Distopia, fantascienza, intelligenza artificiale. Questi sono i principali ingredienti che compongono Full Void, avventura bidimensionale in pixel art tesa tra fasi platform ed enigmi da risolvere facendo affidamento al proprio intelletto e ad un certo spirito d'osservazione.
La creatura di OutOfTheBit Ltd può anche definirsi un gradevole collage di vecchie glorie videoludiche, che pur senza mai sorprendere, né stupire, accompagna degnamente l'utente nelle tre ore necessarie per completarlo.
Per descriverlo brevemente, senza per questo mancare di precisione, possiamo accostarlo al Prince of Persia del 1989, all'indimenticato Another World, ad Inside. Il secondogenito di Playdead pubblicato nel 2016, a ben vedere, rappresenta quasi in tutto e per tutto il più diretto antenato della produzione di OutOfTheBit Ltd. Dall'ambientazione, allo stile narrativo, passando per gameplay e ritmo dell'avventura, tutto rimanda al piccolo capolavoro del team danese, similitudini che non mancheranno di attirare l'attenzione di tutti gli appassionati di fantascienza e di titoli di questo tipo.
Purtroppo, anche per questo motivo, come vedremo meglio in questa recensione di Full Void, il gioco non riesce praticamente mai a sorprendere, rivelandosi un'avventura innegabilmente divertente e sviluppata più che degnamente, ma che non lascia il segno, né che riesce a distinguersi dall'agguerrita concorrenza.
Distopia ed intelligenze artificiali impazzite
Esattamente come nel più recente Planet of Lana, per fornire un altro termine di paragone, Full Void inizia senza grossi preamboli, proiettando il videogiocatore nel vivo dell'azione sin dall'inizio. Un paio di schermate in pixel art debolmente animate sono tutto ciò che viene concesso al videogiocatore per orientarsi nello scenario immaginato dagli artisti della software house. In un futuro distopico, in cui l'umanità è stata assoggettata da un'intelligenza artificiale, l'adolescente protagonista dovrà innanzitutto seminare le pattuglie robotiche che lo inseguono, facendosi strada tra la vegetazione e le vie più buie della periferia in cui si ambienta il prologo di Full Void.
I silenzi rotti da suoni improvvisi, il rumore dei passi che riecheggiano tra i quartieri di una città che sembra sostanzialmente deserta, i contorni poco definiti delle figure che si muovono sullo schermo, protagonista compreso, sono cifre stilistiche che caratterizzano Full Void e gli donano un carattere certamente derivativo, ma non per questo completamente privo di fascino.
Sulle prime si viene coinvolti dalla vicenda, confusi sul da farsi, desiderosi di scoprire l'obiettivo ultimo del protagonista, nonché come sia stato possibile assoggettare così facilmente l'umanità. Non c'è la distruzione totale di Terminator, né il futuro remoto di un Matrix. Tutto è apparentemente familiare, quasi contemporaneo, non fosse per qualche struttura e costrutto chiaramente futuristico qui e lì, oltre alla già citata assenza di qualsivoglia anima viva che percorra le stesse strade battute dal giovane eroe.
Full Void, in questo senso, sceglie la via della coerenza massima, rendendo la comprensione della vicenda ancora più difficile vista la totale assenza di documenti da reperire nello scenario che spieghino ed illustrino a grandi linee eventi ed accadimenti non direttamente raccontati durante l'avventura stessa. La narrazione, fatto salvo per una manciata di schermate animate che interrompono l'azione di tanto in tanto, è totalmente ambientale e tocca al videogiocatore farsi un'idea d'insieme aguzzando la vista e costruendo ipotesi a partire dai tanti dettagli che arricchiscono ogni schermata.
La pixel art, in questo senso, è volutamente poco definita, con volti, panorami, persino animazioni abbozzate. Anche su uno schermo estremamente definito, la scelta artistica non stona affatto, né risulta sgradevole. Strizzando volutamente l'occhio ai già citati Prince of Persia e Another World, Full Void si fa apprezzare per il suo aspetto estetico, sebbene non riesca praticamente mai ad offrire alla vista scorci particolarmente suggestivi o degni di nota.
Il pianeta Terra disegnato da OutOfTheBit Ltd non è certamente sgradevole e grazie ad un comparto tecnico ineccepibile, si lascia esplorare piacevolmente. Tuttavia, complice un character design non proprio indimenticabile, artisticamente parlando Full Void non si distingue più di tanto da altre produzioni che sfoggiano una pixel art bidimensionale.
La quasi totale assenza di una colonna sonora, da questo punto di vista, non aiuta ad emozionare e coinvolgere emotivamente l'utente, sebbene scegliere di immergere l'avventura in un silenzio a tratti ansiolitico sicuramente attirerà le simpatie di una frangia di videogiocatori.
L'apocalisse di Full Void è già vista, affrontata, superata
Per quanto concerne il gameplay, come già accennato, Full Void si divide tra fasi platform ed enigmi. Esattamente come in Inside, il tutto è intimamente connesso alla pratica del trial & error, nonostante non si raggiungano mai gli estremi delle due opere di Playdead. Nel gioco si muore spesso e volentieri. Tra burroni, robot di pattuglia, fiamme, vapori mortali e decine di altri ostacoli, il più delle volte si tratta di sperimentare, prima di scoprire ed intuire il modo migliore per superare la difficoltà di turno. Full Void, in questo senso, difficilmente è scorretto. Aguzzando la vista e procedendo con cautela, si possono quasi sempre anticipare i guai, ma in certi casi il game over è inevitabile, evento che tuttavia non è mai penalizzante vista l'altissima frequenza di checkpoint che riducono quasi a zero il tempo perso tra un tentativo e l'altro.
A volte, saltando da una piattaforma all'altra si può causare un rovinoso ed improvviso crollo della struttura. Capita spesso di essere braccati da una sentinella che si nascondeva proprio oltre il bordo della schermata. Si può attivare una trappola quasi invisibile se non si guarda bene dove si mettono i piedi. Il level design sa essere a suo modo imprevedibile e stimolante, ma per chi ha già superato con successo le ordalie proposte da Limbo e Inside, le sfide proposte da Full Void non sembreranno che una scampagnata in amicizia. Proprio considerandone il livello di difficoltà generale che il gioco perde lievemente consistenza.
Sì, perché l'avventura, che pur interseca lo stesso sentiero tracciato dai due capolavori di Playdead, non sfida con ugual sfrontatezza il videogiocatore, né il level design è così brillante da comporre ora enigmi davvero originali, ora ambientazioni contorte e ricche di piattaforme tra cui saltare.
Nei suoi momenti migliori Full Void rappresenta una sfida impegnativa solo per chi non è particolarmente esperto con i videogiochi, mentre costerà qualche game over di troppo a chi è a suo agio con il pad tra le mani più a causa di un sistema di controllo fin troppo legnoso, che per l'effettiva complessità di alcuni suoi passaggi. Anche quando si entra in possesso di un piccolo aiutante robotico, a cui si potrà impartire una sequenza di ordini utilizzando specifici terminali presenti nello scenario, Full Void non compie il balzo tanto agognato nell'architettare sfide e puzzle realmente capaci di impensierire più del dovuto la materia grigia.
Poco male, tuttavia, per chi cerca un'avventura lineare e mai troppo impegnativa. Il gioco, beninteso, sa comunque regalare un più che discreto divertimento. Proprio perché non è mai frustrante, né eccessivamente impegnativo, scorre piuttosto bene, proponendo un buon ritmo, anche per come le ambientazioni si alternano. Annoiarsi, in buona sostanza, è impossibile, anche se sole tre ore per giungere ai titoli di coda è comunque un lasso di tempo molto, forse troppo, ristretto.
Conclusioni
Full Void è un gioco sulla falsariga di Limbo e Inside, che tuttavia con le dirette fonti d'ispirazioni ha poco da spartire in termini puramente qualitativi. Non vogliamo essere fraintesi. La proposta di OutOfTheBit Ltd non manca di nulla, né mostra specificatamente il fianco a problematiche particolari, al di là di un sistema di controllo a tratti troppo legnoso. Semplicemente, dalla trama, al gameplay, passando per art e level design, è troppo derivativo e poco originale per lasciare il segno. Le tre ore in compagnia dell'anonimo protagonista di questa avventura sci-fi ambientata in un futuro distopico scorrono piacevolmente tra un game over, un enigma risolto e una serie di salti precisi di piattaforma in piattaforma. Tuttavia, tra qualche mese, faticherete a ricordarvi di questo gioco. Consigliato, insomma, ma solo se siete in astinenza dal genere o cercate qualcosa di divertente, ma mai troppo impegnativo che ricordi in qualche modo i già citati titoli di Playdead.
PRO
- Pixel art gradevole
- Buon ritmo
- Livello di sfida ottimale per i meno esperti
CONTRO
- Gameplay derivativo
- Sistema di controllo a tratti legnoso
- Longevità estremamente contenuta