Grabbed by Rare
S’inizia con una presentazione in perfetto stile Rare: un libro che si apre, tante vignette che si animano e una storia di per sé scontata che prende forma. La trama attinge a piene mani dalle stereotipate narrazioni in ambito videoludico degli anni ottanta, in cui il principe, con la forza dell’amore, doveva salvare la propria bella dalle grinfie di un orrendo cattivone. Solamente che in questa occasione il plot narrativo, anziché tingersi di epicità, prenderà forma sotto spoglie grottesche e umoristiche. Basti pensare alle prime schermate ritraenti il perfido rapitore per capire ciò in cui ci si imbatterà; schermate dove vedremo il nemico di turno a braccia spalancate nel tentativo di simulare un aereo, con tanto di effetti labiali a surrogare il rumore del motore. “Questa è Rare!” verrebbe da dire, ed in effetti la moltitudine di particolari che richiamano lo stile dei fratelli Stamper lascia poco spazio a dubbi in merito. Nella magione in cui prenderanno forma tutte le disavventure del teen ager Cooper, gli elementi richiamanti il “marchio di fabbrica” svariano dai soliti autocelebrativi a quelli più ricercati.
No prayer for the dying
Grabbed by the Ghoulies è un beat’em up tutto sommato classico, che affonda le radici nella profondità degli scantinati polverosi del retrogaming, senza però dimenticarsi di volgere lo sguardo verso l’innovazione. Nello specifico, a fare la parte del leone è senz’altro il sistema di controlli, caratterizzato da un’iniziativa decisamente originale. Nella casa infestata da mostri di ogni specie, infatti, il giocatore combatterà utilizzando semplicemente i due stick analogici: quello di sinistra per comandare i movimenti del protagonista, mentre quello di destra per direzionare ed eseguire gli attacchi. Senz’altro tale feature offre l’immediatezza di colpire dove e quando si vuole, ma le ombre che inficiano questa innovazione finiscono per oscurarla inesorabilmente. La corsa di una levetta è ben più onerosa di quella di un qualsiasi tasto frontale, ciò implica un’eccessivo tempo di esecuzione fra un colpo e l’altro; si parla di frazioni di secondo, sia chiaro, ma in un contesto frenetico quale il genere del picchiaduro a scorrimento, i decimi di secondo possono rivelarsi vitali. Non da meno è l’impossibilità di lanciarsi in fini tecnicismi caratterizzati da combo e mosse speciali, in quanto, a seconda della direzione e della distanza, Cooper sceglierà la mossa idonea alla circostanza, lasciando al giocatore il misero compito di smanettare a più non posso. Il semplicistico sistema di combattimento viene però in parte graziato dalla IA dei nemici, che tenteranno sempre la strada più dolorosa per abbattere il protagonista, cercando oggetti da lanciare o con cui infliggere danni maggiori. Effettivamente il background presenta un forte tasso d’interazione, dove sia il giocatore che i nemici potranno raccogliere ed utilizzare i numerosi elementi presenti nelle varie stanze della casa.
Where the streets have no name
Luci ed ombre, esaltazione e repressione. Poche parole che potrebbero racchiudere significativamente tutta l’essenza di questo nuovo prodotto Rare. Le prime ore di gioco in effetti divertono, sollazzano il giocatore oltre che per la goffaggine derivata dall’eccentricità del sistema di controlli, anche per l’immediatezza di una struttura semplice e, apparentemente, efficace. Lo scopo del gioco è quello di entrare in una stanza, disinfestarla da nefandezze di ogni sorta e proseguire alla stanza successiva. Se la linearità data dall’avanzamento perennemente guidato tutto sommato non disturba, la monotonia delle situazioni proposte nel gioco reca notevoli acuti di noia nel giocatore. A poco serve il tentativo di Rare di aggiungere variabili ad una struttura piatta, quando il sistema di combattimento non esalta in nessuna maniera le doti del giocatore. Gli sviluppatori britannici hanno implementato in ogni stanza un set di regole, che se non rispettato porterà sul campo di battaglia la sagoma della morte; inesorabilmente comica, ma pur sempre letale, nelle sue animazioni da rockstar quando con la falce si produce in un assolo da perfetto chitarrista. Le limitazioni cambieranno di stanza in stanza, passando dalle più classiche in cui bisognerà sgombrare l’area in un determinato tempo, alle più originali, come l’impossibilità di recar danno alla mobilia della stanza in cui si combatterà.
True colors
Stile. Come già accennato nei precedenti paragrafi, Grabbed by the Ghoulies è ricolmo di tanti piccoli tocchi di classe, coadiuvati da tanto stile e da una realizzazione tecnica impeccabile. Se i modelli poligonali non fanno registrare numeri da capogiro nel nostro teorico contapoligoni, le animazioni dei nemici e del protagonista s’intonano perfettamente son lo stile scanzonato di questo gioco. Cooper avrà un set d’animazioni prese direttamente dal più goffo dei wrestler in circolazione, mentre i vari mostri che s’incontreranno lungo l’avventura presenteranno chicche in ogni dove. Tutto è all’insegna dello spasso più spensierato, aiutato anche da scelte cromatiche efficaci, tanto da suppore che Rare abbia rubato i pastelli dall’astuccio di uno scolaretto inglese da quanto son morbidi e vellutati i colori. All’appuntamento con la bontà visiva proposta da Rare non si dà malata nemmeno la realizzazione degli ambienti di gioco, che, oltre ad essere maniacalmente dettagliati, offrono numerevoli spunti d’interazione. Unica nota non troppo positiva riguarda la camera, non sempre puntuale e precisa. Anche l’orecchio vuole la sua parte, e Rare non sbaglia nemmeno qua: le tracce d’accompagnamento risultano accattivanti, al limite dell’ipnotico; così come gli effetti sonori più volte riescono nel tentativo di strappare un sorriso.
True colors
Commento
Rare sembra aver preso un iter ben preciso con questa generazione di console, che la vede protagonista per la seconda volta. Chi ricorda il gioco d’addio al mondo Nintendo, Star Fox Adventures, avrà trovato certamente in quanto scritto finora parecchie similitudini. Grabbed by the Ghoulies risulta infatti un gioco più bello da vedere che da giocare, dove le principali lacune a livello di gameplay puntano il dito in un sistema di combattimento ridotto ai minimi termini ed una struttura di gioco lineare ma, soprattutto, troppo monotona. Questa nuova fatica degli Stamper si rivolge in particolar modo a chi vuole giocare senza dover attivare la materia grigia, spensieratamente. GbtG può costituire un regalo di Natale pressochè perfetto per un bambino, che verrà senza alcun dubbio rapito dal mondo divertente e grottesco ricreato. Chi, invece, si aspettava un ritorno di Rare all'altezza dei fasti di un tempo, dovrà attendere almeno fino al prossimo titolo.
- Pro:
- Tecnicamente ben realizzato.
- Trasuda stile Rare in abbondanza.
- A tratti esilarante.
- Contro:
- Camera non sempre affidabile.
- Sistema di controlli troppo limitativo.
- Lineare e monotono.
Colpo di spugna, lavagna cancellata. Così sembrerebbe, all’occhio di chi non conosce quella che è tutt’ora la software house più irriverente del panorama dei videogames. Un percorso travagliato, fatto di mille piccoli ostacoli, ha portato la casa britannica dei fratelli Stamper, Rare per farla breve, al diretto cospetto di Microsoft. Un colpo da maestro, nove in buca e tutti a dacantare ciò che era il figliol prodigo di mamma Nintendo. Perché di lodi da tessere ce ne sarebbero tante quando si parla di Rare, basterebbe citare quella manciata di titoli prodotti nella generazione passata per attivare immediatamente meccanismi mnemonici bizzarri e allo stesso tempo gustosamente piacevoli. Un sorriso ebete, un filo di commozione e via. Ora, conoscere i reali motivi che spinsero questa celebratissima software house a lasciare il tetto di villa Nintendo, sarebbe come venire in possesso del sacro Graal. Le infinite supposizioni, accompagnate dalle dichiarazioni ufficiali del tempo, lasciano ancora aperti alcuni dubbi, ed avere fra le mani questa nuova produzione Rare altro non fa che riaprire porte apparentemente sbarrate a tempo debito. Questo Grabbed by the Ghoulies si carica del peso di iniziare un nuovo cammino, di archiviare il passato per intraprendere un viaggio lungo e, speriamo, costellato di successi.