The Fastest Game on Earth
Credo che grazie al nome in copertina il gioco in questione non abbia bisogno di presentazioni o spiegazioni particolari. Tutto si risolve con uno stadio del ghiaccio, due squadre del campionato nazionale americano di hockey (o due squadre nazionali), cinque giocatori armati di stecca più un portiere per squadra e un disco (o puck, che dir si voglia) da rincorrere, colpire e infilare nella rete avversaria, il tutto condito con una notevole dose di contatto fisico. Fin qui le componenti fondamentali dello sport come lo possiamo seguire anche dal vivo, e questo è il momento in cui entra in scena l’operato di EA Sports, che trasforma la realtà da reale in virtuale tramite animazioni al limite del maniacale realizzate con l’ormai famoso metodo del motion capture, l’importante consulenza di un giocatore professionista quale Jarome Iginla e le ricostruzioni dei visi e delle fattezze di più di 100 giocatori professionisti.
Il gioco, come ogni serie sportiva della software house canadese si struttura tramite il solito menu di partita singola, Season completa, Playoffs, opzioni e la nuova feature delle NHL Cards di cui parlerò più avanti. I parametri modificabili scegliendo di giocare una partita sono, come sempre, un’infinità e spaziano dalla tenuta di gioco della squadra (sono presenti le originali maglie da casa, da trasferta e le alternate) al sistema di cambio delle linee nel corso del gioco (da automatico a manuale, tutto in funzione dell’esperienza sul campo del giocatore). Come nelle serie precedenti, anche in questo capitolo è possibile disattivare le regole del gioco, chi si avvicina per la prima volta ad un gioco di hockey potrebbe difatti avere difficoltà a capire il funzionamento di penalità quali l’icing o quella della linea blu; allo stesso modo è possibile, tramite una barra, limitare la severità dell’arbitro in caso di falli e spintoni e la probabilità di far scoppiare una vera e propria rissa (elemento che spiccava nelle versioni a sedici bit ma che ha perso, e perde tuttora, sempre più fascino nelle versioni recenti).
Stabilite le linee e le regole è possibile cominciare a giocare. La componente di deja-vu per chi ha già giocato produzioni del genere è senza dubbio notevole, stesse accelerazioni, stessi movimenti, stesse sensazioni nel portare avanti il puck, scaricare al centro e colpirlo al volo segnando quella che potrebbe essere la rete della vittoria e quindi fin qui tutto bene, soprattutto ripensando ai più recenti capitoli, curatissimi dal punto di vista della grafica ma che sembravano completamente dimenticare che NHL significa giocabilità allo stato puro (in riferimento guardare i capitoli dal ’98 al 2002). Un’innovazione importante introdotta anche in questa serie EA è la presenza del tasto riservato al “Dynamic Deke Control”, controllo dinamico della stecca appunto, che permette di eseguire (in termini altamente teorici, prendete con le pinze questa affermazione) gli stessi “trick” che eseguono i giocatori professionisti quando per esempio lasciano passare sotto le gambe il puck e se lo portano avanti colpendolo col fondo dei pattini oppure quando spostano la stecca sull’esterno dell’avversario e lo aggirano. Tutte queste “evoluzioni” danno adito ad altri due punti di innovazione: la Game Breaker Zone e le NHL Cards.
La prima è sostanzialmente rappresentata da una barra: tanto più noi ci produciamo in numeri da circo tanto lei si riempie e a barra completa tramite pressione dell’introvabile tasto Z potremo attivare nient’altro che un classicissimo slow motion e, sempre ammesso che ci siano le capacità, compiere azioni da applausi a scena aperta. Ma se fino ad ora la prima innovazione (Dynamic Deke) era sopportabile se usata con parsimonia e sulla seconda (Game Breaker) si storceva il naso davanti alla effettiva poca utilità, la terza è quella che fa traboccare il vaso: portando a termine particolari prove nel corso della gara (si parte dalle basilari come eseguire due passaggi in fila fino ad arrivare a compiere azioni degne del miglior Holiday on Ice) ci vengono assegnati dei punti a fine partita; con questi punti possiamo comprare dei veri e propri pacchetti di figurine virtuali riguardanti l’NHL, e fin qui (come diceva Kassovitz) tutto bene, la pecca sta nel fatto che queste figurine potranno essere utilizzate nel corso del gioco per minare certe capacità dei giocatori. So di non essere stato chiaro per nulla quindi ne farò un esempio di vita vissuta: è mia abitudine prendere la squadra degli Anaheim che hanno come unica punta di diamante il buon Paul Kariya; se il mio avversario possiede la figurina di Kariya e la gioca in puro stile Magic contro di me il mio giocatore per esempio non potrà correre veloce per un tempo. Insomma, quando NHL incontra un GdR, con risultati oserei dire disastrosi…
Altra opzione del gioco è rappresentata dall’editor del giocatore: i parametri modificabili variano dal tipo di casco alla mano dominante e si concludono con la solita (ma purtroppo non limitata) determinazione delle qualità di gioco.
Trapped under Ice
Prerogative della serie di NHL son sempre state realismo, velocità e animazioni e anche questo 2003 non esula dalla regola. Su di un impianto di gioco veloce, fluido e senza cali di frame si fondono perfettamente le realizzazioni dei giocatori con movenze e reazioni che fanno tornare subito alla mente lo sport giocato; Motion Capture, dicevamo prima, realizzato con l’aiuto di due giocatori professionisti e perfezionato (così come l’IA) dalla supervisione di un campione come Iginla. All’ottima realizzazione degli stadi si contrappone (anche questa è ormai purtroppo una regola) una scarsa, scarsissima realizzazione del pubblico sugli spalti che quando non è inquadrato dà l’idea di finto, posticcio, mentre quando è protagonista in prima linea di scenette quali ad esempio l’esultanza post-Hat Trick si distacca completamente da quella che è la realizzazione grafica dell’intero gioco.
Come ogni produzione EA uno degli aspetti più curati è il sonoro; sull’ormai grandiosa e collaudata telecronaca in stile americano si innestano musiche del filone rock-punk americano con nomi importanti quali Papa Roach e Queens of the Stone Age a riempire le pause tra i periodi e le interruzioni di gioco.
Commento
Concludendo, dopo le opache prove degli anni scorsi, non si può che restare soddisfatti e ben sperare per quello che sarà l’avvenire di questa serie. Un gioco adatto sia ai neofiti dello sport che agli ormai esperti e navigati piccoli allenatori di Hockey grazie soprattutto alla grossa possibilità di customizzazione dei parametri di gioco. Ad una rinata fusione tra realizzazione grafica e pura giocabilità vanno però affiancate alcune novità non del tutto consone (ma totalmente evitabili dal giocatore) allo stile del gioco.
E ora vogliate scusarmi, è tempo di rimettere i pattini, ho una stagione che mi aspetta, un pubblico da accontentare e Forsberg da far segnare…
Pro
- E’ tornato NHL
- Giocabilità alle stelle
- Realizzazione grafica certosina
- NHL Cards
- Poche innovazioni, e le poche pure banali per un gioco di hockey
- Ma questo pubblico lo vogliamo far bene o no?!
Per una volta nella vita voglio cominciare a scrivere, a raccontarvi di un gioco in una maniera leggermente differente, non lascerò che una serie apparentemente convulsa di caratteri si insinui nella vostra testa tentando di convincervi subliminalmente che il gioco taldeitali sia un prodotto degno di acquisto o che rappresenti il tipico gioco destinato alla vita da scaffale; no, questa volta lo dirò subito e chiaro, io vado pazzo per l’Hockey made in Electronic Arts, un amore nato dal lontano 1993 quando una cartuccia nera e gialla entrò nel mio Mega- Drive.
Dopo un’uscita del genere vorrei però anche tranquillizzarvi sulla riuscita della recensione, non diventerà (spero) un teatrino dei complimenti, il feticismo per lo sport in questione mi ha donato anche una certa vena critica e vedrò di utilizzarla a modo. Cominciamo…