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Killer 7

Il visionario e originalissimo titolo di Capcom ha finalmente raggiunto i negozi, ma cosa si cela sotto ad una componente grafica fuori da comune?

RECENSIONE di Andrea Palmisano   —   21/07/2005
Killer 7
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Creatività o follia?

La storia che fa da sfondo alle vicende, come saprà benissimo chi ha seguito il lungo percorso di Killer 7 dalla presentazione fino alla pubblicazione, vede come protagonista Harman Smith, un vecchio assassino ormai costretto su una sedia a rotelle. Dall’instabilità della sua mente sono stati generati 7 killer, che altro non sono se non sdoppiamenti della personalità di Harman; ognuno di essi possiede un aspetto e delle caratteristiche uniche che lo distinguono dagli altri, tanto nelle armi di offesa quanto nelle abilità “speciali”. Dan Smith per esempio, il personaggio col quale si inizia l’avventura, rappresenta quello più equilibrato nelle qualità; Coyote Smith è invece specializzato nell’aprire serrature, ed è inoltre capace di saltare più in alto di tutti per raggiungere zone altrimenti fuori portata. Kevin Smith può contare sull’invisibilità, mentre Kaede è l’unica a disporre di un fucile con mirino telescopico. Mask de Smith può passare attraverso ostacoli invalicabili per gli altri grazie alla sua forza, al contrario Con Smith tramite la sua piccola taglia è in grado di superare stretti cunicoli o usare lo sviluppatissimo udito come sonar. Per ultimo Garcian Smith, il leader del gruppo, che è anche quello a cui è indissolubilmente legata la schermata di “Game Over”: se uno degli assassini muore, sta a lui infatti raggiungere la zona dell’uccisione per raccogliere la testa del compagno e poterlo così resuscitare. Ma se anche Garcian viene ucciso, non resta che ricaricare l’ultimo salvataggio. La trama, tutt’altro che chiara e di semplice comprensione anche una volta terminata l’avventura, vede come obiettivo principale l’uccisione di Kun Lan, un boss criminale che ha dalla sua parte un esercito di creature chiamate “Heaven Smile”. Livello dopo livello tutto si fa però più complesso, confondendo il giocatore e introducendo elementi che esulano dall’obiettivo iniziale. Se fino a questo punto tutto potrebbe rientrare nell’ottica di un videogioco ancora “dentro gli schemi”, è sufficiente mettersi di fronte alla tv e prendere il pad in mano per cambiare completamente opinione.

Killer 7
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Non parlo italiano

La versione migliore tra le due disponibili è senza dubbio quella per Gamecube. La console Nintendo può contare infatti su un sistema di controllo più preciso e reattivo particolarmente nelle sezioni in prima persona, una superiore pulizia grafica, ma soprattutto su una velocità sensibilmente maggiore durante i frequenti e fastidiosi caricamenti. Va invece segnalata la sciagurata volontà di Capcom di non fornire al titolo una traduzione nella nostra lingua; fattore, questo, aggravato dalla totale assenza dei sottotitoli durante le sequenze di intermezzo (fortunatamente non troppo numerose). Un vero problema per chi non ha familiarità con l’inglese, a maggior ragione data l’importanza della trama all’interno dell’economia del titolo.

La libertà di uccidere

Ciò che fin dall’inizio ha stupito di Killer 7 è stato senza dubbio l’impianto grafico, totalmente diverso da quanto visto fin’ora. Utilizzando la tecnica del cel shading applicata però ad uno stile artistico tra lo stilizzato e il fumettoso (un fumetto dark, sia chiaro), la produzione Capcom appare come una sorta di approccio post moderno ad una meccanica di gioco al contrario decisamente retrò. La chiave di lettura di Killer 7 sta proprio in questa parola: contrasto. Contrasto di colori, di forme, ma anche di concetti e di stati d’animo. La componente grafica è infatti solo la punta dell’iceberg, o meglio una porzione del tutto, un tutto comunque davvero di difficile comprensione. Come altro definire, se non “di difficile comprensione” la decisione riguardo al gameplay puro e semplice adottato dai designers nipponici? I primi minuti passano infatti nel sincero imbarazzo di fronte alla ristrettezza e alla rigidità dei comandi disponibili. Pur adottando una visuale simile alla serie Resident Evil (prima del quarto episodio), Killer 7 permette solo una frazione della liberta di movimento del survival horror per eccellenza. I personaggi si muovono infatti su binari prefissati, e l’unico compito del giocatore sta nel premere un tasto per permettere a questi di procedere lungo il tracciato stabilito. Non è concesso nemmeno arretrare, ma solo premere un altro tasto per girare di 180 gradi ed eventualmente percorrere la strada al contrario, senza ovviamente nessuna variazione di traiettoria.

La chiave di lettura di Killer 7 sta proprio in questa parola: contrasto. Contrasto di colori, di forme, ma anche di concetti e di stati d’animo

Nel caso in cui si avverta un effetto sonoro che avvisa della presenza di nemici, sarà necessario premere uno dei tasti dorsali per passare alla visuale in prima persona, durante la quale viene concessa solo la possibilità di spostare il mirino e non il proprio alter ego. La semi-invisibilità degli Heaven Smile può essere risolta con lo “scan” dello schermo, che non solo rende visibili i nemici ma ne individua anche il punto debole. Si tratta di una limitata zona del corpo che, se colpita, permette di eliminare istantaneamente la creatura. Ogni avversario abbattuto fornisce poi un quantitativo di sangue; il liquido, diviso in due tipi (thick e thin), malgrado il senso macabro ha un utilizzo piuttosto convenzionale. E’ infatti possibile convertirlo per migliorare le caratteristiche di ogni personaggio, oppure per riguadagnare l’energia persa o ancora spenderlo al fine di eseguire le mosse speciali. La semplicità e limitatezza di tale schema di gioco viene interrotta dai vari enigmi e puzzle presenti nei livelli, in realtà però piuttosto elementari e non particolarmente originali. Come se non bastasse, il gioco fornisce la possibilità di accedere a diversi aiuti per risolvere i “rompicapo”, se così si possono chiamare... Un discorso a parte merita infine il sonoro, davvero ottimo; pur non essendo invadente, fa perfettamente il suo lavoro di supporto a quanto avviene su schermo, e può contare su una serie di brani di qualità e varietà davvero consistente.

Killer 7
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Commento

Il voto assegnato a Killer 7 è stato frutto di una lunga riflessione. Da una parte va dato merito a Capcom di aver prodotto un titolo assolutamente fuori dal comune, soprattutto per merito di una veste grafica che rappresenta uno dei rari casi in cui scomodare la parola “arte” non rappresenta un’esagerazione. Ma allo stesso tempo è davvero difficile non ravvisare in Killer 7 un grave sbilanciamento della forma sulla sostanza. Il gameplay è infatti povero, limitato e spesso irritante, aggravato su Ps2 da caricamenti davvero insopportabili. Dimenticare questi difetti in nome della splendida componente estetica sarebbe come dimenticare che stiamo parlando di un videogioco. E come videogioco, Killer 7 semplicemente non è all’altezza delle aspettative.

    Pro:
  • Esteticamente unico e splendido
  • Ottimo sonoro
  • Atmosfera intrigante
    Contro:
  • Gameplay limitato e ripetitivo
  • Enigmi banali
  • Caricamenti estenuanti su Ps2

E’ difficile scrivere una recensione di Killer 7, esattamente come è difficile giocarci e allo stesso modo come è difficile dare un giudizio sulla sofferta e travagliata produzione Capcom. Originariamente nato come esclusiva Gc e poi sviluppato anche su Ps2, la fatica supervisionata da Shinji Mikami (date un'occhiata al nostro Ritratto dedicato al visionario produttore) e realizzata da Grasshopper e Suda 51 è con ogni probabilità quanto di più fuori dagli schemi si possa trovare oggi nel mondo dei videogiochi. O forse no...