Obsidian era sull'orlo del fallimento. Una casa con radici grandi quanto querce ben piantate nel terreno dei giochi di ruolo aveva raggiunto il punto critico, a causa di progetti affrettati e completati malamente, titoli fallati all'inverosimile e voli pindarici finiti in tragedia dopo un frontale con il durissimo muro della realtà. Poi, improvvisamente, la rinascita. Non opera dei (pochi) videogame notevoli usciti dal periodo oscuro della software house, bensì di un semplice ritorno al passato di nome Pillars of Eternity. In un'era dove l'azione e la spettacolarità si sono mangiate quasi tutto, la risposta era insomma solo una: restituire ai fan del genere l'essenza dei giochi di ruolo. Scegliere di percorrere questa strada ormai abbandonata ha però posto la software house davanti a nuovi dilemmi, tutti correlati al suo futuro. Come muoversi una volta riconquistata la nicchia dei veterani del GDR? Come rimanere in vetta quando tanti studi di sviluppo altrettanto volenterosi hanno ormai annusato il potenziale economico della cosa? Tyranny è la risposta, un nuovo titolo che deve moltissimo ai gloriosi Baldur's Gate e compagnia bella, ma rinfresca il tutto con una buona dose di cattiveria.
Se la vita può insegnare qualcosa, quel qualcosa è che "il male vince sempre": la recensione di Tyranny!
Il potere è ordine. Forse
Tyranny non tenta di sradicare le basi poste dai predecessori nel genere o almeno non prova a farlo dal punto di vista del gameplay. Gli Obsidian hanno infatti scelto di sparpagliare le carte in tavola solo per quanto riguarda la narrativa, che poggia su un incipit a dir poco inusuale. In questo titolo non si vestono i panni dell'eroe di turno, bensì si interpreta uno dei sottoposti di un potentissimo dominatore noto come Kyros, impegnato a imporre gli editti del suo padrone sulle poche regioni ancora popolate da coloro che non si sono assoggettati al suo volere.
Questi editti, peraltro, non sono semplici leggi ma veri e propri proclami mistici, capaci di devastare intere popolazioni all'istante. Può sembrare una premessa scarna, eppure gli Obsidian l'hanno sfilacciata ed elaborata all'inverosimile, creando uno strano mondo fantasy dove le razze classiche sono quasi sparite (al di fuori degli uomini bestia qui vi sono solo tribù e fazioni umane) e il territorio di Kyros viene controllato dal vigile occhio degli Arconti, individui di rara potenza che hanno giurato fedeltà al signore oscuro. Il risultato finale è una ragnatela di alleanze, malcontenti ed equilibri instabili che spetta al giocatore tagliuzzare e riadattare secondo la propria volontà, con risultati permanenti sull'intero mondo di gioco. Che decidiate di abbandonarvi alla più becera violenza o di applicare minuziosamente la legge per favorire il vostro signore non fa differenza: voi non siete Luke Skywalker qui, siete Darth Vader; le vostre azioni porteranno inevitabilmente a qualche tragedia su larga scala e il massimo che si può fare è scegliere il male minore. Peccato solo che questi ingranaggi ricchi di potenziale non si incastrino alla perfezione nell'incasinato groviglio di ramificazioni del gioco, creando di conseguenza degli ovvi squilibri a campagna avanzata dovuti a quella o quell'altra alleanza. Impossibile poi non criticare la chiusura dell'avventura, che lascia un retrogusto amarognolo percepito purtroppo in più di un titolo Obsidian in passato: quello del taglio affrettato. In pratica, la casa non sembra aver perso il vizietto del "finale insoddisfacente", nonostante i tempi dei soldi contati e dei termini restrittivi siano storia vecchia.
Inchinati o muori
Le nostre critiche finali non rappresentano una bocciatura alla storyline del gioco, ci teniamo a precisarlo; sono semplicemente incrinature che hanno intaccato un background in grado di svilupparsi in modi eccellenti con un po' di impegno in più.
Tyranny vanta lo stesso più di un momento notevole ed è al contempo un titolo incredibilmente verboso, nelle cui lunghe conversazioni si nota una volontà evidente da parte degli Obsidian di delineare il loro nuovo universo. La laboriosità di certi elementi è tale, ad esempio, da essersi infiltrata nelle meccaniche fondamentali del gioco, che sono almeno in parte costruite attorno alle relazioni con le varie fazioni e i personaggi incontrati nell'avventura, e sul prologo denominato "Conquista". Proprio da questa fase iniziale è il caso di partire, visto che si tratta di una schermata che mostra la regione dei Tiers (il luogo ove si svolge la campagna di Tyranny) in forma di mappa tridimensionale, sulla quale al giocatore viene chiesto di selezionare varie strategie per conquistare le principali roccaforti del nemico. Già queste scelte, fatte durante i primissimi minuti, influenzano sensibilmente lo svolgersi dell'avventura, aprendo opzioni di dialogo aggiuntive e modificando il vostro rapporto con alcune fazioni. Le relazioni si ricollegano in seguito al secondo fattore descritto prima, ovvero il rapporto del protagonista con i vari personaggi - principalmente membri della sua squadra e Arconti - indicato comodamente da due barre che rappresentano il livello di favore e quello di rabbia (o, in alcuni casi, di terrore). Alzate adeguatamente una delle due barre e non solo la storia e i dialoghi muteranno, ma vi ritroverete con dei comodi poteri aggiuntivi correlati proprio a quella fazione o comprimario. Un modo alquanto interessante di ricollegare scelte morali e conversazioni alle meccaniche di combattimento.
Cappa e spada son sempre cappa e spada
Segnatevi la presenza di questi poteri aggiuntivi legati alle vostre scelte morali, perché all'interno del sistema di combattimento di Tyranny sono l'unica vera innovazione. Del gruppetto fanno infatti parte anche delle interessanti Combo eseguibili dal protagonista una volta rapportatosi a dovere con i vari membri della sua squadra: si tratta di tecniche poderose, con tempi di ricarica elevati (non c'è mana, quindi questi sono l'unico limite di utilizzo della maggior parte delle abilità) che spesso possono risultare decisive nelle battaglie di alto livello.
Un'idea vincente, a cui si aggiungono persino poteri legati ad armi artefatto speciali che possono invece venir riutilizzate esclusivamente dopo aver riposato in un accampamento; solo che alla base il sistema è pressoché identico a quello di Pillars of Eternity, con le stesse problematiche e limitazioni. Dal punto di vista del posizionamento, infatti, i personaggi non ottengono bonus di fiancheggiamento di alcun tipo, ergo i danni aumentano solo se si assaltano i nemici da nascosti (cosa ben meno difficile da fare di quanto si possa pensare) o se si aggirano a dovere le resistenze avversarie con il solito connubio di potenziamenti e indebolimenti magici. Siamo insomma ancora di fronte a meccaniche che ricordano da vicino quelle dei Baldur's Gate, lontane dalla complessità e dall'interattività offerta da un prodotto come Divinity: Original Sin, e arricchite esclusivamente dagli elementi simil-librogame inseriti all'interno dei dungeon. Puzzle, strade alternative e zone mutevoli delle mappe di gioco vengono difatti presentati con chiare icone, che offrono opzioni limitate e richiedono specifiche caratteristiche del proprio team per venir superate. Funzionava benone in Pillars, ma dal titolo successivo ci aspettavamo sinceramente un uso più creativo di tale trovata (o perlomeno un quantitativo maggiore di opzioni in certi casi).
Bellezza nella devastazione
Sensibilmente più innovativo è invece il sistema delle magie e dei poteri. Le prime sono personalizzabili grazie a un arguto menu dove combinare rune e simboli trovati durante la campagna, e in seguito equipaggiabili ai vari combattenti del gruppo in base alle loro conoscenze mistiche; i secondi invece si potenziano a forza di essere utilizzati e non sono - almeno nel caso del protagonista - limitati da una classe selezionata all'inizio, visto che lo sviluppo del proprio alter ego è libero e diviso in numerosi rami abilità.
Meno significative, ma comunque piacevoli, sono le spire, enormi torri sparse per la mappa che vanno a sostituire la fortezza migliorabile del precedente RPG di Obsidian, e sono strettamente collegate all'avanzamento della storia. Insomma, Tyranny è un gioco dalle meccaniche profonde e ben oliate, che però non ha saputo evolvere in modo davvero significativo ciò che Pillars of Eternity aveva offerto. D'altronde, mantiene persino simili mancanze tecniche, con pathing dei compagni che spesso va a quel paese e intelligenza artificiale nemica aggirabile con trucchetti vari anche alle alte difficoltà. Magagne davvero fastidiose queste, perché al di fuori dei soliti bachi e dell'intelligenza artificiale ballerina, Obsidian sa usare a dovere Unity e Tyranny vanta alcune mappe maledettamente ispirate e una direzione artistica d'eccezione. Va detto che le esperienze passate sembrano aver pagato, visto che non abbiamo trovato bug capaci di rompere il gioco durante la nostra prova. Chiudiamo con la longevità, su cui è il caso di fare un discorso a parte. Il titolo non è particolarmente duraturo per un prodotto Obsidian, tanto che un giocatore esperto lo può completare in meno di venti ore (la presenza di un "fast mode" che velocizza battaglie e movimenti può accorciare di molto questa durata); si tratta tuttavia di un GDR estremamente rigiocabile, proprio in virtù delle molteplici scelte morali e relazionali disponibili, e dei grossi cambiamenti alla campagna che certe scelte provocano (seppur i finali tendano a ritornare tutti più o meno allo stesso punto). In base a quanto il mondo di gioco saprà conquistarvi, la durata di Tyranny aumenterà esponenzialmente.
Conclusioni
L'ultimo nato di Obsidian dimostra ancora una volta la dimestichezza della casa con i GDR vecchio stile e inizialmente conquista con una premessa ricca di potenziale. Questa energia racchiusa nel gioco non viene però mai del tutto sprigionata, poiché - nonostante una grande profondità dei sistemi e una notevole solidità di fondo - le ramificazioni si connettono meno fluidamente di quanto prevedibile, a causa di una fase finale chiaramente più affrettata rispetto alle battute iniziali, e chiusa di colpo nel momento del climax. Peccato, ma se amate il genere non è comunque il caso di farsi scappare questo titolo.
PRO
- Impressionanti ramificazioni legate a fazioni e personaggi
- Meccaniche solide e vecchio stile, con qualche interessante trovata
- Art direction lodevole
- Premessa interessante e ricca di potenziale...
CONTRO
- ...che però non viene sfruttata sempre al meglio, specie nelle fasi avanzate
- Finale insoddisfacente
- Poche innovazioni significative rispetto a quanto visto in Pillars
- Intelligenza artificiale raggirabile e qualche magagna tecnica