In occasione della nostra recentissima prova di For Honor che ci ha permesso di toccare con mano tre nuovi personaggi e due capitoli della campagna single player, oltre ad avere una vagonata di nuove informazioni sulla Faction War e sull'infrastruttura online del titolo di Ubisoft Montreal, abbiamo avuto modo di intervistare Damien Kieken, game director nonché figura di spicco nel panorama del colosso francese con in curriculum molteplici titoli della serie Assassin's Creed. L'occasione è stata più che gradita visto che ci ha dato la possibilità per la prima volta di approfondire alcuni aspetti legati allo sviluppo di For Honor, un progetto a cui spettano due compiti non certo facili da portare a termine: innanzitutto rappresenta il debutto sul mercato di una nuova proprietà intellettuale in un panorama sempre più orientato sulla reiterazione annuale di serie di successo; secondariamente si tratta di un titolo con un fortissimo focus sul multiplayer, formula che suscita ancora diffidenza nella maggior parte della community di videogiocatori.
A Parigi abbiamo intervistato Damien Kieken di Ubisoft Montreal per parlare dello sviluppo di For Honor
Ci sono un vichingo, un samurai e un crociato
Fin dal suo annuncio, For Honor ha attratto l'attenzione dei videogiocatori per il suo gameplay estremamente differente rispetto alla maggior parte dei titoli multiplayer di successo: al posto di buttarsi sull'ennesimo MOBA o sparattutto in prima persona, Ubisoft Montreal ha scelto i combattimenti all'arma bianca costruendo l'intera esperienza proprio attorno alla fisicità delle stesse.
"Siamo partiti con l'idea di costruire delle meccaniche di combattimento e di gameplay che ruotassero attorno alla sensazione di stringere un'arma tra le mani e di poterla controllare come meglio si vuole" ci ha detto Kieken. Entrambi questi aspetti sono effettivamente molto rari negli altri tipi di titoli multiplayer dove contano di più le abilità del personaggio e gli effetti delle armi da fuoco si esauriscono in spari ed esplosioni che sebbene debitamente differenziati non riescono a trasmettere nulla di concreto al giocatore. Sotto questo aspetto For Honor è diverso riuscendo a far diventare il pad uno strumento in grado di trasmettere al giocatore la fisicità di un'agile ed affilata katana così come quella di un possente kanabo o un pesante spadone. Non solo armi comunque visto che la posizione della guardia dell'eroe che andremo a controllare avrà la massima importanza, così come la capacità di muoversi fluidamente nell'ambientazione, ora arretrando per schivare un colpo, ora rotolando per cercare di sorprendere il nemico. Per farlo il team di Ubisoft Montreal ha posto molta attenzione al sistema di controllo, dedicando la levetta analogica destra al controllo totale dell'arma: "Le armi in For Honor sono fondamentali, sono l'aspetto principale attorno al quale ruota il gameplay e che ci ha portato ad avere il roster di dodici combattenti che arriverà con la versione finale del gioco". For Honor fondono storia e fantasia: tutte le armi, vestiti ed equipaggiamenti sono riconducibili ad oggetti di uso comune nella battaglie delle tre fazioni impiegati, ma storicamente parlando non si è mai vista una guerra mossa dai Vichinghi contro i Samurai del Sol Levante. "La formazione delle fazioni è stata molto importante per noi che abbiamo capito di essere arrivati a un'ottima formula quando abbiamo constatato che chiunque, pur non avendo ancora provato il gioco, aveva comunque un'opinione su samurai, vichinghi e cavalieri. Questo ci ha fatto capire che i tre popoli avevano il giusto carisma per reggere interamente il gioco".
Onora la tua arma
Ognuna delle tre fazioni avrà al lancio quattro personaggi, e da quello che abbiamo visto finora si tratta di eroi ben caratterizzati e diversi l'uno dall'altro pur senza cadere negli stilemi dei giochi multiplayer con ruoli ben marcati e definiti, come tank, assassino e supporto. Questo risultato è dovuto a un approccio diverso del team di sviluppo nella creazione del roster: "Noi non abbiamo voluto avere dei ruoli o delle classi, ma abbiamo preferito espandere questa definizione rifacendoci a delle tipologie di combattenti.
Il Kensei è molto diverso dal Guardiano che è molto diverso dal Razziatore, anche se all'apparenza potrebbero sembrare simili. Le armi sono quelle che rendono unici i combattimenti di For Honor rispetto a quelli degli altri titoli mulitiplayer e per questo ogni personaggio è stato costruito attorno alla sua arma che rimane sempre il punto focale per il gameplay e il sistema di controllo" ha specificato Kieken. In pratica i ragazzi di Ubisoft Montreal hanno dapprima selezionato le armi e poi gli hanno costruito attorno un personaggio che se per stile visivo e dettagli si rifà alla fazione di riferimento, per stile di combattimento, corporatura e mobilità sottostà ai limiti e alle opportunità concessi dall'arma stessa. A questo punto ci sono poi delle somiglianze tra le tipologie di personaggi, ad esempio i tre che abbiamo citato precedentemente hanno sempre una guardia - non sono mai in posizione neutrale come gli assassini ad esempio - e impugnano sempre l'arma con due mani. Sono personaggi molto versatili che non eccellono in niente ma non sono neanche carenti in un particolare aspetto del combattimento. Queste sono le similarità, ma poi ad esempio il Razziatore vichingo fa un poco più di danni dei suoi colleghi, ma è più lento del Kensei e del Guardiano. A questo punto, si capiscono le complessità nel cercare un buon bilanciamento tra le varie armi e i vari personaggi, che in un titolo che si basa prettamente sul multiplayer è un fattore fondamentale per permettergli di sfondare online e costruirsi una solida community di giocatori. Viste le poche ore che abbiamo avuto a disposizione per provarlo, non possiamo ancora esprimerci in tal senso, ma Damien Kieken ci ha detto quanto il team abbia lavorato per raffinare ogni aspetto del sistema di gioco e dare ai giocatori la miglior esperienza all'arma bianca possibile, che sia accessibile ma comunque profonda e ben strutturata. "Abbiamo creato le regole del bilanciamento mentre sviluppavamo il gioco, anche perché ad ogni aggiunta di un nuovo personaggio con caratteristiche uniche abbiamo sempre dovuto andare a ritoccare gli altri in modo tale che non fossero mai troppo forti o troppo deboli contro una determinata arma o combo di attacchi. Si è trattato di una lunga fase di prove ed errori che continuerà anche una volta che il titolo arriverà nei negozi, ma a quel punto potremo contare sull'analisi dei dati di gioco che ci arriveranno direttamente dalla community, informazioni fondamentali per migliorare sempre di più il titolo in un processo organico che richiede tanto tempo e perseveranza".
Spazio al single player
La storia recente ci ha insegnato che è sempre un'incognita presentarsi sugli scaffali con un titolo a prezzo pieno incentrato solamente sul multiplayer: andò male a Respawn Entertainment con il primo Titanfall che fu pesantemente criticato per la mancanza di una modalità storia che è stata poi aggiunta nel secondo capitolo, mentre per Overwatch nessuno sembra avergli dato troppa importanza facendo dello sparatutto Blizzard uno dei titoli di maggior successo dell'ultimo anno.
Per For Honor invece l'idea della campagna è parte integrante del progetto stesso: la modalità storia è nata insieme al gioco con l'obiettivo di consegnare ai giocatori una buona trama e un gameplay raffinato accompagnato da un'intelligenza artificiale degna di questo nome, anche se poi a livello di sviluppo lavorare alle varie modalità multiplayer e al bilanciamento ha portato via alla software house la maggior parte del tempo. "Uno dei ruoli della campagna sarà introdurre il giocatore al mondo di For Honor, alla storia delle sue tre fazioni e agli eventi che le hanno portato in guerra tra di loro, ma d'altro canto ha anche il compito di insegnare le meccaniche di gameplay e a usare alcuni eroi". A questo proposito abbiamo chiesto a Damien Kieken quanto sia stato difficile lavorare su una nuova proprietà intellettuale senza avere in copertina un protagonista principale al quale affidare anche la modalità storia, che invece dovrà esser giocata saltando da un eroe all'altro per esplorare con equilibrio ogni fazione. "Alla fine i nostri tre eroi sulla copertina sono diventati i nostri protagonisti principali perché sono i tre starter e sono quelli che secondo noi sono più facili da padroneggiare per i neofiti. Tuttavia For Honor propone 12 personaggi tutti egualmente importanti perché ognuno ha richiesto molto lavoro alle spalle per fare le animazioni e per caratterizzarli a dovere". Ritornando invece al multiplayer, che rimane comunque l'anima di For Honor, abbiamo chiuso la nostra intervista affrontando l'argomento eSport, un settore in costante espansione che potrebbe trovare un esponente estremamente originale nel titolo di Ubisoft Montreal. "Come software house noi pensiamo che non si possa presentare il proprio titolo sul mercato dicendo di essere un eSport: l'aspetto fondamentale è quello di fare un titolo competitivo che sia ben bilanciato, ben caratterizzato e sufficientemente complesso da lasciare aperte molte porte alla strategia per essere interpretato al meglio. Se la community vorrà che For Honor vada verso le competizioni e i tornei professionistici noi saremo ben felici di seguire questo desiderio con grande entusiasmo".