Con The Saboteur Pandemic abbandona gli spazi aperti e le lussureggianti atmosfere del Sud America, per trasportarci direttamente nella seconda guerra mondiale, ma in un'ottica diversa, e ambientando le gesta dell'eroe protagonista del titolo, non nei sanguinosi campi di battaglia della Normandia, o nelle trincee sulla strada per Berlino, bensì nelle prime fasi del conflitto, in una Parigi alle prese con la spietata occupazione nazista. Il titolo parte da una premessa interessante, Sean Devlin, meccanico sportivo irlandese si trova in Francia per una competizione quando viene colpito nei suoi affetti più cari. Il suo scopo non è quindi quello di vincere la guerra, ma di avere la propria vendetta.
Tom French, lead designer per The Saboteur ha parlato delle vicende di Sean usando il termine intimate story, la storia, quella con la esse maiuscola è solo sullo sfondo, è solo la causa delle nostre azioni. Sean quindi si unirà alla resistenza francese, non spinto da ideali politici o patriottici, ma solo dalla sete di vendetta, il fatto che i nemici indossino una divisa grigio verde e sbattano i tacchi alzando la mano destra è solo un particolare in più, nient'altro che una facilitazione visiva per distinguerli dalla gente comune francese. Un eroe per caso, un eroe riluttante, l'uomo giusto nel momento sbagliato, e sempre rifacendosi alle parole di Tom French, un personaggio caratterialmente simile ad uno strano miscuglio di Indiana Jones, Bruce Willis e Steve McQueen.
Quello che abbiamo scoperto
Le poche immagini e le altrettanto poche informazioni rilasciate sinora hanno tratteggiato un titolo verosimilmente simile come meccaniche di gioco ad un sand box alla Grand Theft Auto, in cui la furtività ha un ruolo primario nello svolgimento delle missioni. La buona mezz'ora di gioco mostrata in occasione dello showcase europeo di Electronic Arts, ha aggiunto ulteriori dettagli al tutto, mostrando per la prima volta in movimento le particolari scelte di design che sottolineano una zona ancora in mano nemica, e una decisa esplorabilità degli ambienti in cui Sean può muoversi liberamente. Will to fight, ovvero voglia di combattere è l'altisonante termine usato da Pandemic per descrivere una città che cambia in base al successo delle nostre missioni. Un bianco nero rischiarato dal rosso degli stendardi nazisti e dalle saltuarie luci alle finestre, che si ispira volutamente a quello messo in scena da Rodriguez per Sin City, è lo scenario delle nostre azioni in pieno territorio nemico. Una volta portata a termine una missione la zona liberata riacquisterà i colori, tornando allo splendore del periodo prebellico. Splendore sottolineato non solo dal cambiamento di palette, ma anche dall'aumentato numero di persone in strada, dal traffico decisamente più caotico, ma soprattutto dall'assenza di nazisti in zona. Salendo poi sul tetto di un palazzo, e osservando la skyline
di una Parigi in scala, ma con tutti i monumenti al proprio posto, si notano le differenti zone della città, con macchie di colore che illuminano un grigiore quasi spettrale. E' interessante notare come le parti liberate siano di ridotte dimensioni rispetto a quelle in bianco e nero, scelta questa voluta per eliminare eccessive zone franche e ovviamente per non togliere troppo mordente e tensione nel girovagare in città. Le sezioni mostrate nella demo hanno riguardato due livelli di gioco: nella prima missione Sean era in Germania, all'alba dell'invasione della Francia, alla prese col sabotaggio di una base segreta, luogo di partenza dei dirigibili Zeppelin e delle bombe volanti V1. La seconda missione, più avanti nel gioco, ci ha visti nel centro di Parigi, con l'intento di distruggere un cannone situato sul tetto di un palazzo, in procinto di fare fuoco su una base della resistenza. La prima missione è stata utile per capire come funziona il sistema di combattimento, ma soprattutto come la situazione cambi a seconda del tipo di approccio scelto. Facendoci strada in modo silenzioso, aggredendo alle spalle i nazisti si è visto Sean progredire piuttosto agilmente, anche grazie ad una intelligenza artificiale ancora in stato embrionale. Sfoderate le armi invece, tutto si è fatto più frenetico, e in definitiva più simile ad un classico sparatutto in terza persona. Le coperture giocano quindi un ruolo importante: in modo dinamico, senza usare un tasto apposito il protagonista si affaccia e spara da dietro un riparo. Il tutto è sembrato essere piuttosto fluido, un giusto compromesso tra le scivolate ipercinetiche viste recentemente in Wanted e una certa macchinosità di fondo tipica di GTA. Purtroppo non avendo potuto testare con mano il lavoro di Pandemic è difficile dire se le meccaniche funzionino, ma l'impressione avuta è quella di una certa facilità e intuitività degli scontri a fuoco. Per concludere in bellezza il livello, ripetendo il mantra Quiet in, Loud Out! rubata una jeep si è scappati a tutto gas verso il confine francese, evitando quanto possibile i proiettili nemici, travolgendo tutto e tutti mentre il cielo veniva solcato da file interminabili di bombardieri.
La seconda missione invece ha visto Sean abbandonare il rifugio nei pressi del Bois de Boulogne, e a tutto gas a bordo di una macchina da corsa raggiungere il tetto del palazzo col cannone pronto a sparare. Qui è stato possibile apprezzare l'ottimo lavoro di game design effettuato. Il protagonista, decisamente più atletico rispetto al semplice scavezzacolo di inizio gioco, ha dato sfoggio delle sue abilità di scalatore sfruttando le molte possibilità di avvicinamento verso l'obiettivo della missione. I tetti sono diventati un enorme parco giochi per Sean, scegliendo la strada migliore per arrivare al cannone, saltando e scalando comignoli, ringhiere e terrazzi, il tutto ovviamente sotto il fuoco nemico.
Tra un salto e il successivo, tra un colpo col fucile da cecchino e una caduta rovinosa tre, quattro piani più in basso, si è arrivati faticosamente al cannone, fatto saltare con un bel carico di esplosivo. Subito il gruppo di palazzi interessati dalle nostre azioni si è colorato, la speranza di libertà e la voglia di combattere è tornata, avvicinandoci ai nostri veri nemici. Anche qui il gioco ha restituito delle buone impressioni, la libera esplorazione dei vasti ambienti teatro del nostro assalto è sembrata decisamente funzionale al tipo di approccio desiderato, con un level design che impone scelte al giocatore e che non è un semplice ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi. Ci sarebbe ancora da dire molto, ma i ragazzi di Pandemic sono stati piuttosto abbottonati. Nulla è stato detto riguardo alle capacità di mimetizzazione e di creare diversivi di Sean, alla stessa stregua, nessun accenno è stato fatto alla crescita della capacità del personaggio, cosa questa palese visto che di tanto in tanto dei bei messaggi di notifica di sblocco perks facevano capolino sulla parte alta dello schermo. Le uniche notizie certe sono una struttura aperta, lineare ma con molta scelta tra missioni primarie e secondarie, l'assenza di una qualsivoglia modalità multiplayer, la capacità di rubare tutta una serie di veicoli tra cui carri armati e camion, e la durata del gioco, che oscilla tra le quindici e le venti ore. In definitiva questo primo assaggio di The Saboteur è stato decisamente positivo, c'è molta sostanza dietro questo curioso mix di meccaniche di gioco alla GTA, esplorazione e stealth, senza poi dimenticare la pregevole scelta grafica bianco e nero/colore. Massima fiducia a Pandemic insomma, che dopo il mezzo passo falso di Mercenaries 2 sembra avere tutte le carte in regola per un titolo valido, piuttosto originale, ambientato poi in una pagina semisconosciuta della seconda guerra mondiale.
CERTEZZE
- Ottimo stile e buona componente grafica
- Un aspetto sconosciuto della seconda guerra mondiale
- Varietà delle missioni e degli approcci
DUBBI
- Equilibrio tra le varie meccaniche di gioco
- A.i. da raffinare