Diario del capitano
Due parole vanno assolutamente dette a proposito di quel gruppetto di giovani intraprendenti che negli ultimi mesi hanno messo a soqquadro un sacco di siti istituzionali di un certo calibro come quello della FAO, del Senato, dell'ANSA nonchè qualche puntatina all'estero presso website messicani, cinesi e americani. Ispirati dai fatti di Genova e del G8, con vaghe tendenze no global, e mossi quindi da un senso di sfida e non da fini commerciali, quello che questi italiani hanno dimostrato è, sicuramente, che per essere dei validi pirati informatici non bisogna essere per forza nati in Finlandia o a nord di New York. Se vi ricordate, di questo fatto, ovvero dell'arretratezza culturale informatica delle generazioni post Italian Crackdown, ne avevo già parlato tempo fa, indicando nei fatti del 1994 un punto di svolta negativo nel processo italiano di crescita tecnologica. Con questo non voglio trovare un fondo di "giustizia" ad azioni che rimangono comunque illegali, ma non riesco ad esprimere solo dissenso. In fondo, anche il finanziere intervistato ha dichiarato la "speranza di portarli dalla nostra parte", ovvero di realizzare il più tradizionale dei salti di barricata: da pirata a cacciatore di pirati. Chiudo con la frase scritta dai ragazzi su uno dei loro attacchi più famosi, quello al server dell'Agenzia di Stampa ANSA:
"Noi colpiamo perché lottiamo contro la cattiva informazione, non siamo né terroristi né ragazzi stupidi che non sanno quel che fanno. Forse siamo cresciuti in fretta, ma siamo curiosi. È un crimine essere interessati ad apprendere?"