In questa serie di articoli che ripercorrono i trentacinque anni di Super Mario Bros., abbiamo iniziato parlando dei tanti papà dell'idraulico, da Miyamoto a Motokura; abbiamo poi proseguito, compiendo un inevitabile tuffo nel passando, rivivendo la creazione e la pubblicazione di Super Mario Bros., nonché le "difficoltà" attraversate nel tentativo di donargli un degno seguito.
Gli anni tra il 1986 e il 1992 hanno segnato l'apice della "Mario mania": si tratta del brand più venduto della storia dei videogiochi, ma non ha più toccato una popolarità paragonabile a quel periodo. Mario in quegli anni era l'indiscussa icona del mondo dei videogame, ed era ovunque. Cartoni animati, fumetti, album di figurine. Pasta a forma di funghi e stelline; zainetti, astucci. Non esisteva qualcuno che potesse davvero sfidarlo, e non solo nel suo campo: nel 1990 un sondaggio decretò che, tra i bambini americani, Super Mario era più conosciuto di Topolino. In tutto ciò il platform 2D era anche il genere dominante dell'industria, e si attendeva il degno erede di Super Mario Bros.
Nel precedente articolo abbiamo scritto che esisteva un abisso tra Super Mario Bros. (pubblicato nel 1985) e praticamente ogni videogioco pubblicato in precedenza: è un qualcosa che, a livello, tattile, si può verificare ancora oggi. Provate a cercare un videogame antecedente che possa avvicinarsi alla qualità dei controlli e dell'interazione di Super Mario Bros.: non lo troverete. Eppure EAD, al suo ultimo tentativo su NES, riuscì in un'impresa forse ancor più impressionante. Creò un gioco capace di rendere vecchio un titolo che, nel 1985, faceva sembrare vetusti tutti quelli usciti in precedenza: il tutto senza che ci fosse stato un salto hardware. Un trionfo quasi impossibile da ripetere.
Nintendo sapeva benissimo di avere qualcosa di speciale tra le mani, durante la lavorazione di Super Mario Bros. 3; un po' come sarebbe accaduto tanti anni dopo, quando avrebbe dedicato un intero E3 a Breath of the Wild, ma con un evento ancora più eclatante. Super Mario Bros. 3 venne presentato al pubblico occidentale alla fine di un film: "Il piccolo grande mago dei videogames", in inglese "The Wizard". Rappresentava la sfida finale di un grande torneo, anticipatorio dei Nintendo World Championships che - l'anno dopo, nel 1990 - si sarebbero svolti sul serio. Uno schermo gigante si schiudeva nel momento cruciale del film, col presentatore del torneo che urlava, come annunciando il messia, "SUPER-MARIO-BROTHERS-THREE!".
Super Mario Bros. 3
Questo gioco è stato diretto assieme da Shigeru Miyamoto e Takashi Tezuka; è stato l'ultimo capitolo dipinto personalmente dal maestro prima dell'arrivo, tanti anni dopo, di Super Mario 64. Anche in questo progetto tuttavia Miyamoto lasciò largo spazio ai suoi collaboratori, conscio dell'imminente cambio di ruolo.
Super Mario Bros. 3 ha raggiunto molti risultati importanti, tanto che sicuramente ci scorderemo di citarne qualcuno. Innanzitutto, a livello di brand, è stato quello - più di ogni altro - che è riuscito ad espandere il Regno dei Funghi introdotto nel gioco del 1985: otto mondi tematici e relativi nemici (alcuni dei quali avrebbero definito il futuro della serie), altrettanti re, i bowserotti. I tanti costumi marieschi, partendo dalla fondamentale foglia che permetteva di volare, per arrivare al curioso Mario Tanuki.
A livello ludico, ha concesso la possibilità di correre indietro (da destra a sinistra) all'interno di uno livello, ha esteso il concetto di uscite segrete, ha sviluppato la verticalità degli stage in maniera - per i tempi - incredibile. Qui per la prima volta si sono visti, in questa serie, i livelli a scorrimento forzato. Ha introdotto le mappe dei mondi, che rendevano l'esperienza più coinvolgente e, allo stesso tempo, originavano diversi percorsi nel raggiungimento del castello finale.
Se la sfida con Super Mario World è ancora aperta - sono entrambi considerati tra i migliori platform 2D mai realizzati - e non avrà mai un chiaro vincitore, contestualizzando i due progetti alle limitazioni tecnologiche che hanno dovuto affrontare, Super Mario Bros. 3 non può che ritenersi qualcosa di miracoloso. Su Switch, sottoscrivendo l'abbonamento online, lo trovate nella libreria di giochi NES.
Super Mario World
Super Mario World è il gioco più importante del lancio del Super Nintendo, ed è anche il primo Mario, secondo episodio escluso, diretto da una persona diversa da Miyamoto. Aveva la necessità, adesso diffusa ma all'epoca quasi inedita, di soddisfare le esigenze di qualsiasi giocatore: di quello per cui avrebbe rappresentato il primo Super Mario Bros., ma anche di quello esperto per cui sarebbe stato il quarto.
Super Mario World (pubblicato nel 1990 in Giappone, nel 1992 in Europa) non ha dato molto al Regno dei Funghi, essendo ambientato nella Terra dei Dinosauri, ma ha comunque donato al brand qualcosa di estremamente prezioso: il personaggio di Yoshi, che negli anni avrebbe dato vita a una serie di platform parallela. In questo titolo è un adorabile coprotagonista, un power-up particolarmente esteso e versatile.
Questo capitolo della serie ha ulteriormente migliorato il sistema di controllo, proponendo quello più immediato, morbido e profondo: una differenza col passato che non tutti avranno notato all'epoca - per finire il gioco non è necessaria una comprensione totalizzante delle meccaniche - ma che adesso è stata esplicitata inequivocabilmente da Super Mario Maker: la skin di Super Mario World permette delle acrobazie, e delle finezze, impensabili con quelle dei predecessori.
Oltre al raffinamento dell'interazione, Super Mario World ha pesantemente inserito l'esplorazione all'interno della saga, concetto che poi sarebbe stato approfondito nei giochi tridimensionali. La gigantesca mappa del titolo va studiata e osservata, così da scovare percorsi alternativi e aree nascoste. La vera sfida in Super Mario World risiede non tanto nello sconfiggere Bowser, quanto nel trovare e completare ogni stage. Le stesse Case Stregate, accennate in Super Mario Bros. 3, ma esaltate da questo episodio, presentano dei percorsi in cui, ancor prima di attraversarla, è importante trovare la via d'uscita.
È un platform che, nonostante non abbia proposto lo "stacco" di Super Mario Bros. 3, ha segnato una generazione. E il suo eccezionale game design - con stage più lunghi che in passato - nel tempo ha trionfato sopra ogni coevo concorrente, in particolare contro quel Donkey Kong Country che, con la sua grafica - all'epoca - strabiliante, aveva provato a renderlo antiquato. Il tempo, notoriamente, è galantuomo. Li trovate entrambi nel canale SNES di Nintendo Switch (al solito, previa sottoscrizione dell'abbonamento online), esattamente come il gioco di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
Yoshi's Island
La deflagrazione di Donkey Kong Country non solo permise a Nintendo di vincere la bellicosa console war contro SEGA, ma, mentre a Kyoto stavano già pensando a come portare Super Mario in tre dimensioni, illuminò anche lo sviluppo dell'ultimo - fin lì - episodio bidimensionale. Che sarebbe stato il più strano e atipico di tutti e, nonostante la dicitura "Super Mario World. 2" nel titolo, tutti ricordano come Yoshi's Island. La fine di una serie, e l'inizio di un'altra.
Yoshi's Island è uno dei giochi più finemente levigati dell'intera storia Nintendo. Stilisticamente è ancora splendido, sia per la qualità dei disegni che per i cromatismi: questa direzione artistica venne ideata da Hisashi Nogami, attuale producer di Animal Crossing e Splatoon. Gli effetti sonori aiutarono molto a plasmare l'estetica fanciullesca dell'opera, con le vocine dei vari Yoshi a prendersi la scena, con le urla di Baby Mario ad interrompere la tranquillità dell'azione.
Il gioco, prodotto da Miyamoto, ebbe quattro direttori: Tezuka, Nakago, Hino e Konno. Quattro nomi molto importanti all'interno dell'azienda, che con questo progetto partorirono qualcosa di unico che, nonostante abbia originato una serie, non è mai stato raggiunto dai posteri. Yoshi's Island è un platform molto diverso da Super Mario Bros., più pacato e delicato, focalizzato sull'esplorazione e sulla raccolta: di monete rosse, gialle e stelline. Anche i nemici non si abbattono saltandogli in testa, bensì ingoiandoli e tramutandoli in uova che, successivamente, possono essere scagliate con varie finalità: per raggiungere interruttori lontani, oggetti nascosti, per danneggiare nemici troppo forti, grandi o disgustosi per essere mangiati. In Yoshi's Island tra l'altro, per la prima volta, Super Mario - pur Baby - avrebbe corso attorno a un pianetino: una meccanica presente in un solo boss, ma che sarebbe tornata utile molto più tardi. Non casualmente Yoshiaki Koizumi, futuro direttore di Super Mario Galaxy, contribuì all'elaborazione grafica del gioco.
Nonostante la straordinaria qualità e la trionfale accoglienza critica, Yoshi's Island - uscito nel 1995 in tutto il mondo, primo Super Mario a farlo - vendette poco più di quattro milioni di copie. Un risultato fantastico per un gioco di Yoshi (tuttora la vetta della serie), un risultato mediocre per un episodio di Super Mario Bros. Super Mario World per esempio aveva superato i 20 milioni, Super Mario Bros. 3 li aveva quasi raggiunti senza contare sull'effetto "bundle". La Mario mania era finita, Miyamoto da sei anni non dirigeva un gioco della serie: un nuovo capitolo stava per iniziare. Ne discuteremo nella prossima puntata.