Dopo tre anni dall'uscita di Hotel Dusk, i ragazzi di Cing hanno voluto deliziare i fan con un seguito che non ne stravolge alcun elemento, riproponendo l'atmosfera noir e l'ottima narrazione del primo capitolo.
Saranno passati anche tre anni dall'ultima volta che si è fatto vivo, ma il caro detective Kyle Hyde è proprio come lo ricordavamo, estremamente serio e trasandato, parecchio asociale e noto per essere continuamente perseguitato dalla sfortuna.
Last Window, seguito diretto di Hotel Dusk: Room 215, si apre non a caso con una escalation di sventure: subito dopo essere stato licenziato dalla Red Crown, Kyle viene a sapere che il Cape West, il condominio in cui abita ormai da tempo, sta per essere venduto, che ha una montagna di arretrati non pagati e che uno stalker sta portando avanti delle ricerche su di lui. Proprio quando si prepara all'idea di dover fare le valigie e lasciare l'appartamento, tuttavia, riaffiora dal nulla un mistero legato al passato dell'edificio, costringendo così il protagonista a improvvisarsi nuovamente detective e a fare luce su un inaspettato e inquietante caso. E, per andare sul sicuro, Cing ha voluto riproporre la stessa formula del primo capitolo, fatta di meravigliose tinte noir, artwork assai espressivi e una narrazione che reclama a gran voce un ruolo da prima donna.
Un'avventura romanzata
Last Window è ambientato solo un anno dopo gli avvenimenti raccontati in Hotel Dusk ma, tralasciando qualche sporadico riferimento, può essere giocato tranquillamente anche da chi non si è mai avvicinato prima alla serie. Il luogo è cambiato, i personaggi pure, ma la struttura è rimasta identica, e le vicende si alternano nuovamente in un unico e grande edificio abitato dal resto dei personaggi. Il DS va impugnato ancora una volta come se fosse un libro, con la mappa del condominio da un lato e l'ambiente tridimensionale dall'altro, mentre gli sviluppatori non si sono scomodati nemmeno nel rivedere lo stile grafico. Non che sia un male, anzi: le illustrazioni in bianco e nero sottolineano in maniera pesante ma piacevole lo stampo noir della storia, mentre la grafica tridimensionale si fonde molto bene con i brevissimi eventi scriptati in cui capita spesso di imbattersi; è davvero raro trovare qualcosa fuori posto, o un elemento che stoni in maniera particolare con il resto. Il grosso del gioco, pure stavolta, lo fa comunque l'interazione con gli altri abitanti dell'edificio, a volte in giro per i corridoi, altre chiusi beatamente nelle loro camere. Ognuno ha una personalità marcata e originale, e non capita mai di trovare un profilo troppo piatto o stereotipato, e anzi ognuno di questi riesce a rendere più credibile e affascinante la Los Angeles degli anni 80 che fa da sfondo alla storia; inoltre, la quantità e la qualità delle illustrazioni realizzate dal team artistico di Cing contribuiscono a rendere tutti molto più espressivi e convincenti. Ciascuno di questi elementi fa in modo che, a differenza di molte altre avventure grafiche, sia sempre un piacere incrociare un personaggio e intavolare una lunga discussione. Se però da un lato Last Window si porta dietro tutti gli aspetti più intriganti, originali e riusciti di Hotel Dusk, purtroppo eredita anche alcuni dei suoi difetti principali: la trama che fa da sfondo al gioco, per quanto narrata in maniera squisita attraverso gli ottimi dialoghi e i monologhi introspettivi del protagonista, è fin troppo lineare.
Il giocatore non potrà influire in maniera evidente sulle vicende, le quali gli vengono raccontate passo dopo passo, proprio come se stesse leggendo un libro. A tal proposito, gli sviluppatori hanno proposto ancora una volta i piccoli quiz al termine di ogni capitolo, così da testare l'attenzione del giocatore e aiutarlo a ricordare gli avvenimenti più importanti. Inoltre, le sitazioni di gioco vanno man mano a comporre un vero e proprio romanzo, al quale si potrà accedere in qualsiasi momento: scritto da Martin Summer, il romanziere che abitava la stanza 211 in Hotel Dusk, il testo rappresenta sia uno splendido modo per rivivere la storia di Last Word, sia una fonte di indizi su alcuni personaggi e situazioni. Poi ci sono gli enigmi, che già non ci avevano convinto nel capitolo precedente e che anche stavolta sono rari e poco affascinanti: il più delle volte ci si ritrova a dover attivare dei pulsanti o ruotare delle manopole, mentre un piccolo cruciverba sembra tra le cose più elaborate che vengono proposte, e i puzzle più interessanti non hanno nulla a che vedere con l'originalità di quelli proposti in Another Code. Ancora una volta si ha l'impressione che molti di questi minigiochi siano stati inseriti con forza, quasi a voler ricordare di tanto in tanto che si tratta pur sempre di un'avventura grafica, e non di una elaborata visual novel.
Pur non introducendo alcuna grossa novità alla formula di Hotel Dusk, Last Window riesce a divertire e affascinare esattamente come tre anni fa. Anche stavolta, il fatto che l'intera avventura si svolga all'interno di un unico edificio non pesa affatto e non opprime il giocatore: un po' come l'Overlook di Shining, il Cape West è un mondo a sé, tutto da esplorare nei suoi segreti e nelle sue misteriose stanze. È per questo che resta il rammarico di non avere totale libertà di scelta o d'azione: spesso gli unici appartamenti accessibili saranno quelli funzionali allo scorrere della trama, e in nessun modo il giocatore può influenzare gli eventi in corso. Questi binari dai quali non è possibile uscire vengono però in aiuto della narrazione, ancora più efficace grazie alle ottime illustrazioni e ai piacevoli brani jazz. Enigmi rari e poco ispirati fanno talvolta rimpiangere i puzzle più geniali di Another Code, ma se la serie noir è considerata la migliore sviluppata da Cing i motivi sono da ricercare in un'atmosfera affascinante e personaggi fantastici.