, il tutto da ripetere cinque/sei volte per ucciderlo. Senza dubbio più veloce e coreografico dello sparacchiare da terra, anche se la varietà dei pattern del nemico non è proprio esemplare. Non siamo comunque invincibili, il RIG è lento e non permette schivate fulminee, dobbiamo solo parare e contrattaccare stando attenti all'energia che quando va a zero ci costringe a scendere a terra per aspettare il ripristino dei sistemi. Senza subbio questa è stata la parte migliore della nostra esperienza di gioco, che ha innalzato di molto il livello degli scontri che sino ad allora erano stati poco entusiasmati e fondamentalmente tutti piuttosto simili. Il gunplay con i boss sembra funzionare davvero come da tradizione e l'inclusione del RIG è una sicura nota positiva, sperando che la progressione ci regali qualche modifica per andare oltre trivella e braccio robotico.
Aspettami, sto caricando!
Una cosa che non ci è piaciuta davvero è come Spark ha legato le varie zone che compongono E.D.N. III. Di fatto tanto nella base quanto sul pianeta, ad ogni singola zona, grotta o compartimento che sia, ci si accede tramite un caricamento dalla durata non proprio brevissima, anche a distanza di pochi metri. La cosa è davvero frequente, anche a gioco installato, e il solo pensare di tornare sui propri passi (si legga back tracking) passando per le numerose transizioni per poi magari andare a riscuotere le ricompense piano per piano può diventare in breve davvero frustrante.
Anche qui siamo di fronte ad una criticità che speriamo venga presa in carico col codice finale, ma è giusto citarla perché particolarmente frequente. A livello tecnico la versione testata non brilla certamente per dettaglio e per fluidità del frame rate, ma senza dubbio Spark è riuscita a catturare l'atmosfera mortale del pianeta E.D.N. III. Le grotte, benché anch'esse non siano un monumento di level design (tutt'altro...), ci portano direttamente in zona Alien, tra escrescenze biologiche, rottami della colonizzazione e una musica che cita a piene mani quella del capolavoro di Ridley Scott. Non ci troveremo di fronte ad un survival horror fatto e finito (anche se i proiettili scarseggiano), ma Spark ha fatto un buon lavoro sotto questo punto di vista. Peccato insomma per texture e modelli che avrebbero meritato un trattamento migliore, Jim e comprimari a parte, davvero ben realizzati e dotati di notevoli animazioni facciali. Vogliamo insomma vedere di più di Lost Planet 3, le basi per una progressione che sappia limare le criticità delle fase iniziali ci sono tutte. A fine agosto quindi sapremo dirvi tutto sul gioco.
Ritorno alle origini per Lost Planet 3: tempeste di ghiaccio, insettoni voraci e robottoni da lavoro!
CERTEZZE
- L'atmosfera da condizione estreme è azzeccata
- Focus sulla storia
- Scontri con i boss appaganti
DUBBI
- Rischio ripetitività e forte back tracking
- Frequenti e lunghi caricamenti
- Varietà delle missioni
- Tecnicamente non proprio esaltante