Qualche settimana un utente di Reddit ha provato a immaginare come sarebbe stato Pokémon se Nintendo avesse adottato la formula free to play. Il risultato era tanto esilarante quanto spaventoso: per curare il proprio team al Centro Pokémon bisognava attendere quasi un'ora, il Capopalestra di ogni città poteva essere affrontato solo una volta al giorno, mentre anche solo per cominciare l'avventura bisognava invitare tre amici da Facebook. Ovviamente era tutto portato all'estremo per dimostrare come microtransazioni e acquisti in-app avrebbero completamente rovinato l'esperienza di gioco. È un concetto che abbiamo ritrovato - anche se in forma decisamente più contenuta - in Micromon, uno sfacciato clone del franchise di Nintendo realizzato dal team costaricano Moga. Forse il primo a non essere completamente un flop.
Poco originale e senza personalità, Micromon è quanto di più vicino c'è a un gioco di Pokémon su mobile
Da Kanto a Pixekai
Micromon si apre con una sorta di meta-storia sullo stile di Digimon, in cui il protagonista viene risucchiato all'interno di un mondo virtuale chiamato Pixekai, abitato da avatar e colorati mostri selvatici. Parte dell'interfaccia lascia intendere che il ponte tra Pixekai e il mondo reale sia proprio lo smartphone (o il tablet) che avete tra le mani, ma ogni tentativo di differenziarsi da Pokémon si interrompe qui. In un battito di ciglia, il gioco butta nel pentolone tutti quegli elementi che da vent'anni vengono riproposti nella serie Nintendo.
A partire dal vecchio professore che ci regala il nostro primo Poké... ehm... Micromon, passando per un'organizzazione malvagia chiamata Black Root e arrivando a sconfiggere quattro avversari d'élite per diventare l'allenatore più ganzo di tutti. Sul serio, Micromon non fa niente per nascondere la sua "fonte d'ispirazione": le creature da collezionare combattono, apprendono nuove abilità, salgono di livello ed evolvono; differiscono tra loro per rarità, per tipi ed elementi, basandosi sul classico sistema carta-sasso-forbice alla base degli scontri in Pokémon. A tal proposito, gli sviluppatori hanno però optato per una suddivisione più povera, accorpando alcune tipologie con risultati poco chiari: a Micromon di tipo Normale e Speciale si affiancano quelli di Fuoco, d'Aria, d'Acqua e di tipo Minerale. Tra i mille pregi di Pokémon c'era il fatto di essere estremamente chiaro nella varietà di tipologie ed elementi: il fatto che un Tuono fosse Superefficacie contro un avversario di tipo Acqua o Volante aveva chiaramente un senso. In Micromon, invece, ci sono debolezze assai forzate: secondo quale criterio il Fuoco dovrebbe battere l'Aria? Tralasciando disimpegni come questo, il combattimento tutto sommato funziona anche bene, riuscendo talvolta ad essere divertente e talvolta a offrire una sfida impegnativa. È importante sottolineare che il tempo passato col gioco non ci ha ancora permesso di verificare lo spessore dei combattimenti con team complessi e a livelli alti. Com'è noto, sotto la scorza di semplice RPG a turni, Pokémon premia strategie elaborate e party di creature cresciute con molta attenzione, ma ovviamente è un aspetto che può emergere solo dopo decine e decine di ore di gioco e confronto con la community. Micromon non si limita a copiare solo il gameplay di Pokémon, ma anche parte dello stile artistico. Dei circa 140 mostri che popolano il mondo di Pixekai (altri saranno aggiunti coi prossimi aggiornamenti), una buona parte si limita ad essere una pallida imitazione delle creature di casa Nintendo.
Teratail, ad esempio, è il gemello riuscito male dell'elegante Lapras, Furan sembra un Eevee disegnato male, mentre Lyco è praticamente Ponyta colorato di blu. Questo non vuol dire che non ci siano Micromon riusciti meglio di altri, e allo stesso tempo anche tra i Pokémon più recenti vengono ricordati design a dir poco imbarazzanti, ma quello che manca al gioco di Moga è un tocco di originalità e di gusto estetico in più, col risultato che la maggior parte del lavoro fatto dagli sviluppatori appare tristemente amatoriale. E questo a prescindere dallo stile grafico che può piacere o meno. È un peccato perché, per quanto sia una versione approssimativa e con (molto) meno carisma di Pokémon, Micromon in fin dei conti funziona e riesce nel suo tentativo di replicare alla bell'e meglio una formula apprezzata e da tempo consolidata. Spendiamo giusto qualche parola, infine, sulla delicata questione del sistema di microtransazioni. In linea teorica il gioco può essere portato a termine senza spendere neanche un centesimo in acquisti in-app, ma come prevedibile gli sviluppatori hanno fatto in modo di rendere la vita più difficile a chi non vuole mettere mano al portafogli. Ricordate le decine e decine di UltraBall sprecate per catturare Pokémon leggendari come Deoxys, Ho-oh, Mewtwo e Suicune? Ebbene, in Micromon avrete a disposizione solo tre tentativi per ciascuna battaglia, il che vuol dire probabilmente dover ripetere uno stesso scontro innumerevoli volte. Oppure, in alternativa, si può spendere denaro reale per acquistare l'equivalente della MasterBall e andare a colpo sicuro.
Conclusioni
Negli ultimi anni in molti hanno provato a copiare la formula di Pokémon per proporla su smartphone e tablet. In molti ci hanno provato e in molti hanno fallito. Il problema è che, fin dalla versione Rosso/Blu, la serie Nintendo ha sempre sfoggiato un'enorme cura per il design, per il gusto, per il bilanciamento dei mostri e i dialoghi. Ed è una cura che non si può semplicemente copiare. Micromon è probabilmente il clone meglio riuscito tra quelli disponibili sull'App Store, ma il fatto che sia un gioco da 89 centesimi non può (e non deve) giustificare la totale assenza di gusto o ricercatezza nelle meccaniche e nell'estetica dei mostri da collezionare.
PRO
- Il clone di Pokémon meglio riuscito su App Store
- Diverse ore di gioco
CONTRO
- Originalità, questa sconosciuta
- Design dei Micromon spesso anonimo
- Matchmaking online da sistemare