Rieccoci nuovamente per le vie della città dei sogni, intenti a proporvi un nuovo episodio di Racconti da Night City. Questa volta, seguiremo V durante un giro in macchina in compagnia di una ragazza conosciuta la sera prima in un locale.
Senza ulteriori indugi, vi presentiamo "Faith in Love", terzo episodio dei Racconti da Night City di Cyberpunk 2077.
Accadde una notte
Insomma, io e altre mie amiche uscimmo come ogni sabato per andare a sciogliere la tensione accumulata durante la settimana. Alle tre eravamo ancora in giro senza aver trovato un locale con gente decente con cui "intrattenersi".
A un certo punto, una delle ragazze del gruppo si fermò e indicò un club illuminato come pochi (e sai quanto piacciano le luci agli imprenditori di Night City), con una fila immensa che girava l'angolo. Non ricordo neanche più come si chiamasse; credo abbia chiuso i battenti diversi anni fa: troppo esclusivo. Si poteva capire dal tipo di persone che avevano il diritto di saltare la fila, accolte e riverite dai buttafuori come se fossero una sorta di divinità.
Ovviamente, sapevo bene che non ci avrebbero fatto entrare; non facevamo parte del gruppo di chi lascia una scia di eddie al suo passaggio.
Dissi subito alle altre ragazze di lasciare perdere, ma una di loro non mi ascoltò e ci disse di seguirla "come se credeste di essere migliori di chi è in fila". Non ero affatto convinta, ma dato che le altre erano già partite all'attacco, mi misi in coda.
L'omone che stava davanti alla porta ci squadrò per qualche secondo, poi indicò me e un'altra, facendoci segno di venire avanti. Si fece da parte e ci lasciò passare. Mentre la porta si richiudeva alle nostre spalle, vidi il buttafuori cacciare le altre. Quella che aveva avuto l'idea, infuriata come una iena, arrivò addirittura a sputargli contro, mentre le ragazze la trattenevano. Credo che se non l'avessero fermata, quel colosso ne sarebbe uscito sconfitto. Non voglio osare immaginare cosa avrebbe fatto a me. Infatti, non l'ho più rivista da quella sera; l'ho evitata come la peste.
A ogni modo, il locale non era un granché. Musica scadente, drink leggeri dai nomi impronunciabili e una marea di sfigati dalla mano lunga.
Ero seduta al lounge bar, quando qualcuno iniziò a parlarmi. Si trovava qualche posto più in là, ben vestito e, soprattutto, giovane, a differenza della rivincita della vecchiaia che si stava scatenando sulla pista da ballo a suon di femori in cromo e dentiere d'avorio.
Sembrava uno a posto, così iniziai a dargli corda. Dopo qualche drink, si voltò verso la balera alle nostre spalle e fece una battuta. Non ricordo di preciso cosa disse (qualcosa riguardo l'invitarmi a ballare e lo stridio del metallo delle protesi), ma mi fece molto ridere. Così, mi chiese se volevo andare a fare un giro della città con lui, nella sua auto. Premetto che non avevo idea di chi fosse all'epoca, ma ero rimasta colpita dal suo modo di porsi, quindi accettai.
Mentre andavamo verso l'uscita, provai a cercare con lo sguardo l'amica che era riuscita a entrare insieme a me. La vidi di sfuggita. Era avvinghiata a una di quelle mummie agghindate a festa.
Si sposarono dopo una settimana. L'anno dopo, lui era sottoterra, mentre lei sorseggiava gin a bordo del suo yacht. Aveva ereditato tutto, fino all'ultimo eddie. Chiamala stupida! Io, invece, stavo per fare la conoscenza di una leggenda. Non so se sia stata più fortunata io o lei (probabilmente lei, almeno non ha rischiato la vita).
Night City by night
La sua macchina lo stava già aspettando fuori. Era un'auto di quelle che non si comprano lavorando tutto il giorno dietro un bancone.
Non mi feci troppe domande riguardo la sua condizione economica. All'epoca ero molto più impulsiva. Un uomo che non conosco affatto, incontrato in un locale di lusso, mi chiede di fare un giro della città alle prime luci dell'alba a bordo della sua costosissima auto? Al diavolo, ci sto!
Mi aprì la portiera come un vero galantuomo, poi raggiunse il posto di guida e partimmo.
Il locale si trovava al centro. Le strada era illuminata dalle mille insegne che coprivano i palazzi della città. Aveva appena smesso di piovere. Le gocce d'acqua colavano ancora dal finestrino, il che creava un meraviglioso miscuglio di colori. Questa è una delle cose che ho sempre amato di Night City: le luci che si legano all'acqua. Sono veramente le due anime della città.
Intravedendo il cielo al di là dei palazzi, riuscii a capire che era già l'alba. Una notte passata alla ricerca di qualcosa che stava cominciando proprio alla fine di essa.
Chiesi se fosse un problema andare in giro con me a quest'ora del mattino. Pensai che, magari, non si fosse accorto dell'orario. Ovviamente, per lui non era assolutamente un problema. Anzi, mi ringraziò per aver accettato di fare un giro in sua compagnia. Raccontò che solitamente le persone non erano molto propense a passare del tempo con lui senza fare niente e senza volere nulla in cambio.
I semafori rossi illuminavano i nostri volti mentre chiacchieravamo del più e del meno. Era visibilmente rilassato e sereno. All'inizio pensai che quella cosa che mi aveva detto riguardo le persone fosse solo un modo per intenerirmi, ma sembrava effettivamente interessato solo a passare un po' di tempo con qualcuno senza pensare a nulla. Non sapendo ancora chi fosse, la cosa mi colpì molto. Probabilmente era l'unico ragazzo che, a notte fonda, cercava solo un po' di amichevole compagnia.
Silenzio
Lasciò parlare praticamente solo me. Stava lì, mentre guidava, ad ascoltare le mie inutili e poco avvincenti storie riguardanti un lavoro da commessa che avevo lasciato qualche mese prima, le notti insonni passate a guardare i programmi più inutili della televisione, i diversi ristoranti da evitare a Kabuki.
C'erano anche momenti di silenzio, ma non uno di quei silenzi imbarazzanti. Solo una quiete pura, che raramente si può trovare tra le vie di Night City.
Rimasi ipnotizzata dalla città che scorreva fuori dal finestrino. Era così dinamica, mutevole, eppure appariva morta, sterile. Ci trovavamo in quel momento particolare del mattino durante il quale le strade sono praticamente deserte; è ancora troppo presto sia per vedere la gente andare a lavoro che per assistere agli "animali notturni" che fanno ritorno alle loro tane. Era bellissimo. Cosa?! No, parlo della città. Però sì, anche lui aveva il suo fascino.
Ho iniziato ad "apprezzarlo" quando abbiamo lasciato le buie vie del centro per dirigerci verso North Oak. Usciti da un sottopassaggio, il sole ha acceso il suo volto; i suoi abiti brillavano. Senza distogliere gli occhi dalla strada, allungò la mano e prese un paio di occhiali da sole.
In quel momento, mi sono completamente sciolta sul sedile. Era proprio un figo! E non voleva neanche saltarmi addosso. Capii che sarebbe stato difficile trovare qualcun altro come lui. Sembrava troppo bello per essere vero. Io, una ragazza qualunque, che incontro un uomo come V. Un vero sogno, no? E, infatti, mi sono svegliata ben presto da questo "sogno", per trovarmi catapultata in una sorta di incubo.
Quella pazza mattina a North Oak
Ormai il sole era alto, e noi stavamo salendo con lui. La nostra destinazione non era il cielo, ma le colline di North Oak. Mentre percorrevamo le lunghe strade ondulate della periferia, provai a chiedergli qualcosa sulla sua vita: come passasse le giornate, quali fossero i suoi interessi, perché avesse tutti quei soldi (non avevo peli sulla lingua, da giovane). Ma lui sviava sempre in modo estremamente capace, facendomi dimenticare all'istante quale fosse la domanda che gli avevo appena posto. C'è anche da dire che la strada portava la mente da tutt'altra parte.
Il momento che preferivo di più era quando la città si trovava sullo stesso lato del guidatore, così avevo una scusa per guardare verso di lui e squadrarlo come una maniaca.
Durante uno dei tanti momenti di intenso silenzio, V mi chiese se io veramente non lo conoscessi. Risposi che non avevo idea di chi fosse e che non mi interessavo molto spesso della vita di star e personaggi famosi; preferivo ridere delle disgrazie altrui, non invidiare le possibilità di chi stava messo meglio di me. All'epoca, ero poco più che ventenne, abitavo in un appartamento squallido e vivevo di studio e lavori part-time. Preferivo preservare ciò che avevo ottenuto con tanta fatica, piuttosto che sognare una vita troppo lontana dai miei standard.
Dopo la mia risposta, V rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi chiese di tornare a parlare di quella volta che avevo saltato il turno di lavoro perché il tacco della scarpa era rimasto incastrato nella protesi di un veterano di guerra che faceva l'elemosina a un lato della strada.
A un tratto, svoltò verso un largo spiazzo. Si fermò e spense il motore. Davanti a noi si estendeva tutta la città, fino all'oceano. Si potevano distinguere i vari quartieri come se i loro confini fossero stati delineati con un'accetta. Era tutto così tranquillo.
Mi voltai verso V. Aveva tolto gli occhiali da sole e aveva posizionato le braccia sul volante, con il mento poggiato su di esse; lo sguardo fisso in direzione della città. In quel momento, si aprì con me per la prima volta.
Sai, amo questa città. Amo i suoi colori, i suoi rumori, perfino gli odori... ma, a volte, vorrei vederla bruciare. Da qui sembra un luogo desolato, dal quale la vita se ne è andata da molto tempo. Però, una volta che ti avvicini a essa, i suoi abitanti, gusci vuoti di un'esistenza perduta, ti assalgono e rubano fino all'ultimo goccio della tua vitalità. In effetti, la visione che se ne ha da lontano non è sbagliata. Questa città è veramente un pozzo senza vita.
Lo guardavo con interesse, ma anche con aria confusa. Sembrava effettivamente distrutto dalle opportunità che Night City gli aveva concesso. Si voltò verso di me, poggiando la guancia sulle mani adagiate intorno al volante.
Poi, però, incontro persone come te. E allora non so cosa pensare. Perché tutto ciò che c'è di buono e spontaneo in questa città è così nascosto? Perché non riesce a emergere da questo groviglio infernale? Tu sei l'unico motivo, al momento, per cui non farei saltare in aria questa fogna. Non è rimasto più nessuno a cui tenga; solo individui vuoti, avidi. Ti ho incontrato poche ore fa, eppure sei la cosa migliore che mi sia capitato di vedere in questa città da mesi. Sei l'unico spiraglio di vita che è riuscito a emergere da queste tenebre.
Scherzosamente, gli chiesi se fosse ciò che diceva a tutte le ragazze che portava lì. Lui, ancora con la guancia sul dorso delle mani appoggiate al volante, scosse leggermente la testa.
Sinceramente, non me ne fregava più di tanto, perché mi stava fissando con lo sguardo più tenero che avessi mai visto.
Si voltò nuovamente verso la città. In quel momento pensai: "Eh, no! Basta con questi dilemmi filosofici!". Così, misi lentamente la mano sulla sua guancia destra e lo spinsi a girarsi verso di me. C'era evidentemente una certa attrazione nell'aria. Mi avvicinai sempre di più al suo viso. Le nostre labbra stavano per incontrarsi, quando una raffica di proiettili colpì il retro della macchina.
V mise le braccia intorno alla mia testa e mi disse di stare giù. Accese il motore e fece rapidamente retromarcia.
Sentii dei forti tonfi tutt'intorno, poi vidi con la coda dell'occhio un uomo rotolare sopra il parabrezza e scomparire oltre il cofano. Iniziai a capire perché V era così riservato riguardo la sua vita.
Giù dalla collina
Ero terrorizzata. Non mi ero mai trovata al centro di una sparatoria. In quel momento, mi crollò il mondo addosso. Chi era quell'uomo con cui stavo scappando da dei pazzi armati fino ai denti?
Mi sentivo proprio una stupida. Mi ero invaghita di un tipo qualunque incontrato in un locale a notte fonda. Pensai di essere caduta proprio in basso.
Chiesi a V chi fossero gli uomini che ci inseguivano. Mi rispose che probabilmente erano "persone a cui non andava a genio". Lo guardai con uno sguardo d'ira pura. Lui lo notò. Oh, se lo notò. Penso che ebbe il timore di avere un'altra minaccia seduta proprio di fianco a lui. In quel momento disse che, una volta seminati quegli assassini, mi avrebbe spiegato la situazione in cui mi aveva catapultato.
Andavamo veloci, molto veloci. Però, almeno, V sapeva guidare; come un pazzo furioso, ma sapeva guidare.
Intanto, quegli uomini continuavano a trivellarci di colpi. Delle fiamme iniziarono a uscire dai lati della macchina. Per evitare alcune automobili, V falciò addirittura uno o due pali della luce. Nonostante tutte le manovre elusive per cercare di far perdere le nostre tracce, quei maledetti ci stavano ancora addosso.
Di colpo, V mi urlò di reggermi. Non sapevo minimamente cosa stesse per fare, dato che avevo la testa bassa per evitare di essere colpita da qualche proiettile vagante. Il rumore delle ruote sull'asfalto svanì improvvisamente. Per qualche secondo, si sentì solo il vento colpire l'auto a grande velocità.
Il mio corpo si alzò senza che io glielo ordinassi. Poi vidi. Stavamo precipitando dalla collina. Non ebbi neanche il tempo di gridare. L'auto fece un grande tonfo quando atterrò. Mi ricordo ancora il colpo di frusta dell'impatto. Mi fece male il collo per una settimana.
V non attese neanche un secondo. Si assicurò che stessi bene e poi ripartì. Miracolosamente, la macchina camminava ancora. Guardò nello specchietto retrovisore e mi disse che li avevamo seminati. Lo guardai, incredula. Possibile che pensasse l'avrebbero seguito giù dal dirupo? Non chiesi. Rimasi in silenzio, con le braccia conserte, l'aria spaventata e il volto rivolto verso il finestrino.
Dopo qualche minuto, gli chiesi di fermare l'auto. Lui mi rispose che non era sicuro e che era meglio che mi riaccompagnasse a casa. Ricordo di avergli detto che doveva essere pazzo se pensava che gli avrei fatto vedere dove abitavo.
Stavamo facendo dei giri a vuoto tra le vie del quartiere industriale, quando V iniziò a raccontarmi delle cose riguardanti il suo passato. Mi parlò della sua origine da nomade (questo spiegava l'abilità alla guida); di come avesse iniziato a farsi un nome con i combattimenti clandestini e di quella volta che mandò in blackout la città per un'intera giornata; ma anche di come aveva scalato i ranghi dell'Afterlife, di come fu accolto dalle leggende che lo abitavano e di come molti di questi ultimi erano morti o scappati dalla città, lasciandolo da solo.
Non riusciva ad andarsene; era come intrappolato nella sua rete di opportunità e violenza. Per lui non c'era via di fuga, eppure non era molto più grande di me. Qualche anno bastò a trasformare la città e la sua vita. Ciò che credeva essere il suo destino si tramutò nella sua galera.
Iniziai a rilassarmi un po'. Gli dissi di portarmi al mio appartamento, che si trovava a Glen. Le strade avevano iniziato a popolarsi. Di conseguenza, la nostra auto, tutta ammaccata e fumante, attirava l'attenzione di molti passanti.
Arrivammo a casa mia dopo pochi minuti. Scesi dalla macchina senza dire una parola. Andai verso la porta, ma sentii il rumore dell'auto che faticava a mettersi in moto. Non so se per caso o perché V aveva fatto in modo che ciò accadesse, ma l'auto si piantò proprio nel parcheggio davanti al mio portone.
Mi voltai e guardai mentre V tentava di far partire l'auto. Scese e iniziò a scrutare la macchina come se la fonte del problema fosse nascosta chissà dove. Devo ammettere che risi un po' nel vederlo ispezionare minuziosamente la macchina. Ovviamente, stava ironizzando sull'accaduto.
Come un'ingenua alle prime armi, già dimenticatami della disavventura vissuta solo pochi istanti prima, gli parlai. Forse, sapere con chi avevo a che fare mi faceva sentire più al sicuro. O forse ero solo frastornata.
A ogni modo, gli dissi di lasciare l'auto lì, tanto non gliel'avrebbe rubata nessuno in quelle condizioni, e di salire. V mi sorrise e accettò con un cenno del capo. Potete facilmente immaginare cosa sia successo dopo.
Mi risvegliai nel tardo pomeriggio. Il letto era vuoto. V se ne era andato. Mi alzai e andai in cucina per bere. Notai che sulla bacheca digitale c'era scritto qualcosa.
Non lasciare che questa città rubi anche la tua di spontaneità. Il mondo ne ha troppo bisogno.
Non lo vidi mai più. Forse, alla fin fine, non era così diverso da tutti gli altri. Tanto valeva andare col vecchio. Almeno ora starei sorseggiando un gin tonic su una bella spiaggia. Invece, sono ancora in questo groviglio decadente.
C'è, però, qualcosa che V mi ha lasciato: la disillusione.
Qui si conclude anche il terzo episodio dei Racconti da Night City di Cyberpunk 2077. Speriamo che questa storia sia stata di vostro gradimento.
Vi aspettiamo nei commenti per conoscere i vostri pareri e qual è, secondo voi, la canzone che dà il titolo all'articolo.