Diario del Capitano
Sono Moore, la Legge di Moore.
Mi immagino ancora quando, nel 1964, Gordon Moore (co-fondatore di una allora piccola azienda produttrice di memorie: la Intel) decise di uscire con la sua ormai celeberrima sparata: poteva essere una festicciola tra amici, magari il compleanno del figlio o la festa d’anniversario di qualche caro amico. Fatto sta che il nostro Gordon doveva sentirsi abbastanza a disagio tra tutta quella gente che poco sembrava interessarsi a lui, timido ingegnere tutto occhiali e cervello. Ecco quindi, in un impeto di coraggio, che decise di uscire con una sparata fuori da ogni logica pensando, magari, “così li stupisco tutti con l’intuizione del secolo o, quantomeno, si mettono a ridere per la mia battuta”. La cosa, evidentemente, andò ben oltre e - anzi - i colleghi di lavoro avranno cominciato a prenderlo in giro citando, tra una pausa caffè e l’altra la famigerata legge di Moore: “la velocità dei processori raddoppia ogni 18 mesi”.
La cosa mi è venuta in mente ieri sera leggendo i primi pettegolezzi riguardo una nuova Road-map di Intel che vedrebbe, nel 2005, uscire dagli stabilimenti i primi Pentium a 10 Ghz. M’è venuta in mente perché in effetti la legge di Moore, checché ne dicano i produttori di hardware o le loro campagne pubblicitarie, non esiste. O meglio, non è vera.
Innanzi tutto perché la vera enunciazione parlava di un raddoppio della densità dei transistor sui chip ogni dodici mesi (quindi non compariva il concetto di velocità così come il periodo di raddoppio era minore) e poi perché, secondo gli ultimi studi, attualmente il vero raddoppio nella potenza di calcolo dei computer avviene “solo” ogni 30 mesi.
Ma il discorso poi è un altro: pensate che bello se si potesse applicare la Legge di Moore, invece che alla potenza dell’hardware, all’efficienza del codice scritto dai programmatori. Pensate che bello.
Paolo Matrascia, responsabile editoriale area PC.