DLP vs LCoS
Forse non tutti sanno che, appena dietro l’angolo, esiste una tecnologia chiamata DLP, timido acronimo del ben più potente “Digital Light Processing” technology. Questa tecnologia, sviluppata dalla Texas Instruments ben 19 anni fa, è rimasta all’ombra del CRT per molti anni, in compagnia dei ben più celebri cristalli liquidi, anch’essa utilizzata solo in campi particolari e nello specifico nei proiettori. Il funzionamento è piuttosto semplice, almeno nei termini in cui lo possiamo trattare in queste pagine. La luce viene processata da un chip e sparata attraverso un determinato numero di microspecchi che, proprio come nella tecnologia a cristalli liquidi, dosano l’intensità del raggio proiettato. Negli ultimi modelli sono stati inseriti tre chip, ognuno dei quali destinato a uno dei tre colori primari. Grazie a questo accorgimento ogni colore può essere modulato indipendentemente e senza interruzioni garantendo una sensibile riduzione delle interferenze video, fattore che in precedenza ha rappresentato il maggior difetto di questa tecnologia. Ovviamente la tecnologia DLP, basandosi sulla proiezione luminosa, condivide in buona parte i problemi dell'LCD, ovvero la mancanza di neri autentici e la presenza, osservando a distanza ravvicinata, di una sottile griglia in corrispondenza delle linee di separazione tra un microspecchio e l’altro. D’altro canto la luminosità dei DLP è impareggiabile, garantita da una lampada decisamente potente che vede la sua luminosità amplificata prima da un prisma e poi dagli stessi microspecchi che la regolano.
un contrasto che arriva all’incredibile valore di 15000:1
DLP vs LCoS
La tecnologia DLP è impiegata anche nei retroproiettori, campo in cui sopravvive grazie alla sua recente evoluzione e alla capacità di garantire un’immagine estremamente stabile a 1080p (1900x1080). L’evoluzione a cui ho appena accennato si chiama LCoS (Liquid Crystal on Silicon) ed è figlio illegittimo ma comprovato della tecnologia DLP. Tre chip al silicio tappezzati di cristalli liquidi garantiscono una riduzione degli elevati costi di produzione, un guadagno nella definizione e un contrasto che arriva all’incredibile valore di 15000:1 nel proiettore Sony SXRD che utilizza un’ulteriore variante della tecnologia LCoS e a sua volta figlia illegittima della tecnologia DLP. Il corrispettivo a retroproiezione è il Sony Grand Wega, un mostro da settanta pollici reperibile a circa 4000 dollari.
Hai un monitor in tasca o sei contento di vedermi?
Da tempo nell’ambiente tecnologico si sente spesso il termine OLED (Organic Light Emitting Diode), termine che indica una tecnologia video basata sui polimeri organici. Per capire di cosa stiamo parlando è bene, prima di tutto, chiarire che organico non si riferisce in nessun modo ad alcun fluido o tessuto vivente, bensì fa riferimento al semplice carbonio che, almeno nella porzione d’universo che ci riguarda, sta alla base di ogni forma di vita. Il funzionamento della tecnologia OLED è piuttosto banale. Come nel caso degli schermi al plasma il materiale che compone lo schermo viene sollecitato attraverso una differenza di potenziale. La differenza macroscopica sta nella capacità dei polimeri organici di illuminarsi e quindi viene eliminata la necessità di una fonte luminosa e l’elemento che consacra definitivamente l’unicità della tecnologia OLED è la solidità del materiale che compone lo schermo. Per spiegare cosa comporta quanto ho appena scritto è bene esprimersi in termini pratici: uno schermo OLED è composto da una pellicola trasparente, due strati conduttori infinitesimali (uno per parte) e tre strati di polimeri organici il che ammonta a uno spessore di circa 300 nanometri. Si tratta di una misura decisamente inferiore allo spessore di un capello che, in una struttura estremamente semplice composta da materiali decisamente simili alla plastica, permette di piegare letteralmente lo schermo.
Si tratta di una misura decisamente inferiore allo spessore di un capello
Hai un monitor in tasca o sei contento di vedermi?
Nonostante sia una tecnologia ancora acerba diversi dispositivi portatili utilizzano la tecnologia OLED che garantisce basso consumo e riduzione di peso ma siamo ancora ben lontani dagli obiettivi prefissati. Esistono già schermi OLED che arrivano fino a 40 pollici e che mostrano quanto può essere precisa in termini di immagine e resa del colore una tecnologia basata su elementi solidi in grado di emettere luce. Eppure questi schermi soffrono di un problema non indifferente che riguarda la longevità dei polimeri la quale si aggira intorno alle 5000 ore. Decisamente poche per uno schermo televisivo o per un monitor ma una recente scoperta relativa alla composizione chimica dei polimeri dovrebbe incrementare la loro longevità di ben quattro volte. Anche le promesse fantascientifiche hanno subito una piccola frenata. Gli schermi OLED sono infatti resistenti e malleabili ma sono estremamente vulnerabili all’umidità, fattore che richiede l’impiego di risorse per garantire involucri ermetici.
Da Automan a Star Trek: l'impossibile prende forma
Gli ologrammi esistono da tempo. Ogni giorno li osserviamo sulla nostra copia di Windows (ebbene si, io ce l’ho), sulla carta di credito, sulle marche da bollo next generation e su una sempre più ampia gamma di prodotti. Si tratta di immagini olografiche vere e proprie, immagini dotate di profondità illusoria ma allo stesso tempo incontestabile. In termini prettamente concettuali si arriva facilmente dagli esperimenti visti nei concerti, agli spettacoli d’avanguardia, ai quadri in tre dimensioni fino ai monitor olografici, per quanto il termine "facilmente" non sia il più calzante. Si tratta di un salto breve, eppure anche un piccolo passo diventa difficile considerando l’apparato necessario per ottenere ologrammi di qualità accettabile. L’ologramma si basa infatti sulla stampa di immagini “anomale” ovvero ottenute causando un’interferenza sulla frequenza luminosa. Per far si che queste interferenze “emergano” creando l’illusione olografica è poi necessario irrorarle con una luce coerente, ovvero una luce diretta e in fase che sia in grado di mantenere la massima integrità dalla fonte fino all’immagine che deve colpire. In poche parole un laser. Nonostante le difficoltà con l’utilizzo di proiettori, teli e luci particolari alcuni parenti degli ologrammi sono entrati di prepotenza nel teatro moderno, negli spettacoli d’avanguardia e nei concerti delle band più celebri, ma si tratta di eventi mirati, realizzati ad hoc, spesso coadiuvati da trucchi ed escamotage, mentre per il mercato dell’entertainment è necessario giungere ad una standardizzazione del formato olografico, sia nei metodi di produzione, sia nella rappresentazione a video.
Si tratta di un monitor in grado di proiettare l’immagine nell’aria
Da Automan a Star Trek: l'impossibile prende forma
Al lavoro su questa tecnologia, oltre agli instancabili e onnipresenti ricercatori del Mit di Boston, si contano numerose compagnie, per lo più asiatiche, che operano nei modi più disparati. Qualcuno ricrea l’immagine utilizzando supporti sospesi, altri si affidano all’illusione e alcuni hanno ottenuto risultati apprezzabili ma con immagini statiche, oppure incerti con quelle in movimento, perché il problema principale, anche per permettere il testing di queste tecnologie, è avere contenuti olografici che invece latitano. Un segnale positivo piuttosto recente viene proprio da società che si occupano di sviluppare contenuti, scritte e pubblicità tridimensionali che, in forma statica, sono presenti già da qualche tempo nelle fiere dedicate alla tecnologia.
Siamo ancora in alto mare ma è un mare che non sta mai fermo. Infatti, in un campo piuttosto simile, qualche mese fa è comparso l’
Non resta che stare a vedere, perchè non è detto che il prossimo televisore che compreremo sia un normale HDTV. Ammesso che qualcuno si sia già abituato a considerare "normale" un display LCD o Plasma da migliaia d'euro con risoluzioni fino a 1080p.
Nelle pagine di multiplayer abbiamo trattato il passato e il presente della tecnologia video, eppure il tempo che meglio si adatta all’ambiente tecnologico è senz’altro il futuro, e il futuro delle tecnologie video non può fare a meno di tre elementi: definizione, portabilità, immersività. Ma quello di cui parliamo oggi è un futuro piuttosto particolare che ci pone davanti ad una vetusta tecnologia ancora non sfruttata e al paradosso di tecnologie esistenti che hanno ispirato un film di fantascienza come Minority Report.