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Robot in Guerra

Tredici anni dopo l’uscita del primo episodio su GameBoy, la serie di Super Robot Wars continua a essere protagonista delle classifiche di vendita giapponesi. Analizziamo insieme i motivi di questo successo targato Banpresto…

APPROFONDIMENTO di Tommaso Pugliese   —   11/03/2004

Unire tutti gli appassionati

Bandai detiene i diritti di sfruttamento della quasi totalità degli anime giapponesi. Un genere, in particolare, ha sempre portato ottimi introiti a questa compagnia, soprattutto per quanto concerne la produzione di giocattoli, e mi riferisco naturalmente al filone robotico. Da quando Go Nagai si ritrovò bloccato nel traffico e immaginò di poter pilotare un robot gigantesco per non avere più di quei problemi, i cartoni animati hanno conosciuto una svolta che ne ha influenzato le caratteristiche per trent’anni. Da una parte Mazinger Z è stato il primo robot gigante pilotato direttamente da una persona, dall’altra Getter Robo è stato il primo robot trasformabile della storia degli anime. Entrambi i prodotti hanno dato vita a decine di serie analoghe, quasi sempre contraddistinte dalla medesima struttura: i nemici mandano un enorme mostro a portare distruzione nel mondo (in Giappone, in particolare…) e il robot di turno deve distruggerlo utilizzando le proprie armi. Grossomodo, si tratta di un plot narrativo comune a numerosissimi show televisivi, sia nel campo degli anime che in quello cinematografico, con l’unica differenza di gestire l’ovvia ripetitività di fondo in modo diverso di volta in volta.
Tornando al discorso di partenza, un tie-in tratto da una serie animata robotica può contare sull’ascendente che i personaggi del cartone hanno sul pubblico degli appassionati. Sony ha fatto lo stesso ragionamento, quando ha messo in cantiere un film dal budget milionario dedicato a Spider-Man: l’obiettivo era sì quello di dare ai fan del personaggio una trasposizione di qualità, ma anche di conquistare chi in precedenza ignorava completamente l’esistenza di un super eroe dotato dei poteri proporzionali di un ragno. Obiettivo raggiunto con successo, a quanto pare: il film di Spider-Man ha fatto conquistare ai comics Marvel una nuova popolarità e ha promosso le vendite di action figure, videogame e gadget vari su licenza. Ora, qual’è la mossa migliore per realizzare un tie-in di successo contando sulla popolarità di un personaggio, in questo caso un robot gigante? Mettere nello stesso videogame un altro robot gigante, che vanta un proprio seguito di fan. E magari un altro ancora. Una decina tutti insieme, addirittura. Proprio come ha fatto Banpresto per Super Robot Wars.
L’esperimento ha importanti precedenti storici, soprattutto nel campo dei fumetti: negli anni ’70, i crossover tra personaggi appartenenti a diverse case editrici facevano furore. I vari “Superman contro l’Uomo Ragno” colpivano l’immaginario collettivo, con un confronto tra supereroi diversi che scatenava grandi emozioni, soprattutto nella mente dei fan più incalliti. Non è un caso che l’esperimento, pur gravato di innumerevoli costrizioni “burocratiche”, si sia ripetuto nel tempo e sia arrivato ai giorni nostri, diffondendosi anche nel campo cinematografico: vedi “Freddy vs Jason”, ultimo brillante esempio di crossover, o anche l’imminente “Alien vs Predator”.

Robot in Guerra
Robot in Guerra

I magnifici sette

Tenendo conto soprattutto della popolarità della relativa serie animata, i robot appaiono più o meno spesso nei vari Super Robot Wars. Negli anni ci sono state apparizioni sporadiche ma anche tante costanti. Vediamo quali…

Mazinger Z
Una vera istituzione in Super Robot Wars, e del resto non poteva essere altrimenti. Discretamente potente, soprattutto nei primi livelli (quando, cioè, gli altri robot forti non sono ancora disponibili), si contraddistingue soprattutto per l’ottima resistenza agli attacchi. Non a caso è fatto di Superlega Z!
La sua arma più efficace è sicuramente il Breast Fire (tradotto in Italia come “Raggio Termico”), e nei giochi viene sempre accompagnato dal fido Boss Borot e da Aphrodite, che sono stati concepiti come unità di supporto (il primo può ricaricare l’energia spirituale, la seconda ripara i danni). Naturalmente anche il cugino Great Mazinger lo accompagna in battaglia, con qualche chance in più di cavarsela contro gli avversari più duri.

Getter Robo
Il primo robot trasformabile della storia, anche se Go Nagai si era probabilmente fatto un acido quando ne ha posto le basi logiche (le sue trasformazioni sono assolutamente impossibili da riprodurre nella realtà, infatti), nel gioco compare spesso fin dall’inizio. Il suo inserimento è interessante perché si tratta dell’unico robot che viene sostituito due volte da un modello migliore, e nell’ultima incarnazione (Shin Getter Robo) vanta una potenza straordinaria: un punto fermo, quando c’è da combattere nemici molto resistenti.

Gundam RX-78
Protagonista dell’omonima serie televisiva, il Gundam modello RX-78 compare fin dal principio in ogni episodio di Super Robot Wars. Rappresentante del cosiddetti “Real Robot”, ovvero robot più agili e precisi ma contraddistinti da una scarsa resistenza e da una potenza di fuoco imparagonabile a quella dei “Super Robot”, il mobile suit bianco si rende utile nei primi livelli per poi essere sostituito da modelli più potenti. In SRW compaiono sempre anche i “parenti” dell’RX-78, ovvero lo Z Gundam, lo ZZ Gundam e tutti i mobile suit annessi.

Com-Battler V
Famosissimo in Giappone, molto meno noto in Italia, Com-Battler V è un evoluto discendente di Getter Robo: il robot, infatti, viene formato dall’unione di cinque diversi veicoli. Dotato di armi numerose quanto improbabili (ad esempio gli yo-yo magnetici…), il Com-Battler spesso compare dopo qualche livello e rimane fino alla fine, visto che può contribuire al successo delle missioni grazie alle sue armi finali.

Goshogun
Ribattezzato in Italia “Gotrinitron”, questo robot è piuttosto famoso in Giappone ma non da noi. Nel gioco è discretamente utile all’inizio ma inaffidabile nei livelli finali, in cui le sue armi sono incapaci di fare gran danno agli avversari più ostici. Spesso e volentieri si comporta da “nomade”, scomparendo alla fine di alcune missioni per poi tornare.

Dancouga
Famosissimo in Giappone (onestamente non capisco il perché…), completamente sconosciuto in Italia, Dancouga è un robot trasformabile piuttosto brutto e senza armi particolarmente potenti. Nel gioco è lento e vanta una “mira” scarsa, ma risulta utile in qualche occasione.

Daitarn 3
Molto popolare sia in Giappone che in Italia (soprattutto grazie all’ottima sigla italiana di Vince Tempera – altro che quella orrenda lagna dell’originale…), si tratta di uno dei robot più grossi e potenti presenti in SRW. Disponibile nelle sue tre trasformazioni, è una delle pedine fondamentali per il completamento del gioco, grazie al potentissimo Attacco Solare (o “Sun Attack”, che dir si voglia).

L’idea e la forma

Esattamente come in un flashback dal sapore cinematografico, per la serie Super Robot Wars tutto è cominciato in bianco e nero, per la precisione sul ridotto display monocromatico del GameBoy. Banpresto, divisione Bandai dedicata anch’essa alla produzione di giocattoli ma soprattutto allo sviluppo di videogame su licenza, decide di recuperare gli anime robotici degli anni ’70, trasformandone i personaggi in pedine di un semplice gioco di strategia a turni. Su di una mappa divisa in caselle, dunque, prende vita una guerra virtuale tra i difensori della pace e i loro più acerrimi nemici, aggregatisi per sferrare un attacco micidiale. Al giocatore è permesso muovere i propri personaggi e poi lasciare la parola alla CPU, che farà altrettanto. Nel momento in cui due “pedine” si trovano a portata di attacco, la visuale cambia drasticamente, mostrando il combattimento dei due robot in una sequenza precalcolata, i cui esiti variano a seconda della situazione. A differenza di quanto accadeva nella maggior parte degli anime, però, in Super Robot Wars i robot sono tutt’altro che invincibili: ognuno di essi vanta caratteristiche peculiari, spostando l’ago sulla potenza e sulla resistenza oppure sulla velocità e la precisione, ma tutti possono essere distrutti. È dunque assolutamente necessario pianificare una strategia d’attacco che tenga conto del numero delle forze in campo, delle capacità dei robot alleati e nemici, della presenza o meno di unità di supporto. Il primo Super Robot Wars mette in campo tutti questi elementi, pur con l’ingenuità e la macchinosità proprie di quello che è un “primo episodio”, destinato a evolversi in modo eccezionale già dalla seconda uscita.
Non potendo riprodurre in modo fedele i robot in quello che era nato come un prodotto ricco di richiami per gli appassionati di vecchia data, e che dunque contava molto sull’estetica, gli sviluppatori Bandai decidono di ricorrere alla rappresentazione “super deformed”, ovvero disegnare i vari Mazinger Z, Getter Robo, Gundam e via dicendo con delle proporzioni ridicole: testa enorme, corpo piccolo e tozzo. L’idea viene accolta in modo entusiastico, tanto che a tutt’oggi si conta un solo episodio della serie Super Robot Wars che vanti una rappresentazione “realistica” dei personaggi.
Il primo Super Robot Wars era probabilmente troppo giapponese, troppo macchinoso e troppo poco colorato per conquistare una grande fetta di pubblico. Ma vantava un’idea di base dannatamente buona, che nel giro di pochi anni avrebbe conquistato anche negli USA e in Europa. Le prime avvisaglie dell’evoluzione del gioco si sono viste con gli episodi 2 (NES), 3 ed EX (SNES, quest’ultimo una sorta di “update” rispetto alla terza uscita): gli sviluppatori hanno variato interfaccia, velocità degli scontri, quantità delle animazioni, numero dei robot coinvolti e relative caratteristiche. Si è fatta netta la distinzione tra “Super Robot” e “Real Robot”, che nella serie contraddistinguono i robot più pesanti e potenti da quelli più piccoli e rapidi, e sono stati introdotti personaggi appositamente creati da Banpresto per affiancare i protagonisti classici dei cartoni animati robotici. Nel gioco, portare a termine una missione si traduce in un ritorno economico, da investire per potenziare i propri robot per quanto riguarda le abilità “fisiche” (resistenza, agilità, energia, ecc.) e la potenza delle armi.
È con il quarto episodio, però, che si raggiunge il momentaneo apice: un enorme numero di robot presenti, tantissimi livelli di gioco e una meccanica ormai consolidata, che successivamente sarà modificata solo in modo lieve per aumentare la fruibilità della serie anche ai non appassionati e/o nostalgici.
Super Robot Wars 4 esce nel 1995 per SNES, ma a distanza di qualche anno fa nuovamente parlare di sé su internet: con il diffondersi degli emulatori delle console a 16 bit, infatti, il gioco viene riscoperto da tantissime persone, che grazie a esso si appassionano alla serie Banpresto tanto da seguirne gli sviluppi su PSone. Contraddistinto dal disegno realistico dei robot e dalla presenza di personaggi assenti in tutte le altre produzioni (Gaiking e Trider G7 su tutti), il primo SRW a debuttare sulla console a 32 bit di Sony non incontra un grande successo e non viene granché considerato dai fan della saga. Dunque gli sviluppatori correggono il tiro e tornano al classico: nuovamente robot super-deformed e la stessa meccanica di sempre per Super Robot Wars F e Super Robot Wars F Final, due episodi che costituiscono un unico prodotto (l’uno è il “seguito” dell’altro) pur potendo essere giocati in modo distinto. Si tratta anche dei capitoli contraddistinti dalla maggiore difficoltà, per la presenza di numerosi boss dall’energia quasi infinita.

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L’evoluzione e le ripercussioni

I numerosi episodi di Super Robot Wars usciti sul portatile WonderSwan a cavallo del 2000 pongono le basi per il futuro della serie, che si palesa nell’uscita di Super Robot Wars Alpha e Super Robot Wars Alpha Gaiden per PSone. Questi due capitoli si contraddistinguono per la grafica maggiormente curata, per le animazioni molto più numerose e per la bassa difficoltà, scelta probabilmente dettata dall’intenzione di proporre la serie anche ai neofiti. Quasi in contemporanea, SRW arriva anche su GameBoy Advance con Super Robot Wars Advance e successivamente con altri tre episodi, tutti davvero validi sia per quanto riguarda il gameplay che la grafica. Uno, in particolare, si fa notare per la totale assenza di robot tratti dagli anime: mi riferisco a Super Robot Wars Original Generation, in cui il giocatore deve mettersi al comando unicamente dei personaggi originali creati da Banpresto per la serie. A livello tecnico il gioco è all’altezza degli altri, ma la mancanza dei vari Mazinger e Zanbot 3 è un duro colpo per l’appeal di un prodotto nato fondamentalmente per risvegliare i ricordi dei nostalgici.
Con più di trenta uscite dal 1991 ad oggi, Super Robot Wars ha affrontato alla grande il passaggio alle console della nuova generazione, nella fattispecie PlayStation 2: dopo un episodio “preparativo” (Super Robot Wars Impact), Banpresto ha dato vita a un prodotto eccezionale (Super Robot Wars Alpha 2) e si prepara a bissarne il successo con l’imminente Super Robot Wars MX.
Il successo di un prodotto come Super Robot Wars non poteva non influenzare i mercati a esso più strettamente correlati: quello degli anime, dei giocattoli e persino della musica. Dopo aver vissuto “di rendita” per qualche anno, i robot giapponesi classici avevano infatti perso il proprio fascino agli occhi degli appassionati, e lo strategico Banpresto ha avuto il merito di farli tornare in auge. Di più, c’è stato un rapporto molto stretto tra le produzioni animate e Super Robot Wars, tanto che remake recenti come Shin Getter Robo – The Last Day e Mazinkaiser sono stati partoriti proprio grazie a questa serie di videogame. La nuova giovinezza vissuta dai super robot ha convinto Bandai a produrre nuovamente dei giocattoli che ne riproducono le fattezze, approfittando dell’enorme evoluzione tecnica rispetto agli anni ’70 per realizzare dei piccoli capolavori in metallo pressofuso. Infine, i cantanti che hanno interpretato le sigle degli anime riproposti in SRW hanno goduto anch’essi di questo trionfale revival, producendosi in concerti-evento che avranno fatto scendere qualche lacrimuccia a chi da piccolo viveva di pane e Goldrake…

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Ancora prima di porre le basi per la creazione di un videogame, gli sviluppatori sono tenuti a scegliere se realizzare un prodotto originale oppure una trasposizione. Entrambe le scelte hanno pregi e difetti, naturalmente: un prodotto completamente originale dà piena libertà ai suoi creatori, che con un po’ di fortuna e capacità possono costruire qualcosa di davvero importante, magari un punto di riferimento per le produzioni future; chi realizza una trasposizione (sia essa ispirata a uno show televisivo, a un fumetto o a qualsiasi altro media), invece, parte da una base “collaudata” (i personaggi sono già conosciuti e – si suppone – apprezzati dal pubblico) ma ha un pesante fardello da rispettare, in quanto il videogame prodotto verrà sempre e comunque paragonato all’opera originale, anche nel caso in cui un confronto è improponibile. Quando si produce un tie-in (chiamiamoli così, d’ora in poi) si cerca di non prendere rischi, e ciò si traduce generalmente in gameplay fin troppo classici, nessuna innovazione e un risultato finale che spesso lascia a desiderare. Entro i confini di questo fin troppo semplicistico ragionamento, è anche vero che la strada da seguire per i tie-in non è una sola. Banpresto l’ha dimostrato diversi anni or sono, e ancora raccoglie i frutti della propria scelta.