Diario del capitano
Ho iniziato a leggere da qualche giorno un nuovo libro, comprato a sconto in uno di quei tipici mercatini natalizi che è stato possibile trovare in giro fino alla scorsa settimana. Raramente riesco a trovare qualche buona occasione nelle bancarelle "Tutto a mille lire" (ohps, volevo dire a 1 euro), perchè i libri che hanno la sfortuna di finirci sono di solito lo scarto dei fondi di magazzino. Invece, appassionato come sono di biografie aziendali tipo "Storia del successo di...", la mia attenzione è stata catturata dall'autobiografia dei fondatori della Ben & Jerry's, nota azienda di gelati artigianali americana, famosa negli USA quasi quanto l'Algida in Italia, anche se con un tipo di gelato decisamente diverso. Fin dai miei primi studi, non tanto quelli universitari quanto quelli personali, qua e là ho trovato citazioni sull'originalità di questi gelatai, e aver trovato addirittura una biografia in italiano della storia di questa azienda USA mi ha praticamente obbligato a fare mio il libro (se qualcuno, incuriosito, volesse procurarselo il titolo è "Ben & Jerry's" ed è edito dalla Baldini&Castoldi). Cosa ha di originale questa grande catena di gelaterie nata nel 1978 e sviluppatasi lungo tutti gli Stati Uniti con oltre 130 punti vendita e 160 milioni di dollari di fatturato? Ha di originale di non essere mai scesa a compromessi nel modo di fare le cose. I due fondatori, assolutamente dei pazzi scatenati (in senso bonario), hanno sempre deciso a modo loro, considerando una sola cosa: il bene dei loro clienti. La Ben & Jerry's si è infatti distinta negli anni per le sue campagne di sensibilizzazione sociale, non fatte tanto per fare, ma perchè ci credeva veramente. La concretezza di questa filosofia la si può anche osservare dal fatto che la sede storica della società è rimasta nel Vermont, uno dei territori più freddi degli Stati Uniti, così come gli azionisti, tutti cittadini dello stato del Vermont. Questi particolari lasciano pensare almeno che non c'è un solo modo giusto di procedere, ma c'è ne è uno per ogni persona, se ci crede fino in fondo.
Prima di chiudere, voglio dedicare due righe per dare un consiglio alla General Trade, società di distribuzione di giocattoli e altro, che aveva catturato la mia attenzione in televisione, con quella campagna pubblicitaria televisiva plurimiliardaria piuttosto "giocosa" in cui un buffo testimonial con braccine e gambine tipo il nostro Mr. M, annunciava festoso "General Trade: un mondo di giochi!". Oggi mi sono finalmente ricordato di andare a visitare il sito internet suggerito nello spot, curioso di capire cosa potesse mai essere. Mi sono imbattuto in un sito (a questo punto fondamentale per chiunque avesse visto lo spot, dato che è l'unico modo per capire qualcosa) in cui per arrivare fino in fondo bisogna caricare 1,5 mb di animazioni in Flash, il cui risultato finale non lascia nemmeno troppo soddisfatti, perchè scarno di contenuti. Mi chiedo: perchè spendere tanti soldi e poi perdersi in questo punto fondamentale? Se fossi stato in redazione, probabilmente non mi sarei accorto della pesantezza del sito, ma essendo in casa, con la mia tradizionale linea analogica, la mia voglia di conoscere la General Trade è stata messa a dura prova da più di cinque minuti in attesa (con successiva delusione del risultato). Meditate gente, meditate.