Homesick è la storia di una mente che si risveglia e lentamente riprende coscienza. Homesick è anche un gioco che non riesce a esprimere fino in fondo le proprie potenzialità. Un pigro sbadiglio è la semplice introduzione al suo mondo. Ci alziamo da un vecchio materasso e osserviamo l'ambiente intorno a noi. Dalle finestre aperte entra una luce accecante, nel vero senso della parola. Infatti non possiamo camminare sotto i raggi diretti del sole, altrimenti lo schermo diventa bianco e noi veniamo spinti indietro fino al primo spazio in ombra.
Tutto l'ambiente è in uno stato di abbandono, come una città scorticata dalle radiazioni e abbandonata di fretta. Siamo in una scuola? In un ospedale? Difficile dirlo, anche perché ogni libro o documento è scritto in una lingua inesistente, incomprensibile. Almeno fino a un certo punto del gioco, ma su questo torneremo più avanti. Ci troviamo perciò fin dai primi istanti avvolti dal mistero, con la mente piena di domande. Possiamo solo aprire i cassetti delle credenze, cercare indizi nelle stanze, raccogliere qualche oggetto. Gesti pacati, sonnolenti, che trasmettono un senso di torpore. Sebbene questo approccio si leghi molto bene all'atmosfera che regna intorno a noi, è deleterio per l'attenzione del giocatore. In Homesick manca infatti uno scopo legato al personaggio che interpretiamo, del quale non sappiamo nulla fin quasi alla fine del gioco. Non c'è proposito che possa vincere la nostra resistenza e renderci partecipi di una vicenda. Vedremo dopo che ogni area ha comunque un obiettivo sempre uguale da raggiungere, sebbene con mezzi diversi ogni volta, ma è troppo slegato da una qualche volontà esplicita del personaggio per farlo nostro. Il mondo etereo e leggero di Homesick è fatalmente privo di gravità, e come un palloncino vola via dalle nostre mani, lasciandosi dietro poco o niente. Homesick è quindi un simulatore di passeggiate? In parte sì, perché siamo costretti a camminare con calma nei suoi ambienti, ma la narrazione ambientale non ci stimola a proseguire, pieni di meraviglia e curiosità come avviene per esempio in Dear Esther. In Homesick ci sono invece enigmi da risolvere e precise azioni da compiere in ogni sezione del gioco, altrimenti non si prosegue. Ecco allora che correre diventa un desiderio e infine una necessità frustrata, perché dovere camminare lentamente per tornare nelle stanze già visitate alla ricerca di una soluzione è sfibrante. Da una parte abbiamo quindi ambienti bellissimi e una colonna sonora che ci accompagna dolcemente, dall'altra un sistema di gioco che nega l'approccio rilassato e disimpegnato dell'anonimo protagonista, insistendo sui rompicapo. E poi ci sono le sezioni con l'accetta. Di queste è meglio parlare subito.
Homesick è una passeggiata effimera e rarefatta, una bellissima scatola di ricordi senza sorprese
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7 2600
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
- Sistema operativo Windows 7
Requisiti minimi
- Processore Dual Core 2.0 GHz
- 4 GB di RAM
- Scheda video con 512MB di VRAM
- Sistema operativo Windows XP SP3 o superiore
Ma la notte no
Se distogliamo lo sguardo dalle splendide schermate e non ci lasciamo tentare dalle note della dolce colonna sonora, vediamo chiaramente che Homesick è basato su un sistema di gioco rigido e ripetitivo. Una porta chiusa separa ogni sezione da quella successiva.
Per aprire questa porta dobbiamo compiere determinate azioni e seguire un rituale preciso: riempire d'acqua il secchio che ci portiamo dietro e annaffiare dei fiori appassiti affinché tornino a mostrare i loro splendidi petali blu. Fatto questo dobbiamo trovare un giaciglio e dormire. Al nostro risveglio è calata la notte, abbiamo un'accetta in mano e dobbiamo correre senza fermarci troppo tempo nello stesso punto, altrimenti lo schermo diventa tutto nero e il protagonista si risveglia. Queste sezioni di gioco, sorprendenti rispetto a quanto abbiamo visto e fatto di giorno, sono una grande occasione persa. Di notte dobbiamo solo correre fino alla porta che prima non riuscivamo a raggiungere e distruggerla a colpi di accetta. Il percorso è breve e privo di ostacoli, perciò l'unica difficoltà è data dalla possibilità di avere dimenticato un'azione chiave durante il giorno, come premere un interruttore della luce o togliere i ganci dalla custodia che contiene l'accetta. Azioni elementari che si correggono di solito con un secondo tentativo. Ebbene, la prima volta che abbiamo visto questa sezione da incubo ci siamo chiesti cosa ci aspettasse di terrificante più avanti, ma è bastato poco per capire che è solo un'altra azione di routine, semplice accenno a un fatto del passato che si scopre alla fine. I puzzle in compenso sono abbastanza interessanti, nonostante alcune ripetizioni, come dover trovare due volte una vasca da bagno per riempire lo stesso secchio d'acqua. Ricordiamo invece con piacere il momento in cui abbiamo finalmente imparato a leggere. Come bambini, abbiamo riscoperto le lettere dell'alfabeto in modo toccante e poetico, giocando con dadi di legno dimenticati nelle stanze. In quell'occasione, Homesick ha fatto un uso brillante dei puzzle, che sarebbe stato bello ritrovare in altre sezioni di gioco. Purtroppo il titolo finisce proprio quando cominciamo a scoprire il suo mondo. Semina dietro di sé molte immagini evocative, ma gli manca la forza narrativa necessaria per non disperderle come polvere soffiata via da un vecchio album di ricordi.
Conclusioni
Homesick è un simulatore di passeggiata ambientato in un mondo misterioso e splendido da vedere. Purtroppo gli manca la forza narrativa di giochi come Dear Esther o Gone Home e quando finisce lascia dietro di sé poco o niente. Nondimeno è un'esperienza in sé unica.
PRO
- Ambienti curati e molto evocativi
- Imparare di nuovo a leggere è un'esperienza toccante
- Colonna sonora appropriata
CONTRO
- Il sistema di gioco notturno è un'occasione persa
- Manca una vera spinta narrativa, soprattutto all'inizio
- Risolvere puzzle senza poter correre è una tortura