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Diario del Capitano

DIARIO di La Redazione   —   05/04/2003

Diario del Capitano

Dopo aver saltato due appuntamenti sabatini con il Diario, mi presento oggi con un argomento piuttosto logoro e sul quale si sono sprecati fiumi di parole senza peraltro mai venirne a capo con un'idea definitiva e precisa.
Non è mia intenzione risolvere questo eterno conflitto tra bene e male oggi ma vorrei aggiungere un'ulteriore riflessione nata lo scorso fine settimana quando, per motivi personali, ho avuto l'opportunità di visitare alcuni centri commerciali austriaci specializzati in elettronica e in intrattenimento.
L'argomento trito, che ho largamente anticipato nell'introduzione qui sopra, non è altro che l'annosa questione della "pirateria, videogiochi e prezzi".
Parlando con le persone tre motivazioni emergono chiare e forti a proposito del mancato acquisto e della preferenza del prodotto copiato/scaricato: primo, i prezzi troppo alti; secondo, il valore percepito del videogiochi troppo basso; terzo, il mancato senso di colpa derivante dall'atto illegale della copia.
Il paragone più utilizzato (in negativo) è quello dei cd audio, sebbene i due prodotti si differenzino per molti aspetti.

Fatte queste doverose premesse, osservate queste foto scattate dal sottoscritto in un centro commerciale austriaco qualunque nel reparto videogiochi pc: #I1,2# Guardate bene le due foto qui sopra, perchè usufruirò della loro testimonianza per portare avanti la mia tesi che vuole spalmare un po' di responsabilità ad ogni livello del sistema italiano dei videogiochi: alla SIAE, allo Stato, al tessuto commerciale italiano, ai clienti finali.
Senza parlare troppo di SIAE, che con i videogiochi ha avuto sempre un rapporto d'amore platonico a distanza costellato da puntini di ignoranza, parlerei subito dell'atteggiamento dello Stato. Da anni è invocata l'IVA al 4% (anzichè al 20%) sui prodotti multimediali, così come lo è per i libri, e lo Stato ha sempre risposto picche. In compenso il ministro Stanca per l'innovazione tecnologica promuove l'incentivo per la rottamazione dei pc della gioventù regalando 150€ ai sedicenni che vorranno comprarsi un computer nuovo di pacca. Invece di incentivare l'acquisto del software, lo stato incentiva l'acquisto dell'hardware, continuando a riempire le case di pc pieni di sistemi operativi copiati, programmi masterizzati e giochi pirata.

Poi vorrei parlare dei clienti finali, la cui ignoranza delle leggi di tutela dei diritti d'autore, mascherata da una sorta di principio di Robin Hood egoistico (rubo ai ricchi per dare a me stesso), giustifica qualsiasi atto di pirateria: copia della copia della copia, mistificazione della legge che "autorizzerebbe una copia di back-up" - che viene regolarmente utilizzata per altri scopi, e spesso l'originale è misteriosamente andato distrutto -, file sharing, crack, warez e chi più ne ha più ne metta.
Il parossismo assoluto lo si è raggiunto con l'Xbox, in cui ci sono persone disponibili a spender soldi per far arrivare chip di modifica da un lontano paese del Sud Est Asiatico, per modificare una macchina (primo atto illegale) per poter leggere film scaricati (secondo atto illegale) di dubbia qualità (atto discutibile sotto ogni profilo) e vederseli sulla televisione.
A questi clienti non clienti, dovremmo dedicare un corso di educazione all'acquisto e al rispetto dei diritti. Non voglio fare il bacchettone sulla questione copia, ma gli eccessi mi sono sempre andati stretti.

Infine giungo all'anello di congiunzione tra i produttori di videogiochi e i clienti finali (e mi riallaccio alle foto di cui sopra): tutte le aziende, a partire dai publisher presenti in Italia e dai distributori esclusivisti, dovrebbero approcciare ad un nuovo metodo di distribuzione, più flessibile con i negozianti e più incisivo con la grande distribuzione (mi riferisco a Auchan, Mediaworld e co).
Signori, sarebbe stato impossibile, da cliente austriaco qualunque, entrare nel reparto videogiochi ripreso in parte nelle istantanee, e uscirne a mani vuote. Al diavolo il prezzo, al diavolo il gioco copiato. Il meccanismo del collezionismo passa anche per la soddisfazione della vista e del tatto: ogni tipo di giochi impilato perfettamente in quantità abbondanti, classifiche aggiornate, offerte speciali, punti di prova, gadget, magazzino assortito. Cerchi un gioco recente? C'è. Vuoi vedere la scatola della versione Platinum del grande successo dello scorso anno. C'è anche quella. In Italia, se ci fosse un impegno concreto dei publisher e dei distributori, si potrebbe premere su due fattori: disponibilità di magazzino nei negozi specializzati (il cui assortimento è invece appeso sempre al filo del "day one") e professionalità/competenza nei centri della grande distribuzione (caratteristica invece assolutamente latitante - ho visto cose in Italia che voi umani non potreste nemmeno immaginare).
E allora, signori distributori, publisher e grossisti, togliete i vostri magazzini in cui i giochi si impilano e ammuffiscono da sotto i vostri piedi, fate girare i neuroni commerciali, fate iniziative, date fiducia ai negozianti e sarete ricompensati.

Per ultimo un piccolo esame di coscienza lo dovremmo fare anche noi giornalisti, che abbiamo l'obbligo morale di dedicarci maggiormente alla pirateria come espressione di ignoranza e a denunciare situazioni di eccesso o difetto in giro per l'Italia. E anche su questo, lo vedrete sempre più nelle prossime settimane, Multiplayer.it ha fatto una scelta precisa. Ma di questa scelta parlerò sabato prossimo.

Chiudo citando un passaggio di un'intervista del fu Amministratore Delegato di Microids, Fabrizio Vagliasindi, rilasciata all'inizio del 2002 poco prima di allontanarsi dal publisher francese e poco dopo il lancio dell'AESVI, un'associazione tra aziende di settore il cui scopo sarebbe tutelare il settore stesso (ma sui cui risultati nutro ancora oggi alcune riserve):

"La strategia più efficace combina un'azione preventiva ad una repressiva. Sul tema della pirateria infatti in internet si può rilevare una grandissima disinformazione, relativamente alla quale anche i publisher hanno una certa responsabilità per carenza di comunicazione verso gli utenti. Non è infatti infrequente leggere assurde ricette basate sull'abbattimento dei costi dei videogiochi o sulla irrilevanza della pirateria domestica. In realtà nessuno si sognerebbe di affermare che se una Mercedes costasse 5 milioni nessuno la ruberebbe, per l'evidente assurdità dell'ipotesi. Il problema di fondo è che la Proprietà Intellettuale non è abbastanza valorizzata e la gente tendenzialmente non capisce la differenza di valore tra ciò che è contenuto sul supporto e il supporto stesso. Per questo è così importante informare e sensibilizzare l'opinione pubblica. Dal punto di vista della repressione invece l'AESVI si sta orientando a seguire il modello dei "secret shoppers" di Microsoft. L'utilizzo di compratori civetta ha infatti il duplice vantaggio di permettere la raccolta di prove certe sugli abusi commessi e di seminare un certo panico tra i contraffattori che pensano di farla sempre franca."
Ce n'è ancora di strada da fare.

Andrea Pucci, editore Multiplayer Network