un'ora al massimo, e lascerete Totem Destroyer soddisfatti
Totem Destroyer
Come avrete certamente intuito, Totem Destroyer è un puzzle-game incentrato sulle reazioni degli oggetti alle sollecitazioni, realizzato per giunta con molta precisione. Si parte con il primo livello e non si smette più: vedere quell'idolo fetente cadere con disinvoltura, vinto dall'inerzia, è divertente anche quando si perde. Non ha comunque importanza, ogni game over ci lascia continuare da dove eravamo rimasti e arrivare in fondo non è poi tanto difficile. Un'ora al massimo, e lascerete Totem Destroyer soddisfatti. Ci sarebbero poi anche tre achievement segreti da sbloccare, ma su questo punto non ci pronunciamo, a voi il piacere di scoprirli.
Totem Destroyer
di Andrea Rubbini
Considerata la particolare natura di questa rubrica il voto assume un significato diverso rispetto a quello tradizionale: ogni mese saranno infatti proposti titoli considerati di per sé più che meritevoli. Per questo motivo il punteggio da 1 a 5 non rappresenta una scala di valore che parte dalla mediocrità più assoluta per giungere alll'eccellenza, perché ogni gioco trattato si pone già una spanna sopra la media. Si tratta invece di rendere conto di quel valore aggiunto che gli sviluppatori sono riusciti a infondere nella loro opera e fornisce al lettore uno strumento aggiuntivo per approfondire la valutazione. Per tutti i numeri precedenti della rubrica, seguite questo link.
Gabriel Ochsenhofer, Aki Ahonen e Antony Lavelle sono autori di videogiochi. Si sono occupati loro di ogni aspetto che riguardasse lo sviluppo dei propri titoli, tutti presentati questo mese nella rubrica. Parliamo quindi di videogiochi d'autore, che si differenziano per uno stile e un’impostazione che travalicano la necessità “tecnica” di un gameplay equilibrato o di un artwork accattivante. Ci troviamo davanti a prodotti che in qualche modo riflettono la personalità e la visione del proprio autore per l'appunto. Metal Gear Solid è il sogno personale di Kojima, una sua precisa volontà d'espressione. Giochi come questi hanno qualcosa in più, anche se non necessariamente di meglio e dovrebbero essere valutati con un parametro diverso, che tenga conto dell'impronta stilistica di una singola mente creativa, magari geniale, senza dubbio con qualcosa di personale da dire. A tale proposito, ci sarebbero comunque molti aspetti da chiarire, in particolare per quanto riguarda il mercato mainstream, dove i team di sviluppo subentrano alle diverse individualità superandole. Volgersi alla scena indipendente è quindi, ancora una volta, un ottimo punto di partenza per definire qualche nuovo strumento d'analisi, che possa poi essere esteso anche alle fette più ampie di mercato.
di Andrea Rubbini
How Many
Sviluppatore: Aki Ahonen
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Sito ufficiale
Download del file: Link
Da sapere per giocare al meglio: Contenuti forti.
Chissà se Aki ha mai letto un racconto di Raymond Carver, perché How Many sembra proprio essere uscito dalla penna del grande maestro americano della short story. C'è tutto di Carver: la narrazione minimale fatta di eventi spesso banali, lo sfondo appena abbozzato di una squallida realtà provinciale e il vuoto delle emozioni. Naturalmente questo a voler sofisticare molto l'analisi, ma perché no in fondo, anche un videogioco può comunicare emozioni che l'autore non si aspettava. Del resto How Many è un'avventura atipica, brevissima e composta di solo due locazioni, sviluppata in occasione del quinto One Room One Week Competition.
crudo, cinico e senza peli sulla lingua
How Many
Siete in casa con vostra moglie, decidete di prepararle la colazione dopo una conversazione senza convinzione, quando improvvisamente si fulmina una lampadina. Inutile tergiversare, dovete cambiarla, fosse anche solo per non incorrere in una lite coniugale. Sembra una cosa da nulla, ma è qui che cominciano i problemi. In How Many dovrete infatti riuscire a svolgere questa piccola impresa domestica cercando di riportare il numero minore possibile di ferite. Crudo, cinico e senza peli sulla lingua, How Many mette i brividi, ma regala anche un momento di piacevole ironia.
How Many
di Andrea Rubbini
Shift 3
Sviluppatore: Antony Lavelle
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Sito ufficiale Armor Games
Download del file: Browser Game
Da sapere per giocare al meglio: Niente di rilevante da segnalare.
Antony Lavelle espande il suo concetto di puzzle aprendogli le porte dell'avventura, a cavallo tra Impossible Mission per Commodore 64 e l'opera cinematografica The Cube. A prima vista, Shift 3 potrebbe essere un rompicapo come tanti, che ci mette di fronte le tipiche schermate fisse da risolvere, mentre in realtà bastano pochi secondi per capire che sotto c'è molto altro d'intrigante. Il nostro alter ego è bloccato infatti in quello che sembrerebbe un esperimento psicologico, dove le dimensioni s'invertono tra loro specularmente. A questo si deve l'uso del bianco e nero senza tonalità intermedie; è sufficiente premere il tasto shift per ruotare lo schermo di 180 gradi, ed entrare così letteralmente nell'area di schermo del colore opposto rispetto a quello in cui ci troviamo. Difficile da spiegare, ma totalmente immediato una volta provato. Meglio evitare di giocarci dopo aver pranzato quindi.
Shift 3 è un'ottima commistione tra platform, rompicapo e avventura
Shift 3
Per il resto c'è da segnalare la presenza di una minimappa con tanto di giornale, dentro al quale possiamo salvare dei promemoria di quello che abbiamo incontrato nelle diverse locazioni. Shift 3 abbonda infatti di elementi da sbloccare, frammenti di quotidiani da raccogliere e personaggi segreti. Gli enigmi possiedono il fascino del mistero, esaltato dall'uso delle didascalie scritte con il font classico dei fumetti americani, che si rivela un'ottima trovata per dare l'impressione che a dialogare con noi ci sia qualche sinistro nemico uscito proprio da un comic book. Considerate inoltre che sono disponibili da giocare dei pacchetti creati dagli utenti, ispirati anche agli episodi precedenti, oltre a un editor per creare e poi condividere le proprie mappe. Se non siete stanchi di puzzle game quindi, Shift 3 è un'ottima commistione tra platform, rompicapo e avventura, dal quale lasciarsi assorbire nelle pause d'ombra estive.
Shift 3
di Andrea Rubbini
Eternity’s Child
Sviluppatore: Luc Bernard
Tipo di distribuzione: Steam
Sito di riferimento: Il sito ufficiale
Download del file: Pagina Steam del gioco
Da sapere per giocare al meglio: Collegandosi al sito ufficiale è possibile scaricare una versione gratuita del gioco per cellulari.
Eternity’s Child è la prova che a volte non basta l’ispirazione per tirare fuori buoni giochi. Luc Bernard, promettente autore indie, non è riuscito ad andare oltre un’idea cosmetica e ha partorito un platform bello da vedere ma quasi ingiocabile. I presupposti erano ottimi: una trama non banale, uno stile visivo gotico-naif con molti tratti associabili alle opere di Tim Burton e, soprattutto, tanta voglia di andare oltre i cliché che costellano il genere... a parole era tutto perfetto. Nella pratica ci troviamo invece tra le mani un prodotto bacato in più punti che fa presto dimenticare i suoi lati positivi a causa dei numerosi problemi che si porta dietro. Quali sono questi problemi?
In Eternity’s Child bisogna guidare due ragazzini gemelli di sesso opposto (il maschio è addetto ai movimenti, mentre alla ragazza spetta il compito di sparare sfere energetiche) lungo degli intricati livelli, dove devono rinvenire dei diamanti nascosti solitamente nelle zone più impervie. Avviando il gioco è possibile leggere la trama che fa da sfondo all’azione, raccontata attraverso un testo discretamente lungo. Non è una soluzione molto originale ed esaltante ma, visto che va letto soltanto una volta e visto che i valori produttivi sono quelli che sono, ci può anche stare. I problemi veri iniziano quando si prendono i controlli dei due protagonisti. La prima cosa che si nota è che il personaggio maschile non risponde benissimo alle sollecitazioni, ovvero ogni tanto si dimentica di saltare causando sfaceli (tradotto: si perde una vita). Oltretutto il contatto con le piattaforme è stato realizzato in modo decisamente dubbio e spesso ci si ritrova a cadere di sotto pur avendo apparentemente raggiunto la piattaforma di approdo. Come se non bastasse sono stati inseriti dei salti difficili sin dai primi livelli. Sommate questi tre fattori e avrete un quadro abbastanza frustrante e ben lontano da classici come Super Mario Bros., che già negli anni ’80 non aveva nessuno di questi problemi.
Non bastasse questo ad affossare Eternity’s Child, ci si mette anche il sistema di combattimento a dare una mano. Difficilmente riusciamo a ricordarne uno fatto così male in un platform. Come dicevamo sopra, la ragazza è in grado si sparare sfere energetiche. Peccato che la maggior parte dei nemici richieda molti colpi per essere abbattuta e che, quindi, si è costretti a passare molti secondi fermi a puntare il fuoco contro un singolo bersaglio. In alcuni casi per abbattere un solo nemico può volerci anche più di un minuto (pensiamo ad esempio agli uccelli scheletrici che infestano i primi livelli). Insomma, per concludere, avrete capito che Eternity’s Child è più un’occasione perduta che un titolo da prendere come esempio per il futuro. Torniamo a giocare a Braid, va.
Eternity’s Child
di Simone Tagliaferri
A game about bouncing
Sviluppatore: Shawn McGrath
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Il sito ufficiale
Download del file: Link
Da sapere per giocare al meglio: Niente di rilevante da segnalare.
A game about bouncing è un gioco astratto che coniuga l’immediatezza con uno stile grafico essenziale e affascinante, che si affida soltanto a forme geometriche pure non contaminate da texture o dettagli eccessivi. Lo scopo del gioco è quello di rimbalzare sulle diverse sfere sparse per lo schermo sfruttando il moto della propria e degli elastici che vanno lanciati per favorire la traiettoria da seguire, il tutto evitando dei missili a ricerca che hanno come unico scopo quello di farci fuori e che aumentano di numero con il passare dei livelli. All’inizio ci si trova spiazzati e risulta difficile capire cosa fare, ma basta una partita per comprendere le regole del gioco e darsi alla pazza gioia eseguendo combo iperboliche. Peccato che il tutto non duri molto e le poche feature da cui è composto il gioco facciano crollare la voglia di giocarci dopo poche partite. L’eccitazione dura un paio d’ore, che sono comunque spese bene.
A game about bouncing
di Simone Tagliaferri
Choke on My Groundhog, YOU BASTARD ROBOTS
Sviluppatore: Kloonigames
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Sito ufficiale
Download del file: Link
Da sapere per giocare al meglio: Niente di rilevante da segnalare.
Choke on My Groundhog, YOU BASTARD ROBOTS (da ora Groundhog) è uno sparatutto che segue il filone inaugurato da Geometry Wars (che proprio originalissimo non era, visto che il sistema di controllo tanto osannato s’ispirava ad alcuni vecchi coin-op) e che conta numerosi proseliti. In questo caso si tratta di controllare un personaggio disegnato a mano da un bambino su un quaderno aperto a quadretti, dove deve affrontare altri nemici sempre disegnati con lo stesso stile bambinesco. Fin qui, oltre allo stile scanzonato, non c’è niente di troppo originale. Controllabile con l’inossidabile duo mouse + tastiera (il primo serve per sparare, la seconda per muoversi) o con un joypad con due leve analogiche, Groundhog offre un’azione piuttosto convenzionale, anche se ben equilibrata, finché non si muore la prima volta, quando arriva il colpo di classe: il livello viene riavviato ma mantiene in memoria l’esecuzione precedente, che viene ripetuta sullo schermo e “convive” con il personaggio guidato direttamente dal giocatore. Ma non finisce qui. Morendo altre volte vengono memorizzate tutte le diverse prestazioni che vengono riproposte contemporaneamente aumentando il caos e il divertimento. Si tratta di una tecnica semplice, già utilizzata in alcuni puzzle game in cui bisogna coordinare le diverse vite per superare i puzzle proposti, che per ora non ha trovato applicazione in titoli commerciali di grande rilievo. È il bello del mondo indie: le idee innovative che emergono tra la massa di titoli spesso anonimi. Scommettiamo che in un futuro non troppo remoto qualcuno copierà questa caratteristica e la inserirà in un gioco commerciale? Siamo pronti a metterci la mano del Rubbini sul fuoco.
Choke on My Groundhog, YOU BASTARD ROBOTS
di Simone Tagliaferri
Hikkimori Quest RPG
Sviluppatore: Non disponibile
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Post del gioco sul blog dell’autore
Download del file: Link
Da sapere per giocare al meglio: Niente di rilevante da segnalare.
Prima di parlare di questo gioco bisogna spiegare velocemente chi è un Hikkimori. Detto brevemente si tratta di una persona, solitamente molto giovane, che si isola completamente dal mondo esterno per periodi più o meno lunghi, rifiutando totalmente o quasi il contatto con il mondo esterno. Ovviamente, vista la parola, capirete che il fenomeno è nato in Giappone, dove si contano centinaia di migliaia di Hikkimori, ma pare che questa forma estrema di antisocialità si stia diffondendo anche in occidente, soprattutto grazie a internet. Cosa avrà trovato di così interessante l’autore di questo gioco indie in queste figure a metà tra il patetico e il ridicolo? Molto, visto che ha deciso di dedicargli un GDR satirico in cui, vestiti i panni di un Hikkimori rimasto senza scorte alimentari dopo un anno di reclusione, bisogna riuscire ad... acquistare del cibo. La storia inizia nella stanza del nostro “eroe” che, in preda ai morsi della fame ed incapace di cucinare una torta decente per il suo stesso compleanno, si collega a 4chan in cerca di consigli. Risentito dal fatto di ricevere commenti sprezzanti che gli suggeriscono di suicidarsi, decide di affrontare il mondo esterno per procurarsi da mangiare. Uscito dalla sua stanza incontrerà per prima cosa un gufo, che dovrebbe svolgere la funzione di tutore e invece gli consiglia anch’egli di rientrare in casa e suicidarsi. Non volendo demordere e avendo sempre più fame, il nostro si dirige fino al negozio di alimentari più vicino dove, non riuscendo ad affrontare la cassiera sorridente, trasformerà la sua missione per la sopravvivenza in un jRPG in cui dovrà affrontare degli hot-dog famelici e altre creature simili, tentando sempre di vincere la sua assurda fobia della realtà.
Più che un gioco vero e proprio, Hikkimori Quest RPG è un’efficace opera di satira sociale che riesce a ironizzare sul fenomeno da cui nasce senza lesinare in cattiveria pura, come tutta la buona satira dovrebbe sempre fare. Ovviamente tutti gli elementi del genere dei jRPG sono stati deformati per adattarsi al tema e sottolineare l’assurdità della situazione, che ne emerge ben descritta (anche se da un punto di vista essenzialmente critico e sarcastico). In questo senso Hikkimori Quest RPG è un piccolo capolavoro che riesce a raccontare e a stigmatizzare un tipo sociale, partendo proprio dalla cultura di cui questo si nutre. Raccomandato.
Hikkimori Quest RPG
di Simone Tagliaferri
Totem Destroyer
Sviluppatore: Gabriel Ochsenhofer
Tipo di distribuzione: Freeware
Sito di riferimento: Sito di Armor Games
Download del file: Browser Game
Da sapere per giocare al meglio: Niente di rilevante da segnalare.
Tot è un piccolo idolo dorato dall'aria irriverente. Essendo di metallo pesa pure parecchio e se dovesse cadere al suolo, finirebbe per rompersi. Purtroppo per lui, Tot è stato posizionato su delle instabili composizioni di mattoncini, ognuno di dimensione diversa, ma tutti obbedienti alle leggi della fisica, quella della gravità per prima. Ora, non vorremo certo far precipitare un'icona sacra al suolo vero? Ecco, per questo ci troveremo davanti 25 livelli, nei quali posizionare delle bombe a detonazione istantanea, scegliendo la sequenza giusta di mattoni da eliminare. Sarà quindi nostro compito fare in modo che Tot frani al suolo senza danni. Un contatore presente sullo schermo visualizza inoltre quanti mattoni dobbiamo ancora distruggere, prima di passare alla configurazione successiva, tenendo a mente che non tutti i pilastri si comportano allo stesso modo.