Wiil Wright
A Will "Wiil" Wright deve essere sfuggito il mio precedente editoriale sullo swiiffer perchè in una recente intervista al quotidiano inglese The Guardian ha dichiarato che la vera next-gen negli ultimi anni l'ha trovata solo nel Wii. E non si parla di grafica, ma si parla di approccio, di stile e di un coraggioso tentativo di cambiare completamente prospettiva. Tuttavia a parte l'incipit del titolo, della provocazione gratuitamente goliardica, vorrei porre l'attenzione su altro piuttosto che sulla solita console war. Ho grande stima e rispetto di Wright, che nella classica combinazione genio/fortuna ha imbroccato alcuni dei più grandi videogiochi di successo: cito per sintesi The Sims e SimCity, ma ne vengono in mente almeno altri cinque che hanno in qualche modo migliorato le mie giornate di tanti anni fa. E poi Spore, che sarà un grande successo o un grande flop. In fin dei conti si diceva anche della Pixar che non poteva azzeccare un blockbuster dopo l'altro per sempre, eppure anche Ratatouille ha fatto tombola.
Will Wright nasce ad Atlanta nel 1960. Fin da piccolo è ossessionato dalle scoperte, ogni qual volta si appassiona ad un argomento passa mesi o anni ad apprenderne tutti i segreti. Il suo primo gioco prende forma nel 1984 per Commodore 64 ed è un gioco d'azione con un elicottero "Raid on Bungeling Bay". Subito dopo getta le basi per una precoce versione di SimCity ma non trovando un publisher disponibile a finanziarlo (!!), nel 1987 fonda con Jeff Braun la Maxis. E' Braun a mettere i soldi mancanti così che la Maxis possa realizzare il suo progetto ovvero rilasciare SimCity. Ovviamente il gioco ha un successo planetario e permette alla neonata società di lanciare altri giochi, tra cui il rimpianto SimAnt, SimCopter e SimEarth. Nel 1995 Maxis si quota in borsa, ma nonostante tutti i successi di pubblico subisce delle perdite finanziarie. Le azioni crollano. Maxis viene così acquisita da Electronic Arts che, per rimettere i conti a posto, procede al licenziamento di buona parte del personale (il 40%). In questo clima buio Wright ha un'idea per un nuovo gioco e convince i "padroni di casa" a finanziarlo. Il progetto consisteva in un nuovo concetto di gestionale e prendeva spunto dalla classica "casa delle bambole". Il gioco viene ribattezzato The Sims e vede la luce nel 2000. Il suo successo è talmente grande da battere ogni precedente record di vendite, ponendosi come il gioco più venduto di sempre. Attualmente Wright sta esplorando un nuovo concetto di gameplay, in cui lo sviluppatore di videogiochi deve diminuire il contenuto offerto, lasciandolo creare al giocatore stesso (semplicità vs complessità). Questo approccio è alla base di Spore e come ho detto sopra, solo il futuro ci dirà se il visionario Will ci avrà azzeccato di nuovo.
Con cotanto curriculum come possiamo dubitare delle sue parole quando dice che il Wii è l'unico vero passo avanti nel mondo delle console dalla creazione della PlayStation e del Game Boy? Wright confessa che il suo strumento di gioco preferito è il personal computer ma come sviluppatore è intrigato dalle sfide offerte dal Wii, in cui non è la grafica il punto di forza, ma l'innovativo sistema di interfaccia. E con MySims ha cercato di accettare questa sfida ottenendo però un risultato non del tutto vincente e assolutamente non rivoluzionario.
Nell'intervista al Guardian Wright interviene nell'argomento più scottante del momento: i videogiochi come strumento educativo. Ed è così semplice, quasi banale, nel suo ragionamento che non ti resta che annuire. In questo momento in Gran Bretagna è, come in Italia, oggetto di discussione parlamentare l'accesso dei minori al videogioco e la sua regolamentazione. Ovviamente dagli inglesi mi aspetto una legge alla loro altezza, non una porcheria come quella in discussione a Roma. Minimo comune multiplo in questa "tendenza legislativa" è la paura di potenziali effetti negativi del videogioco sui giovani. E Wright in proposito è lapidario: è solo questione di tempo, pochi anni. Quando TUTTI i genitori in circolazione saranno nati negli anni '70 e '80 nessuno parlerà più di videogiochi che fanno male. Considerando l'età media in cui un italiano oggi procrea, questo passaggio cultural-generazionale avverrà entro il 2010/2015.
Se volete leggere l'intervista completa, andate nel sito del Guardian, ovviamente in inglese.