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Killer 7

“Sangue, bestemmie, pazzia”. E se un produttore vi definisse così il suo gioco?

ANTEPRIMA di Michele Maria Lamberti   —   07/03/2005
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All you Need is Blood

Il pacifista John Lennon probabilmente si sta rivoltando nella tomba per la “leggera” reinterpretazione di una delle sue frasi più famose. Ma, avranno pensato i simpatici produttori giapponesi, tant’è…
Se il gioco in quanto tale sembra aver preso una forma definitiva addirittura solo nell’ultima decina di mesi, elementi di solito di contorno ma che per Killer 7 rischiano di diventare l’attrazione principale (trama, regia, stile grafico) sono invece sempre stati malati, deliranti e granitici nella testa, evidentemente malata e delirante anche quella, di Suda e Kobayashi; potete cominciare a farvi un’idea sulla cosa leggendo la nostra precedente anteprima, che risale a poco più di un anno fa. Le premesse narrative e le caratteristiche dei personaggi/personalità sono sempre le stesse nelle ultime dichiarazioni di Kobayashi e, grazie al magico mondo dell’ipertestualità, non è il caso di ripeterci; possiamo dunque dedicarci anima e corpo a quello che Kobayashi ha deciso finalmente di mostrare (ma non ancora di far giocare…) del gameplay. Lo stesso producer definisce il gioco un “Action Adventure post moderno”, e se sul post moderno ci ritorneremo tra poco, la classificazione ci pare abbastanza giustificata. Nei panni di una delle sette personalità di Harman Smith ci troveremo impegnati ad esplorare diversi ambienti, far strage di nemici e risolvere di tanto in tanto degli enigmi; niente di sconvolgente a prima vista, ma le peculiarità sono tante. In primo luogo la storia delle sette personalità del buon Harman (che il simpatico correttore di Word si ostina a voler correggere in Barman. Però, un barman psicopatico che conduce una doppia vita, quasi quasi andiamo a proporre l’idea a Capcom…): ognuna di esse ha caratteristiche differenti che si riflettono sul modo di giocare che dovremo adottare, e che sono più o meno utili a seconda della particolare fase di gioco. Potremo quindi assumere una nuova personalità ogni volta che lo riteniamo più opportuno, e il meccanismo è lo stesso, il paragone è di Kobayashi in persona, che in un qualsiasi FPS ci permette di passare da un’arma ad un’altra. In alcuni casi saremo però costretti a cambiare personalità: stiamo parlando della “morte” di una di queste; le sette personalità corrispondono dunque a sette personaggi, sette armi, sette stili differenti di giocare e alle sette vite che avremo a disposizione per terminare il gioco. In realtà però c’è una personalità, quella di Garcian Smith, che ha la possibilità di “ricomporre” i suoi colleghi passati a miglior vita; la morte non è definitiva, del resto stiamo pur sempre parlando di un videogioco.

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Got Blood?

L’esplorazione non è libera, ma consiste semplicemente nel premere un pulsante per far avanzare il personaggio secondo un pattern predefinito, il che rende semplicissimo il gameplay (era uno degli obiettivi del team di sviluppo, che voleva che il giocatore fosse subito catturato senza mediazioni di sorta) e permette inquadrature altamente improbabili e suggestive. Esistono ovviamente i bivi, giunti in prossimità dei quali potremo decidere la direzione da prendere. I vari ambienti in cui ci muoveremo pullulano di nemici, e questo era da attendersi; dovremo però prima individuarli, dopodiché avremo la facoltà di passare ad una visuale in prima persona per far sfoggio delle nostre abilità belliche. Il sistema è simile a quello visto in Resident Evil 4, dove, da fermi, con lo stick sinistro puntiamo il nemico; avremo differenti risultati a seconda della zona colpita perché certi punti daranno luogo a spargimenti di sangue maggiori e, come vampiri virtuali, il sangue è proprio quello che ci serve per upgradare le nostre caratteristiche. Ed ecco spiegato anche l’”All you need is blood” di prima… Le armi sono diverse e caratteristiche per ogni personalità; non solo da fuoco, nei filmati più recenti possiamo individuare i pericolosi shuriken dei ninja. Inoltre sono presenti diverse azioni speciali e letali: una sulla quale Kobayashi si è soffermato con una certa soddisfazione è la capacità di Kaede Smith, la leggiadra e indifesa ragazza del gruppo, di tagliarsi le vene riversando sui malcapitati nemici quantità enormi di sangue letale! Non per niente parlavamo di delirio, prima…
Completano il quadro gli enigmi, che non si distaccheranno più di tanto da quelli classici che propone il genere, fatta eccezione per la totale, e voluta, illogicità di alcuni di essi (non nella loro risoluzione, ma riguardo al contesto) e la presenza di un aiuto, un “fantasma” che per ogni suo servigio ci richiederà un non meglio precisato prezzo. Visti i precedenti, siamo pronti al peggio…

Killer 7
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A metà tra Lynch e Tarantino

Se finalmente abbiamo un’idea un po’ più precisa di quello a cui andremo incontro giocando a Killer 7, dobbiamo integrare le nostre vecchie considerazioni sullo stile e l’atmosfera generale che si respira nel gioco, perché i nuovi filmati e le dichiarazioni del team di sviluppo ci permettono di andare ben oltre i termini “noir” e “violento” genericamente usati fino ad ora. Innanzitutto sembra esserci una certa componente horror nel gioco, che sconfina nel gore e in un certo ironico, compiaciuto sadismo da cui derivano le due simpatiche parafrasi che abbiamo usato come titolo dei due paragrafi precedenti. “All you need is blood” e “Got blood?” (“Got milk?” è la preoccupata domanda di ogni mamma anglofona che si rispetti) compaiono nei video come parte integrante delle stesse fasi di gioco. La struttura così singolare rappresentata in maniera ancora più strana (le stesse stanze sembrano ognuna una sorta di “frammento” di un mondo forse virtuale piuttosto che luoghi fisici rassicurantemente tangibili), lo stile in cel shading utilizzato, la concezione stessa del gioco (parlavamo prima dell’estraneità degli enigmi rispetto al contesto), la trama, le scelte sonore, tutto contribuisce a creare un’aria di completa dissonanza. Nulla sembra essere coerente, il mondo di gioco è rappresentato un po’ come una realtà virtuale, un po’ come un sogno confuso o semplicemente come la realtà vista però attraverso gli occhi di un pazzo… Sinceramente non è paragonabile a nulla che si sia mai visto non solo nei videogiochi, ma anche nel cinema, nei cartoni o nei fumetti, che sono certamente tutte fonti d’ispirazione per il team; non dobbiamo dimenticare che Killer 7 è nato, almeno a voler dar retta a Kobayashi, attorno ad un’idea “stilistica” sulla quale poi è stato costruito il gioco, piuttosto che il contrario. Ed è proprio per questo che il gameplay risulta, a prima vista, così semplice, rischiando di diventare un “contorno” rispetto all’ingrediente principale. Altro motivo di preoccupazione sono i continui ritardi, più che per la qualità del gioco, per la data d’uscita che ora si sposta all’Estate piena in Giappone, di conseguenza da noi sarà ancora più tarda, quando cioè l’attenzione per le nuove console dopo l’E3 sarà più alta che mai. Killer 7 rischia quindi, per le circostanze di sviluppo ma anche per sua stessa vocazione, di restare un incompreso in un panorama di solito estremamente prevedibile. Ma si tratta veramente di un difetto?
Intanto, il primo obiettivo è pienamente raggiunto, quello di incuriosirci. Vedremo dunque, quest’Estate nelle due versioni GameCube e PlayStation 2; la versione giapponese sarà doppiata in Inglese, e quindi già perfettamente giocabile per chi ha una buona conoscenza della lingua di Shakespeare. Alla prossima, sperando che, questa volta, sia la recensione…

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Probabilmente vi trovereste di fronte a Hiroyuki Kobayashi e al suo Killer 7, titolo del quale si parla ormai da anni senza aver mai capito bene di cosa si tratti esattamente; il team infatti, generosissimo di screenshot e filmati vari, prima di un evento svoltosi poco tempo fa (e in concomitanza all’annuncio di un ulteriore ritardo dell’uscita) non aveva mai mostrato fasi di gioco con una chiarezza sufficiente a rendere un’idea decente della sua struttura. Il perché ce lo spiega lo stesso Kobayashi: "Mr. Suda (Goichi Suda, forse meglio conosciuto come Suda 51 dei Grasshopper Studios è il designer del titolo) aveva così tante idee diverse sulla direzione da far prendere al gioco, che in realtà noi non avevamo niente da mostrare a tutti voi". Sarà per questo che la data d’uscita ha visto tanti ritardi, ed in effetti Kobayashi va avanti dicendo che il gioco ha subito un drastico cambiamento dall’ultimo E3 e che quindi la scelta di mostrare poco e niente dell’impianto di gioco si è rivelata saggia.