Quando James Sunderland riceve la lettera di sua moglie, Mary, che lo invita a Silent Hill nel loro "posto speciale", non riesce a crederci. Ne ha tutte le ragioni, dal momento che Mary è morta tre anni prima. Diciamocela tutta, con ogni probabilità quella lettera non gli è mai arrivata. E forse quei tre anni non sono nemmeno trascorsi. E magari neanche quel posto che scruta dal belvedere, dove ha appena parcheggiato la sua Pontiac Ventura, quella città con la nebbia che ne mangia i confini, forse nemmeno quella esiste. È l'incertezza che rende perfetto l'incipit di Silent Hill 2. Il non detto, il dubbio.
Ne avevamo diversi anche noi, di dubbi, mentre viaggiavamo verso Tokyo, invitati da Konami. Per un evento dove, per la prima volta in assoluto, la stampa di tutto il mondo ha potuto provare la rivisitazione del cult Silent Hill 2 firmata Bloober Team. E con ben 5 ore di gioco dalla nostra, una piccola certezza l'abbiamo trovata: è quasi un peccato che il miglior Silent Hill dai tempi dei grandi classici sia un remake.
Team Silent e Bloober Team, un parallelo lungo 25 anni
C'è un parallelo che corre lungo 25 anni e attraversa tutto il mondo per collegare Giappone e Polonia, il famigerato Team Silent, responsabile della quadrilogia classica della saga di Konami, e Bloober Team, che si sta occupando del remake del secondo capitolo.
Nel 1999, dopo l'uscita del primo Silent Hill e l'abbandono di figure chiave come Keiichiro Toyama (director del gioco), Naoko Sato (monster designer che sarà la scrittrice di Forbidden Siren) e Isao Takahashi (background designer che sarà l'art director di Forbidden Siren), quello che fino a quel momento era stato un team di outsider, di talenti grezzi, aveva di colpo perso l'anima. Buona parte della direzione creativa del primo gioco, infatti, veniva dalla mente di Toyama. Il mistero che correva lungo le strade di Silent Hill, quell'atmosfera onirica che lo faceva sembrare un brutto sogno, arrivava dall'amore per il cinema e per la poetica di David Lynch. Come uno strappo, quell'addio improvviso e ingiustificato del director aveva azzerato l'energia creativa dei superstiti. Ma la situazione era ancora peggiore, perché ciò che restava del Team Silent aveva per le mani uno straordinario successo. Silent Hill aveva venduto bene, molto al di sopra delle aspettative di Konami, tanto che l'azienda aveva chiesto immediatamente di pensare a un sequel. Come potevano riuscirci, orfani della mente che aveva dato inizio a quella magia nera?
A tirarli fuori dai guai fu, ancora una volta, il talento di figure chiave come Masahiro Ito, Akira Yamaoka e Takayoshi Sato. Proprio quest'ultimo propose di adattare un classico della letteratura russa: Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij. Erano di nuovo un gruppo di fuoriclasse con tutto da dimostrare.
Bloober Team cerca questo stesso riscatto dal 2015, quando propose per la prima volta a Konami l'idea di realizzare un Silent Hill. Anche loro hanno tutto da dimostrare. Nonostante il buon successo di alcuni progetti che hanno firmato, come Layers of Fear e Observer, è stata proprio la loro collaborazione con Akira Yamaoka in The Medium che ha portato Motoi Okamoto, producer di Silent Hill 2, a prenderli sul serio nel 2019. Okamoto li invitò, insieme a un pool di altri sviluppatori, a Tokyo, dove fu chiesto loro di creare un pitch per un eventuale remake del secondo capitolo. Il resto, anche in questo caso, è storia. Due team alla ricerca del riscatto con lo stesso videogioco: Silent Hill 2.
Reimmaginare un cult
È sempre difficile pensare di rimaneggiare materiale di culto come Silent Hill 2. Per molti giocatori che lo hanno adorato nel 2001, quando è uscito, intervengono emozioni che poco hanno a che fare con la qualità del titolo e che piuttosto rimandano alla nostalgia. Inoltre Silent Hill 2 è una storia d'amore struggente, tragica e malinconica, che affonda le radici nel mito di Orfeo ed Euridice. È materiale pregiato, fragile da manipolare, perché si regge su un equilibrio veramente al millimetro. Nelle prime fasi del progetto, Bloober Team e Konami hanno spesso pensato di ricostruirlo dalle fondamenta e poi, grazie anche all'intervento di Masahiro Ito, si è arrivati a un compromesso: non un rifare, ma un ripensare. Un lavoro di stratificazione.
In effetti, i trailer che abbiamo visto fino a questo momento sembravano molto fedeli alla storia e alla regia, mentre parevano raccontare un titolo ben più orientato all'azione rispetto all'originale. È con questa grande paura che ci siamo seduti in postazione per le nostre 4 ore di prova previste, che poi sono diventate 5 perché, in tutta confidenza, il gioco stava piacendo così tanto a tutti che ci è stata concessa un'ora extra. Ci siamo seduti, dicevamo, con la paura di trovarci davanti a qualcosa che potesse tradire l'anima dei Silent Hill. E ci sbagliavamo.
La storia inizia nello stesso modo dell'originale. James Sunderland è un uomo tra i trenta e i quaranta, riceve una lettera da sua moglie, Mary, che lo invita a cercarla nel loro posto speciale a Silent Hill. Mary però è morta tre anni prima. James arriva al belvedere che sovrasta la città, entra in un bagno pubblico, si guarda allo specchio. Lunghe ombre gli si allungano sotto gli occhi. In quello sguardo riflesso c'è già, per chi conosce la storia, tutta la verità. In questo remake, James è stato un po' invecchiato rispetto all'originale, dove aveva appena 29 anni, per conferirgli l'aspetto di un uomo che ha sofferto. E questo dolore è percepibile.
L'introduzione è meravigliosamente dolente, e sentire quell'incipit dopo oltre vent'anni ci ha messo i brividi. "Nei miei sogni tormentati, vedo quella città: Silent Hill". Si inizia così: uno spiazzo tranquillo, totalmente desolato, gli alberi all'orizzonte che perdono le foglie. Sullo sfondo una cittadina mangiucchiata da una spessa nebbia bianca. Dal belvedere c'è un sentiero che porta fino in città passando per un piccolo cimitero, dove per la prima volta incontriamo Angela.
Le cose però differiscono in fretta dall'originale dove la lunghissima discesa verso Silent Hill ha tempi decisamente più dilatati. Una discesa negli inferi, fino al primo incontro con il mostro, la lying figure. Nel remake si è cercato di bilanciare meglio questo momento, aggiungendo una dimensione esplorativa alla prima sezione. Inoltre l'incontro con la creatura avviene in un altro contesto. Il sottopassaggio dove James affrontava il mostro nell'originale è presente, e avvicinandosi si attiva uno strano effetto "ricordo", sottolineato da una musica. Un evento misterioso che ci ha intrigato ma del quale non conosciamo ancora la natura. La sostanza però non cambia: James discende fino a Silent Hill dove incontra una creatura ostile ed è costretto ad affrontarla e a ucciderla a bastonate.
È il primo assaggio del nuovo sistema di combattimento, estremamente diverso dall'originale. Masahiro Ito ha sottolineato la volontà di ripensare completamente l'esperienza, per un risultato che fosse meno statico rispetto al gioco del 2001. In effetti ci troviamo davanti a un sistema molto fisico e dinamico, che prevede un tasto per schivare i colpi nemici. Tra l'altro è possibile anche che loro riescano a scansare i colpi di James, piegandosi e riposizionandosi. Pur non essendo perfetto, perché nelle zone chiuse la telecamera non è sempre all'altezza, si tratta di un sistema funzionale, che brilla per la capacità di restituire un feedback brutale dei colpi. E qui arriva la prima sorpresa del gioco, ovvero che quello che avevamo pensato vedendo i trailer non si avvera: nelle prime due ore si combatte poco e gli scontri sono talmente pericolosi che spesso si tende a evitarli. Proprio come nell'originale. Ciò che invece si fa in questo primo assaggio di Silent Hill è esplorare la città e risolvere puzzle.
Proprio in questo contesto ci rendiamo conto di un'altra eredità del vecchio titolo: la natura esplorativa un po' fittizia della città. Le direzioni in cui muoversi non sono molte e spesso le strade sono interrotte da spaccature nell'asfalto o da alte impalcature che impediscono il passaggio. Tutta la prima parte si gioca attorno alla riparazione del juke box del Bar Neely. Procedendo nell'indagine della città, arriveremo a scoprire come si è rotto e a trovare i componenti per rimetterlo in sesto. Questa era una delle volontà manifestate da Mateusz Lenart, lead designer del gioco presente all'evento: che ogni puzzle avesse un proprio senso narrativo. E si nota. Il lavoro fatto sui nuovi puzzle è forse l'aspetto che più ci ha colpiti nella nostra prova. Perché l'enigma è il perno della progressione.
Si potrebbe quasi dire che ogni sezione che abbiamo affrontato ruotava attorno a un puzzle e alla ricerca dei pezzi per risolverlo. Anche da questo punto di vista, la centralità del rompicapo e il filo che lega le sfide di ingegno e di esplorazione, ci ha riportato alla mente un certo modo di fare gli horror con un approccio che era tipico della serie nei primi capitoli. Bloober Team ha previsto anche dei livelli di difficoltà dei puzzle, che ne semplificano le meccaniche, per chi non voglia far fatica nel risolverli.
Manichini e testa di piramide
La sessione successiva ci vedeva attraversare i Wood Side Apartments, un edificio fatiscente e apparentemente disabitato, che i fan del titolo originale conoscono perfettamente, dal momento che rappresenta la vera prima sfida del gioco. Come nel 2001, è nei luoghi chiusi che Silent Hill 2 dà il suo meglio, perché tratta ogni stanza come fosse una sfida, a partire proprio dalla navigazione di questi spazi intricati, spesso collegati, chiusi o sbarrati e abitati da creature a cui è meglio fare attenzione. Ed è soprattutto in questi luoghi che l'orrore si fa più intimo e il buio diventa un nemico pericoloso.
Parliamo finalmente dell'elefante nella stanza: il remake di Silent Hill 2 è un videogioco che fa paura? Non proprio. Ma nemmeno l'originale ne faceva. O meglio, era un'esperienza capace di trasmettere una certa sensazione di malessere, di sporco, di disagio dell'anima, che qui in tutta sincerità è parecchio smorzata. Colpa di un immaginario ben più pulito rispetto alla grana grossa e grezza dell'originale. Ma questo remake è comunque un titolo in grado di evocare sensazioni forti, grazie anche al design dei mostri.
Ecco un aneddoto divertente avvenuto durante la sessione di prova. Tutti noi giornalisti eravamo molto coinvolti da ciò che succedeva sui nostri schermi, e le cuffie che avevamo in testa coprivano ogni rumore esterno, ma a un certo punto ci siamo tutti voltati verso un collega giapponese che si era preso uno spavento talmente grosso da urlare. Ci siamo fatti una risata e la tensione si è allentata subito. Probabilmente era stato colto di sorpresa da un mannequin, che ha la brutta tendenza a nascondersi dietro porte o colonne per aggredirti quando meno te lo aspetti.
Anche nel caso delle creature il lavoro è stato di allargamento, non di cambiamento. Specialmente in direzione di varianti e di intelligenza artificiale. Per esempio alcuni dei mostri ora hanno delle mutazioni che ne ampliano le capacità. C'è una versione della lying figure che, dopo essere stata tramortita, esplode in una pozza di acido verde e bisogna essere capaci di tenerla a distanza. Inoltre le creature affrontano in modo più intelligente il videogiocatore, nascondendosi, come fanno i mannequin per l'appunto, e seguendolo di soppiatto, per attaccarlo in modi imprevedibili. Durante la nostra prova è capitato che un mostro che pensavamo di esserci lasciati alle spalle, riuscisse a coglierci impreparati lanciandosi nella stanza spaccando la finestra, o strisciando dentro da qualche buco nel muro. Sono più pericolosi e agguerriti che in passato, ed è spesso una buona idea cercare di seminarli o passare inosservati, perché i colpi di arma da fuoco non sono mai abbastanza, e il combattimento corpo a corpo è efficace, ma espone quasi sempre al rischio di subire un colpo.
È impossibile non parlare del mostro per eccellenza. Quello che, suo malgrado, nonostante sia profondamente legato alla storia di Silent Hill 2, è diventato il simbolo della saga: Pyramid Head. Anche in questo caso si è scelto perlopiù di tenere invariato il design, sebbene con qualche cambiamento. Le mani per esempio, in questo remake sono molto più umane, con le dita ben separate a differenza di quelle della creatura che ci ricordavamo. La base di partenza per il design sono gli sketch che Ito aveva realizzato per una action figure targata Gekko, qualche anno fa.
Da amanti della saga è bello constatare che Pyramid Head ha mantenuto molte delle scene che lo hanno reso iconico: il primo incontro, attraverso le sbarre nei corridoi infiniti dei Wood Side Apartments, e anche la famosa scena dello "stupro" dei manichini, benché qui sia meno esplicita che nell'originale, mantiene l'essenza vouyeuristica che arriva direttamente da Velluto Blu di David Lynch. Pyramid Head è una creatura irresistibile, che assume un significato centrale nell'opera alla luce della rivelazione finale, e che anche in questo remake mantiene un fascino intatto. Alla fine della nostra prova, dopo aver esplorato i Blue Creek Apartments, abbiamo avuto anche modo di affrontarlo in battaglia, proprio come nell'originale. Il combattimento è stato meno claustrofobico di quello del 2001, che avveniva all'interno di una stanza veramente piccola. Ci è parsa una boss fight, se così possiamo definirla, più bilanciata e moderna. E siamo stati contenti del risultato.
Il nostro posto speciale
Quello su cui non avevamo alcun dubbio, e che si è confermata essere straordinaria, è ovviamente la nuova colonna sonora composta da Akira Yamaoka, un fuoriclasse anche nel riarrangiare vecchi pezzi. Quella di Silent Hill 2 era già una OST pressoché perfetta, grazie proprio al gusto raffinato e mai scontato del compositore giapponese.
In un'intervista concessa a Bokeh Studio (per il quale sta lavorando a Slitterhead insieme all'amico Toyama), Yamaoka ha detto che le sue musiche tendono sempre a creare un disallineamento tra ciò che viene mostrato sullo schermo e le sonorità scelte. In effetti è così: nonostante Silent Hill 2 sia un videogioco horror molto violento, brutale e decadente, l'accompagnamento sonoro vira spesso in un'altra direzione. È malinconico, dolce, profondamente dolente. Sa essere rumoroso e potente per accompagnare i segmenti più furiosi, ma le note che restano in mente ai giocatori sono quelle affrante del tema di Angela o di Laura. O la magnifica Promise.
Proprio Promise accompagnava l'indimenticabile anteprima dell'E3 2001 di Silent Hill 2, che è stata omaggiata dal nuovo trailer che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima alla fine della nostra sessione di gioco. Per la prima volta viene mostrato al pubblico Eddie (che abbiamo incontrato durante la nostra esplorazione) e anche la natura seduttiva di Maria, nonché il rapporto ambiguo che la lega con James e con Mary.
Nel trailer è anche concesso spazio alla sequenza di Angela che la vede confessare parte del motivo per cui si trova a Silent Hill, con un ultimo rimando a quello che probabilmente è il suo momento più noto e amato dai fan: la scalinata in fiamme. Nonostante il design dei personaggi continui a sembrarci a volte non del tutto centrato, è innegabile che il lavoro fatto a livello di scelte registiche e di fedeltà nella riproposizione di certe scene, sia in grado di catturare perfettamente le emozioni di vent'anni fa.
Alla fine di questa prova, aspettiamo l'8 ottobre con uno spirito totalmente diverso. Molti dei dubbi che avevamo si sono sciolti di fronte a un provato che ci ha convinti ed emozionati a più riprese, specialmente per la fedeltà concettuale, non solo all'opera di riferimento, ma proprio a tutta la produzione nipponica dei primi Silent Hill. Se la notizia, confermata da Bloober Team all'inizio dell'evento, che sono previsti ulteriori finali oltre a quelli presenti nel gioco originale ci preoccupava non poco, ora ci sentiamo abbastanza fiduciosi da concedere a questa produzione un vero e proprio atto di fede. Vogliamo capire quale altra direzione possa prendere una storia così amata e virtualmente intoccabile. Ci si rivede a ottobre, nel nostro posto speciale.
CERTEZZE
- L'esplorazione delle mappe è concettualmente fedele all'originale
- Il design dei nuovi puzzle ci ha ricordato i primi capitoli della saga
- Il sistema di combattimento è funzionale e brutale
DUBBI
- Nonostante l'ottima atmosfera, questa versione è più "pulita" dell'originale
- Il design di alcuni personaggi continua a non convincerci del tutto
- Qualche problema con la telecamera negli spazi stretti