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Il west non è più così vecchio

Cambiano i tempi ma nelle aride terre dell'ovest le pallottole non hanno mai smesso di piovere copiose

RECENSIONE di Michele Bertini   —   04/08/2011
Call of Juarez: The Cartel
Call of Juarez: The Cartel
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Versione testata: PlayStation 3

Mai come ora il vecchio e selvaggio west sembra esser tornato di moda nell'industria videoludica dopo che anche Rockstar si è buttata a capofitto nell'atmosfera polverosa di fine ottocento con il suo fortunato Red Dead Redemption, dopo che già un certo Call of Juarez si era impegnato ad offrirci a possibilità di duellare a mezzogiorno e di cavalcare verso il tramonto. Però si sa, il tempo cambia ogni cosa, e la frontiera inesplorata di un tempo si è brutalmente colonizzata con la prateria che ha lasciato sempre più spazio all'avanzare del cemento e dei grattacieli; ed è proprio da questo contesto urbano e contemporaneo che prendono forma le vicende del terzo capitolo della saga, una trasposizione in chiave moderna dell'immaginario western dove però è sempre il caro vecchio piombo a farla da padrone.

La bella, il brutto e il cattivo

Direttamente dai caldi e malfamati sobborghi di Los Angeles il poliziotto Ben McCall, insieme all'agente dell'FBI Kim Evans e a Eddie Guerra membro della DEA, hanno a che fare con un cartello della droga messicano che ha allungato i suoi tentacoli fin su alle alte sfere del potere statunitense. Coinvolti in questa singolare quanto improbabile squadra speciale i tre uomini di legge, così diversi e conflittuali tra loro, hanno il compito di sabotare gli affari del cartello, facendo ricadere la colpa su una gang rivale e proteggendo al contempo un prezioso testimone, il tutto in uno scenario di possibile guerra imminente tra gli Stati Uniti e il Messico. Questo terzo Call of Juarez ci da quindi la possibilità di impersonare non solo McCall (discendente degli omonimi protagonisti dei precedenti episodi della serie) ma anche gli altri due agenti, potendo così rigiocare la stessa campagna da tre punti di vista differenti; ogni personaggio infatti ha dei personali interessi secondari relativi alla storia. Oltre a questa seppur marginale caratterizzazione i protagonisti si differenziano dal tipo di armi utilizzabili a inizio missione (tre in tutto: un fucile e due pistole); la scelta del personaggio comunque non influenza minimamente lo sviluppo degli eventi che arrivano sempre e comunque al medesimo, seppur non troppo scontato, epilogo.

Il west non è più così vecchio

L'insolito trio offre però anche la possibilità di giocare l'intera campagna in cooperativa online a tre giocatori, sia in forma privata che pubblica e sicuramente è in questa veste che le dinamiche di Call of Juarez danno il meglio di se. Pur non stravolgendo affatto quella che è la struttura del titolo, le numerose sparatorie bene si prestano ad essere affrontate con dei compagni umani, considerata in particolare la scarsa utilità dei nostri colleghi qualora siano comandati dalla CPU. Quello che però lascia l'amaro in bocca è come, nonostante la presenza di più co-protagonisti, la campagna anche quando affrontata in cooperativa soffre dei medesimi limiti riscontrabili in una partita in solitaria: ovvero una linearità eccessiva delle situazioni e dell'approccio agli scontri, sottolineata da un respawn dei nemici non troppo invasivo in termini numerici ma eccessivamente palese con gli avversari che appaiono letteralmente sulla scena. Anche le condizioni degli scontri non brillano per originalità: infatti gli sviluppatori di Techland, sebbene abbiano infarcito il loro prodotto di situazioni peculiari come quella di affrontare irruzioni nelle stanze sfondando la porta e attivando così il più classico dei bullet time, oppure la necessità di avanzare di copertura in copertura per aggirare alcuni nemici (caratteristica, questa sì, che viene valorizzata in cooperativa), alla lunga non sono riusciti a rendere questi episodi supportati da delle vere esigenze di level design, col risultato che essi finiscono per apparire degli espedienti col fine di tentare di smorzare il lineare avanzare del giocatore.

Foreste nebbiose e città polverose

Una caratteristica positiva di Call of Juarez: the Cartel è riscontrabile nell'intelligenza artificiale dei nemici, che pur non raggiungendo le vette qualitative ammirate in Halo, almeno consente che i membri delle gang non siano troppo inclini a fare da bersagli inermi; anzi questi non disdegnano di ricorrere all'uso di coperture e ad aggirare il giocatore, e a questo si aggiunge il fatto che non è presente alcun radar per individuare gli ostili. Le missioni si susseguono mantenendo la solita struttura di avanza e spara a tutto quello che si muove (magari facendo attenzione ai civili) alternate da alcune scene a bordo di mezzi; e anche qua la modalità cooperativa appare al scelta migliore, mentre le sessioni di guida affrontate in solitaria con la cpu adibita al fuoco di copertura si rivelano tutt'altro che indimenticabili, se non perfino monotone. Nelle sessioni a piedi il level design offre una modesta libertà di movimento regalando un'iniziale sensazione di ampi spazi più che altro apparente, anche se i nemici sono comunque sempre disposti su un solo percorso lineare così che ogni approccio alternativo ai livelli viene in gran parte mortificato. Discorso analogo per l'eterogeneo arsenale messo a disposizione dei tre agenti, il quale è progressivamente espandibile nel corso del gioco facendo salire di livello il nostro alter ego. Le bocche da fuoco disponibili sono ben numerose e spaziano da fucili automatici, a pompa, di precisione e tante tipi di postole e gli immancabili revolver. Pad alla mano il feeling delle diverse armi è piacevolmente riconoscibile ed è possibile anche imbracciare le due pistole contemporaneamente per massimizzare il volume di fuoco, ma è il gioco stesso a non offrirci una complessità di eventi tali da poter sfruttare a dovere tutto questo armamentario, così che l'intera campagna è tranquillamente completabile sfruttando esclusivamente la dotazione di base. Una volta raggiunto un determinato numero di kill è possibile ricorrere alla modalità Concentrazione che comporta un rallentamento dell'azione per pochi secondi permettendo di liquidare più nemici con la massima precisione.

Il west non è più così vecchio

Quello che sembra mancare in particolar modo è un taglio cinematografico e spettacolare all'azione, qualcosa che possa sostenere degnamente la narrazione degli eventi (che di per se offre un copione piuttosto interessante) anche durante le fasi di gameplay e non soltanto durante le scene d'intermezzo. Nel corso del gioco le differenti inclinazioni e i segreti interessi dei protagonisti sono evidenziate da alcuni obiettivi secondari da soddisfare, utili per far salire il punteggio a fine missione, ma tutto ciò si traduce in concreto solo nel rubare alcuni oggetti segreti dalle scene delle sparatorie stando attenti a non farsi scoprire dai due agenti, questo appare come un altro ennesimo elemento che avrebbe meritato uno sviluppo più profondo.

Trofei PlayStation 3

Circa la metà dei trofei è sbloccabile completando la campagna a livello normale. Per i trofei d'argento e d'oro è necessario finire il gioco con tutti e tre i personaggi e anche a difficile, mentre i restanti premi sono destinati al comparto multiplayer e alla cooperativa.

Il west è invecchiato male

Nonostante non brilli per originalità nell'inflazionatissimo panorama degli FPS, a questo terzo capitolo della saga del tesoro di Juarez non sono comunque imputabili dei grandi difetti per quanto riguarda le meccaniche del gameplay che svolge il compito pur senza grandi picchi qualitativi e d'originalità. I difetti più sostanziali si presentano piuttosto nel comparto tecnico che si appoggia al proprietario Chrome Engine giunto alla sua quinta versione. Pare proprio che questo motore sia arrivato al suo limite evolutivo, e lo si intravede in particolare dalla presenza di un aliasing che sporca l'immagine e da una definizione che pare non arrivare allo standard di 720p. Anche i modelli dei personaggi e le animazioni (in particolare quelle dei colpi sferrati a mani nude) non brillano per la loro realizzazione, mentre gli ambienti di gioco nella loro semplice austerità regalano a volte anche degli elementi interattivi come vasi o colonne distruttibili o alla possibilità di far esplodere praticamente ogni automobile incontrata; certo anche questa interattività è per lo più accessoria e non funzionale al gameplay, ma per lo meno dona un tocco di personalità all'azione. Più apprezzabile è invece la varietà delle ambientazioni che si vanno ad incontrare durante l'intera campagna, da foreste a paesaggi abbandonati del vecchio west passando per i sobborghi e i nightclub di una Los Angeles tutt'altro che amichevole. La colonna sonora è senza infamia e senza lode anche se nei momenti di maggior richiamo all'immaginario western la mancanza di un tema principale di qualità si fa sentire (e in quei casi non si può non pensare al genio Morricone).
Call of Juarez: the Cartel offre anche una componente multiplayer competitiva dov'è possibile scegliere quale fazione scegliere tra poliziotti o criminali; qua i limiti delle meccaniche non troppo raffinate per il gioco competitivo si fanno decisamente più pesanti e anche le mappe di gioco ricavate da delle porzioni dei livelli della campagna sono piccole e poco ispirate, il che rende questa componente del pacchetto assolutamente dimenticabile vista in particolare la centralità della campagna.

Conclusioni

Multiplayer.it
6.4
Lettori (38)
6.2
Il tuo voto

Con Call of Juarez: the Cartel si è voluto trasportare il genere western nella realtà attuale; questa mossa coraggiosa è sostenuta da una storia interessante ma che avrebbe meritato di essere raccontata con maggior enfasi e attenzione. I limiti stanno in una cronica ripetitività di situazioni nella campagna, mitigata solo marginalmente dal ricorso a una cooperativa a tre giocatori che in verità dimostra anche del potenziale inespresso. Più gravi sono le mancanze dal punto di vista tecnico dove il Chrome Engine pare non avere più molto da dire, arrancando vistosamente e offrendo un impatto estetico altamente al di sotto degli standard odierni. Un gioco che trova la sua dimensione ottimale proprio in questi mesi di calma piatta del mercato estivo, soprattutto per quei giocatori che hanno la possibilità di affrontare la campagna in compagnia e considerando anche il prezzo accattivante con cui viene proposto già a pochi giorni dal lancio.

PRO

  • Una nuova declinazione del genere western
  • Cooperativa a tre giocatori
  • Storia interessante...

CONTRO

  • ...ma che avrebbe meritato una narrazione migliore
  • Eccessiva ripetitività delle situazioni
  • Tecnicamente molto sottotono