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I Looking Glass non sono morti

Il nuovo Prey sviluppato da Arkane non ha legami col predecessore, ma è strettamente correlato a un altro paio di titoli leggendari. Dopo la nostra prova, siamo enormemente contenti della cosa.

PROVATO di Aligi Comandini   —   14/12/2016
Prey
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I Looking Glass non sono morti

Il primo impatto col Texas non è propriamente quello di un luogo adatto alla creatività. Non c'è nessun razzismo velato nella nostra affermazione, né preconcetti di alcun tipo su chi vi abita, la frase è legata esclusivamente al colpo d'occhio che offre il posto: è una distesa brulla, coperta da chilometri e chilometri di cemento, dove gli edifici sembrano tutti fatti con lo stampino e occupano uno spazio ingiustificabile per le - normalmente concentratissime e colorite - città moderne. Eppure nello Stato della Stella Solitaria esiste un esplosivo substrato di creativi e grandi menti, che parte dalla musica fino ad arrivare ai videogiochi. Ad Austin, in particolare, questo ecosistema si è arricchito di un grande predatore nel momento in cui è stata fondata la seconda sede di Arkane Studios, un team che negli ultimi anni si è fatto conoscere (e riconoscere) per la validità dei suoi titoli e la volontà di offrire esperienze profonde e "libere" ai giocatori, in controtendenza con il resto dell'industria. Noi siamo volati nella capitale texana proprio per visitare il loro quartier generale e scoprire un titolo ancora circondato da una fitta nebbia: Prey. Di informazioni ne abbiamo scoperte molte, sia sul gioco che sui suoi creatori.

Siamo volati in Texas per vedere Prey, e abbiamo scoperto uno dei giochi più validi del prossimo anno!

Niente indiani in questo cielo

Se fate parte della vecchia generazione di giocatori che ha potuto provare il primo Prey, dimenticatevi completamente il buon Tommy e il suo retaggio Cherokee. Il Prey di Arkane è completamente slegato dal suo predecessore, al punto da essersi praticamente trasformato in una nuova proprietà intellettuale. Questo non è uno sparatutto puro e nessuno è stato "rapito" dagli alieni a inizio gioco; voi infatti interpretate Morgan Yu: membro dell'equipaggio dell'avanzatissima stazione Talos I, durante una crisi che potrebbe mettere a rischio l'esistenza stessa dell'umanità.

I Looking Glass non sono morti

Un preambolo visto e stravisto, che però assume connotazioni più vicine alla fantascienza pura quando si viene a sapere che il tutto si svolge in un futuro alternativo dove Kennedy è ancora vivo e ha stanziato enormi fondi per la ricerca in accordo con la Russia, dando così vita proprio alla gigantesca stazione orbitante dove vi trovate. Il problema principale, d'altronde, è proprio l'oggetto dello studio: una specie aliena mutaforma denominata Typhon, che è sfuggita al controllo degli scienziati e ha ora invaso la stazione. Morgan, ovviamente, non è il tipico poveraccio disperso, bensì una sorta di "esperimento" vivente che dai Typhon ha acquisito capacità in grado di rappresentare un picco evolutivo per la razza umana. Con la stazione devastata e forme di vita imprevedibili che popolano ogni suo settore, dovrà farne uso il più possibile per capire cos'è esattamente successo e come uscirne con la testa ancora attaccata al collo. Parecchie basi su cui strutturare una trama ricca di colpi di scena, laddove Arkane ha potuto contare persino sull'esperienza dell'ormai onnipresente Chris Avellone per creare una narrativa convincente. Noi in tutta sincerità siamo fiduciosissimi, se non altro perché l'atmosfera del gioco è davvero notevole, mentre la tensione viene portata ai massimi livelli non solo dalle vicende, ma anche dalle meccaniche del gioco.

Nello spazio nessuno può sentirti risolvere gli enigmi

Come abbiamo già detto, Prey non è uno shooter classico. Il lavoro di Arkane - esattamente come Dishonored per certi versi rappresentava un'evoluzione dello storico Thief - ricorda da vicino un'alternativa ai System Shock, con elementi propri di quell'Arx Fatalis che ha rappresentato il punto di partenza della software house (o meglio, delle due software house). Le meccaniche messe in campo sono quindi molteplici ed estremamente complesse, e volendo evitare un elenco senz'anima preferiamo descrivervele passo dopo passo, raccontandovi le fasi di gioco che ci hanno mostrato durante la nostra visita alla software house.

I Looking Glass non sono morti

La prima si teneva nel G.U.T.S., in pratica parte della struttura di supporto "nascosta" della stazione Talos, da cui Morgan era costretto a passare a causa della rottura di un ascensore. Qui la gravità è assente per lunghi tragitti e già dalle primissime fasi, oltre ad avere a che fare con la voce della misteriosa January via radio, ci siamo trovati contro degli alieni ben diversi dai tipici xenomorfi aggressivi degli sparatutto spaziali. I Typhon infatti si dividono in molte tipologie e la prima sono i Cystoid: ammassi scuri e vibranti che si raggruppano in nidi, e assaltano qualunque oggetto si muova nelle vicinanze esplodendogli addosso. Non eliminabili con un attacco diretto (se attaccati corrono in faccia al giocatore e si rischia di morire a gran velocità, il gioco non è una passeggiata), i Cystoid vanno distrutti o lanciando oggetti che fluttuano nei paraggi, o utilizzando i poteri di Morgan per distrarli con rumori ed espedienti vari. I poteri del protagonista dal canto loro sono la caratteristica - assieme ai peculiari nemici - che più differenzia Prey da altri GDR in prima persona. Grazie allo Psycoscope (uno scanner portatile già mostrato nei trailer) è infatti possibile assorbire poteri dagli alieni quando questi sono inermi, e poi utilizzare dei Modificatori Neuronali raccolti nel gioco per equipaggiarli. Nel caso dei Cystoid, Morgan ad esempio ha assorbito la capacità di creare onde d'urto ad area, utilissima in molteplici situazioni. In pratica non c'è un classico sviluppo con punti esperienza, i poteri si ottengono proprio raccogliendo questi Neuromod o recuperandoli a forza di completare quest, e sono accompagnati da abilità fisiche potenziabili e da conoscenze ingegneristiche che permettono di personalizzare a piacere il proprio stile di gioco.

Le tante strade per la sopravvivenza

Quanto utili fossero effettivamente le abilità aggiuntive di Morgan lo abbiamo potuto notare subito alla fine della prima dimostrazione, ove il nostro si è trovato davanti a una porta bloccata con un codice e hackerabile.

I Looking Glass non sono morti

Pur non potendo osservare lo svolgimento dell'hacking nel gioco (se si tratta di un mini game di qualche tipo è di certo ancora in sviluppo, ma è plausibile che alla fine sarà un'azione rapida e diretta), gli Arkane ci hanno immediatamente mostrato vie alternative per superare l'ostacolo, che si riallacciano alla filosofia degli approcci multipli che ha reso i loro prodotti dei successi tra i giocatori veterani. A sbloccare la situazione ci ha pensato una ventola nei paraggi, distrutta con il potere ottenuto proprio dai Cystoid pochi minuti prima. Le mappe, in parole povere, mantengono una lodevole complessità, che va ad aumentare quando nell'equazione si inserisce la GLOO Gun, il cannone a colla mostrato già nella demo del QuakeCon e nei trailer. Sparare i grumi collosi della GLOO sui muri crea dopotutto delle piattaforme scalabili, che permettono di raggiungere zone sopraelevate aggirando qualunque blocco. La Talos I è perciò una stazione largamente esplorabile, verticalizzata al massimo e ricca di passaggi alternativi, nella quale i perfezionisti potranno sbizzarrirsi durante la ricerca di tutti i suoi segreti. Non bastasse, queste chicche sono pure moltissime, basta osservare la seconda zona: le residenze dell'equipaggio. Qua, oltre a uno specifico sopravvissuto di nome Will Mitchell (un cuoco dallo spiccato accento dell'Est) e a varie quest secondarie, abbiamo trovato molte stanze chiuse, le cui chiavi sono sparse nella Talos addosso a cadaveri o ad altri astronauti ancora vivi. Facendo un po' di sano backtracking sarà pertanto possibile raccogliere testimonianze, oggetti ed extra significativi, man mano che si naviga per la stazione. L'esplorazione variegata comunque è solo la punta dell'iceberg... il meglio deve ancora venire.

Fantasmi alieni?

La seconda zona è stata un ottimo teatro per presentare le varie minacce che Prey offre. I Mimic li conoscono già tutti, ma sono quanto mai esemplari quando si tratta di sottolineare la volontà degli sviluppatori di mantenere elevato lo stress mentre si vaga per la Talos.

I Looking Glass non sono morti

Possono trasformarsi in quasi ogni oggetto di piccole e medie dimensioni, e l'unico modo di riconoscerli sono i leggeri rumori che fanno anche da trasformati: basta sentire un click perché venga la pelle d'oca e inizi una forsennata ricerca dell'oggetto fuori posto per evitare un assalto improvviso. Non sono tuttavia questi ragnetti alieni il nemico più terrificante visto durante la prova texana: nelle residenze, ad esempio, vagavano dei Telepath; enormi globi fluttuanti in grado di controllare le menti degli astronauti nella stazione. I Telepath sono molto resistenti, assaltano Morgan con proiettili psichici devastanti e trasformano i loro schiavi in kamikaze esplosivi, che Morgan può salvare con la sua pistola stordente o eliminare definitivamente. In base a quante persone il giocatore sceglie di salvare, la situazione finale della Talos e la conclusione del gioco cambieranno, ma non c'è un sistema di moralità simile al caos di Dishonored: tutto è più subdolo e indissolubilmente incastrato all'approccio del giocatore e ai pochi PNG con cui si potrà parlare durante la campagna. Ancor più gustoso del Telepate si è rivelato poi il Poltergeist, un alieno invisibile che si comporta come un fantasma da horror classico, lanciando oggetti e teletrasportandosi in giro per la stanza. Anche in questo caso l'uso dei poteri di Morgan e della GLOO Gun è stato fondamentale, perché senza le esplosioni ad area e la possibilità di bloccare momentaneamente i suoi movimenti, il Poltergeist si trasforma rapidamente in un nemico insidioso e quasi inattaccabile.

Preda

Inutile dire che troviamo questo genere di approccio ai nemici a dir poco fantastico, e il tutto senza aver ancora parlato dei Phantom - altri alieni più aggressivi che appaiono all'improvviso e usano la pirocinesi - e del terribile Nightmare, un colosso che si adatta ai poteri di Morgan e muta di forma in base ai vostri potenziamenti (pare appaia saltuariamente durante la campagna, in modo simile al Nemesis di Resident Evil).

I Looking Glass non sono morti

Magari con lo sparatutto originale questo Prey non avrà nulla in comune, ma di certo non ci vuole molto a sentirsi una preda in costante pericolo, con tali avversari che vagano nei corridoi della stazione. Che poi il lavoro di Arkane sia vicino alla complessità dei System Shock non si può non ribadirlo quando ci si addentra nei sistemi aggiuntivi, che vanno dallo sviluppo (e consumo, visto che sono distruttibili e che i proiettili scarseggiano) delle armi presenti a un vero e proprio sistema di artigianato che utilizza i materiali raccolti dagli alieni e dagli oggetti sparsi per le mappe. Tra gli strumenti sfruttabili, particolarmente gustosa una "granata riciclante" che compatta i nemici in piccoli globi di materia, poi usati per creare l'oggetto desiderato. Con Prey, dunque, gli Arkane sembrano aver calato l'asso: pensate solo alle possibilità offerte dai puzzle fisici a gravità zero, o alla chance di potenziare i poteri alieni per trasformarsi non solo in tazzine rotolanti e sedie utili a nascondersi dai nemici, ma anche in robot volanti e torrette armate. Addirittura, la stazione muta e si fa più devastata e inospitale man mano che l'invasione aliena avanza, mutando mappe già visitate e offrendo nuove situazioni. È evidentissimo come questo studio abbia imparato la lezione dei Looking Glass e degli Ion Storm responsabili dei Deus Ex: "profondità innanzitutto", ma accessibile abbastanza da non scoraggiare il giocatore medio, e accompagnata da una trama forte e da un'ambientazione ispirata che permettano alla campagna di avanzare con grazia. Se Prey dovesse riuscire ad essere per System Shock ciò che Dishonored è stato per Thief... be', preparate il portafogli.

CERTEZZE

  • Gameplay di profondità invidiabile, con numerosi approcci multipli
  • Tensione elevata e nemici estremamente unici
  • Ambientazione ispirata e trama interessante

DUBBI

  • Molte promesse da mantenere
  • Qualche magagna tecnica per quanto riguarda la fisica
  • C'è ancora da lavorare sull'intelligenza artificiale dei nemici