Dormirai in quella baracca....
Dopo la breve introduzione piomberete comunque nella dura realtà del campo di prigionia. La prima cosa che noterete sarà che la vita in prigione è pianificata nei minimi dettagli. Si parte con la sveglia all’alba per l’appello, passando per la colazione fino ad un paio di “ore d’aria” prima del pranzo. Poi arriva l’ora di cena, l’appello serale ed infine le luci si spengono, da questo momento chiunque venga sorpreso ad aggirarsi fra le tende del campo deve aspettarsi gravi punizioni. Nel gioco tutto è scandito dal tempo, per questo imparerete presto che la cosa più importante è quella di prestare attenzione all’orologio. Ad un’ora prestabilita avviene il cambio della guardia e il trasferimento dei prigionieri da un’area all’altra, è perciò fondamentale dedicare i primissimi giorni all’apprendimento del meccanismo che guida questi spostamenti. Coinvolgere gli altri prigionieri è altrettanto importante. Potrete contare su qualcuno che distragga le guardie, mentre altri potranno vendervi utili oggetti ed importanti informazioni. Infine vi troverete a creare una vera e propria organizzazione che vi aiuterà a svolgere il piano per la fuga. Il problema è che mentre inizialmente questo meccanismo vi appassionerà alla lunga si rivelerà un freno rigido e tutt’altro che realistico. Qualsiasi azione, dal semplice e veloce raid al magazzino per procurarsi qualche alcolico od un po’ di sigarette (o “monete” come amano chiamarle i prigionieri), fino al vero e proprio tentativo di fuga, deve essere compiuto nel più completo rispetto dei tempi, lo scarto a disposizione è pochissimo.
La dura vita del carcerato.
E’ molto facile non rientrare nei tempi e rischiare di non presentarsi in tempo all’appello, mettendo in allerta gli spietati secondini. Dovrete,in questo malaugurato caso, ripercorrere tutte le fasi del vostro piano e rivedere i tempi e le mosse da farsi. Sarà facile esclamare “Bene, sono stato catturato! Nessun problema, riproverò il circuito un’altra volta!”. E’ questa tendenza a dimenticare (che fa sì che alla vostra cattura seguirà solo un periodo di un paio di giorni in isolamento) che priva Prisoner Of War di ogni senso dell’atmosfera, a discapito dell’ambientazione così dettagliata e curata. Non vi sentirete mai in vero pericolo, al peggio dovrete ripetere molte volte la stessa storia, affinando la vostra tecnica. E se proprio non ci sarà verso di muoversi da una situazione particolarmente complicata la via più semplice sarà quella di buttarvi su qualche trucchetto-salvagente!
Infine bisogna segnalare qualche probelmino di troppo con l’inquadratura in terza persona. Per un gioco che richiede soprattutto di essere perfettamente consci di ciò che sta succedendo dietro l’angolo Prisoner Of War non offre particolari aiuti, in quanto saremo perennemente costretti a far slittare la camera con il mouse (magari dopo un po’ di allenamento potremmo anche abituarci…); è capitato anche di non ritrovare più il nostro personaggio durante un’operazione di sopralluogo con la visuale, proprio mentre i tedeschi già sentivano l’odore del prigioniero in fuga. In oltre i comandi sensibilissimi a volte renderanno il controllo del gioco un poco arduo, in quanto sarete costretti ad evitare qualsiasi errore di posizione (nell’ordine dei centimetri) per non rilevare alle guardie la vostra posizione. Tuttavia nonostante questi difetti il gioco ha la capacità di stuzzicare l’immaginazione del giocatore.
Parliamo di interfaccia.
Dedichiamo qualche riga all'aspetto spesso fondamentale in questa tipologia di titoli. Molto spesso ci si chiede se in giochi come questo ci sia qualche problema nel controllo delle proprie azioni, poichè molto spesso si finisce per utilizzare decine di tasti per decine di azioni diverse. In Pow tutto si comanda attraverso i tasti direzione, lo shift, il tasto "c" (crouch, per accosciarsi), la barra,il muose e i suoi due tasti.
Noteremo nell'angolo superiore sinistro dello schermo due bottoni numerati, indicatori dei due tasti del mouse. Avvicinandoci ai vari oggetti, alle porte o a reti di recinzione da scavalcare appariranno al loro posto icone raffiguranti le azioni permesse. In questo semplice modo capirete subito quale grado di interattivtà il vostro personaggio avrà nei vari ambienti e sarà semplice distrcarsi nel già troppo complesso mondo del campo di prigionia.
Rimanendo sempre in tema di interfaccia di gioco non dimenticate di porre sempre un occhio all'orologio che scandirà continuamente i tempi di vita del campo. Sgarrare anche di pochi minuti sui tempi stabiliti dagli ufficiali nazisti potrebbe costarvi l'andare a monte dell'azione da voi a lungo pianificata.
Titoli di coda.
Nonostante alcuni, evidenti, difetti PoW rimane pur sempre una ventata di aria fresca nel panorama videoludicotroppo spesso saturato da titoli che si fondano su format già ben affermati. Quella di PoW può essere considerato un buon tentativo fatto per discostarsi un po' da generi già troppo navigati.
Dopotutto Prisoner Of War è un titolo originale, ricco di spunti per poter strappare qualche sorriso e donare attimi di divertimento a chi volesse fra voi cimentarsi nell’ardua impresa di riportare il Capitano Stone a casa, dalla sua amata Betty (avrà sicuramente un’amata Betty da qualche parte!). Qualche problema con la gestione della visuale, i controlli un po’ complessi e le molte ore che dovrete spendere per apprendere le esatte e snervanti mosse da compiere per raggiungere l’agognata libertà rovinano un pochino ciò di cui avreste potuto godere al momento dell’installazione se solo ci si fosse impegnati di più in fase di sviluppo. Peccato. Divertente per qualche (breve) momento, ma non per ore.
Titoli di coda.
Pro
- Orignale (per una buona volta!)
- Interfaccia intuitiva e pratica
Contro
- Visuale scomoda
- Molto, troppo ripetitivo
- L'impossibilità di rimanere uccisi in un gioco in cui si deve tentare la fuga da un lager è assolutamente irreale
Porta il c**o fuori di lì!
Quanti fra voi, guardando qualche vecchio film di guerra, avranno pensato a come i soldati americani avrebbero potuto sottrarsi alle grinfie degli odiati Nazisti in questa o in quell’altra maniera. “Sarei passato dalla finestra”, “Mi sarei nascosto fra la biancheria sporca”, “Mi sarei dato per morto e una volta nella fossa sarei scappato di soppiatto” e cose del genere. Questo genere di esperienza viene riprodotta da Prisoner of War, ultimo nato in casa Codemaster tratto dal genere sneak-‘em-up, titolo che ci porterà ben presto a livelli di frustrazione e tensione difficilmente raggiungibili. Come spesso capita nei classici del cinema “di guerra” Lewis Stone è un fiero eroe di guerra Americano che vive col fastidioso problema di essere uno dei tanti piloti caduti col proprio aereo dietro le linee nemiche. E come è naturale che avvenga in questi casi il povero pilota viene presto fatto prigioniero. Ovviamente non sarà qualche metro di filo spinato o un faro di sorveglianza manovrato da qualche “crucco” incompetente a frenare la sete di libertà dell’intrepido eroe. E’ chiaro, il piano è questo: poter fuggire al più presto. Lungo i cinque capitoli del gioco , ognuno dei quali offre un certo numero di obiettivi, Stone si troverà ad essere trasferito di prigione in prigione, partendo dal classico campo di scarsa sicurezza, passando per Stalag Luft fino al famigerato campo di Colditz.
Imparerete ben presto a calarvi nei panni del simpatico Capitano, fin da quando lo vedrete atterrare con il suo paracadute in perfetta tenuta da divo del cinema anni '50, con tanto di ciuffo ribelle domato da litri di brillantina (in pratica il cugino di Elvis). Giunti davanti agli ufficiali nazisti capirete poi quanto questo giovane baldanzoso si senta sicuro delle sue capacità. Chiunque davanti ad un perfido carceriere avrebbe risposto con cura ai severi ordini imposti, non il nostro Stone, una roccia di nome e di fatto (amo questi sottili doppi sensi nei nomi dei personaggi).