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Kill.Switch

Se le imboscate da dietro gli angoli e la guerriglia con armi da fuoco sono il vostro sogno proibito ma non avete il fegato di rischiare la pelle per far fuori tutti i vostri nemici, procurarsi Kill Switch è il miglior compromesso tra le vostre aspirazioni e la rassicurante realtà. Dopo i soldatini.

RECENSIONE di La Redazione   —   25/03/2004
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Non chiamatelo "Metal Gear"

Uno dei paragoni più diffusi portati avanti durante l'attesa di Kill Switch è stato quello con Metal Gear Solid e il suo seguito. Dato che è impossibile non prendere atto delle voci in corso, partiamo proprio da qui, chiarendo che si tratta di un paragone completamente fuori luogo. Le premesse di Kill Switch, infatti, si distinguono lapalissianamente dalle aspirazioni narrative e dal tactical espionage system delle creature di Kojima. Specialmente di Metal Gear Solid 2, nel quale l'attenzione sul livello della trama (peraltro stra-sopravvalutato) è praticamente preponderante rispetto al gameplay effettivo. KillSwitch, al contrario, non nasce per raccontare, e presenta dei semplici intermezzi tra l'azione di un livello e l'altra. Si vestono i panni di un mercenario provvisto di un sistema neurale di interfaccia con la sua base di controllo che, però, procura anche spiacevoli effetti negativi sotto forma dei soliti ricordi sentimentali non del tutto cancellati da chissà quale sacca mnemonica dell'impianto. Nel frattempo capiamo a poco a poco chi siamo, chi è la donna nei nostri ricordi, chi sono i veri cattivi, et cetera. La trama è esposta a mo' di intervallo e a spizzichi e bocconi, con un effetto di suspence e indeterminatezza così riuscito che skipperete i detti intermezzi dopo un paio di secondi, pronti a far fronte a un altro livello di pura azione. Questo ci porta alla seconda caratteristica che distingue KillSwitch da Metal Gear Solid e che al contempo è utile per descriverlo: il sistema di controllo e l'orientamento del gameplay. Come anticipato, il fulcro del gameplay è costituito dal sistema di corri-riparati-e-spara che Namco ha felicemente impiantato sul Dual Shock, e l'asse del gameplay è decisamente orientato verso l'azione piuttosto che verso gli enigmi o il ragionamento. Troveremo ben pochi switch da attivare e ben pochi momenti in cui dovremo spostarci per azionare questa o quella leva che apre altre parti del livello, mentre saremo ben più impegnati nel raccogliere munizioni e a scegliere l'arma più appropriata tra il fucile a puntamento, i mitragliatori e i lanciagranate per far fuori quei furbacchioni dei nemici o, ancora, nel cercare un buon punto al riparo dal quale zoomare per fare fuori un cecchino insolente.

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Tactical Offense System e Blind Fire = spara, riparati, spara….

Sia il controllo che l'intelligenza artificiale eccellono in Kill Switch, mentre i difetti principali del gioco risiedono nella brevità complessiva dell'esperienza e nella ripetitività dell'azione. Passiamo al controllo. I due analogici controllano rispettivamente i movimenti del personaggio nell'ambiente e il posizionamento del mirino, che rimane fermo sull'asse in cui lo sistemiamo consentendoci di spostarsi mantenendo una direzione di fuoco. I tasti del pad sono divisi tra l'utilizzo delle granate, l'attacco fisico col calcio della pistola (che "umanizza" piacevolmente il nostro personaggio quando siamo sprovvisti di proiettili) e i tasti di azione per attivare switch e utilizzare armi che l'ambiente offre (come le postazioni dei mitragliatori). Il tasto R1 fa fuoco, mentre al tasto L1 è preposta la funzione chiave di ripararsi dietro gli elementi dell'ambiente come muri, rottami, colonne, veicoli e così via. Mantenendo premuto il tasto potremo avvalerci del Fuoco Cieco nella direzione che puntiamo con l'analogico, mentre muovendo poco oltre il riparo il corpo del personaggio potremo avvalerci di una precisione di sparo notevole, esponendoci però al fuoco nemico.

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Tactical Offense System e Blind Fire = spara, riparati, spara….

Per quanto possa sembrare complesso, e per quanto il sistema di controllo necessiti di un po' di pratica di rodaggio, il risultato è che in un paio di decine di minuti si è già in grado di controllare più che bene il personaggio, e di gettarsi nell'arena di massacro tattico contro il computer. L'altro punto a favore di Kill Switch è la notevole intelligenza artificiale della CPU. I nemici non seguono affatto schemi determinati, ma rispondono tatticamente al vostro stile di attacco e alle vostre azioni, ora tentando di sorprendervi da un lato e ora cercando riparo. La possibilità di ingaggiare mind games con la CPU è irresistibile e consente di creare tranelli attirando i nemici in tutt'altro punto rispetto alla vostra posizione prescelta, attività che in KillSwitch risulta tanto semplice quanto divertente. Ma anche, alla lunga, ripetitiva. Il difetto principale del titolo Namco è forse il senso di continua iterazione delle stesse cose: sparare, nascondersi, sparare, nascondersi ancora, sparare ancora. Cosa che è in un certo senso il fine principale del gioco, anche se è impossibile ignorare che un po' di varietà sotto forma di tipi di nemici, schemi di attacco e ambientazioni avrebbe notevolmente giovato al titolo. Penalizzante, poi, la brevità complessiva. Sole sei ore di gioco sono molto poche per una forma di gameplay che avrebbe meritato un apparato di high score, sbloccaggio e quantità di livelli ben maggiore.

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Il verdetto
Nel complesso Kill.Switch funziona in maniera ottima: si gioca con la stessa frenesia di un FPS vecchia scuola ma incorpora l'elemento fondamentale della strategia nel controllo rispetto all'ambiente e alla posizione dei nemici. Estremamente divertente e dotato di quella forma di gameplay che ti fa andare avanti per il puro piacere di superare un livello più difficile, Kill.Switch è un gioco più che discreto, una piacevole sorpresa che ha poco a che vedere con gli accostamenti fuori luogo con il solito metal ghiar e che, paradossalmente, ha forse più vero e proprio gameplay dalla sua parte. Peccato che un gameplay di questo tipo abbia bisogno di più opzioni, di più varietà e durata, di più dispositivi per prolungarne il piacere squisitamente "di controllo" per non affondare nella polvere dopo sei ore di gioco. Forse Kill Switch è lo shooter da affitto definitivo: non si merita di fare la controparte videoludica di Full Metal Jacket sul vostro scaffale ma è senz'altro più che godibile per tutto il tempo che dura.

    Pro:
  • Buona atmosfera guerresca
  • Eccellente accompagnamento audio
  • Sistema di controllo entusiasmante
  • Buona curva di apprendimento
    Contro:
  • Ripetitivo
  • Problemi saltuari di telecamera
  • Scarso apparato di opzioni e rewards
  • L'esperienza è molto breve

Di Kill Switch si è parlato molto, e l'attesa è terminata con uno dei più godibili shooter in circolazione. L'ultima fatica Namco è infatti uno di quei titoli divertenti e impegnativi (non privi di difetti che ne ostacolano la sosta prolungata in collezione) che non pretendono di assurgere allo statuto di capolavori o titoli obbligatori e che però sono capaci di sorprendere piacevolmente, conquistando il giocatore senza fare il passo più lungo della gamba. In KillSwitch si spara, ci si nasconde dietro gli oggetti e si fanno fuori i nemici in una piacevole ambientazione guerresca con tinte di fantapolitica, narrata linearmente come contornino tra un livello e l'altro. Tutto qui. Il gameplay è dichiaratamente unilaterale: l'obiettivo è sopravvivere alle gragnole di proiettili che i nemici ci spareranno addosso mentre ci infiltriamo in questa o quella base, procedendo senza troppi enigmi e curandosi solo di farli fuori nel miglior modo senza farsi ammazzare all'istante esponendoci al fuoco. Il fulcro del gioco sono lo strombazzato e non deludente Tactical Offense System (con il quale gestiamo il modo in cui il nostro personaggio prende vantaggio dell'ambiente per ripararsi dai colpi nemici e rispondere al fuoco) e il Blind Fire (che consiste in una tattica di "fuoco cieco" che arricchisce non poco di sfumature il sistema di controllo). Kill Switch si fonda interamente sul piacere di padroneggiare il controller e coordinare occhio e mano per penetrare in un ambiente ricco di nemici e farli tutti fuori gestendo l'equilibrio tra l'assalto frontale, nella maggior parte dei casi suicida, e la guerriglia tattica del prendere tempo e riparo per ben mirare ai cattivoni. Il tutto in un'ambientazione estetica piacevolmente caratterizzata, con fondali e personaggi molto ben animati e soprattutto limpidi, e con l'unico rimpianto di qualche rallentamento qua e là. Il comparto sonoro, invece, merita particolari lodi, sia per quanto riguarda la varietà e il realismo degli effetti che per la qualità compositiva e "interattiva" delle musiche di sottofondo, che ben accompagnano i ritmi diversi delle fasi di gioco alternandosi tra suspence, frenesia e angoscia. Mediocre, da cartoon di bassa lega, il doppiaggio italiano.