Il 2021 sembra essere l'anno dei corvi. Dopo l'ottimo Death's Door, che ha trovato il suo meritato spazio anche su console, svestiamo i panni del coraggioso corvo armato di spada (od ombrello, o quello che più vi aggrada) per indossare quelli più tragici di una giovane protagonista in fuga per la sua stessa vita, all'interno di una società che ostracizza e sfrutta i corvi - in questo caso rappresentati più come animali antropomorfi.
White Shadows è l'opera prima dello studio tedesco Monokel in cui, fin dall'inizio, è possibile rivedere tracce di Limbo e/o Inside. Dal punto di vista artistico risulta molto più curato, arricchito da filmati e in generale con una profonda ricerca del dettaglio. Dove pecca di più è nell'azione, piuttosto limitata, e nell'eccessiva ermeticità della narrazione: fino a un certo punto si rende comprensibile, con i pezzi che si incastrano lentamente al loro posto, ma nelle battute finali prende una deriva che ci ha lasciato un po' perplessi.
Scopriamo meglio le avventure di Ravengirl nella nostra recensione di White Shadows.
Narrazione
Come sempre, partiamo dalla storia. Non è semplice raccontare White Shadows, sia perché non vogliamo sfociare nello spoiler sia perché, di fatto, è complicato capire dove voglia andare a parare o cosa intenda dire. Quello di cui siamo certi è che ci troviamo completamente immersi in una distopia, un Metropolis misto a Bioshock dove sfruttamento e controllo sociale sono alla base della città in cui si svolge la fuga di Ravengirl.
Del resto, lo premettono anche gli sviluppatori prima d'iniziare a giocare. White Shadows presenta scene di razzismo, xenofobia, violenza anche nei confronti di donne e bambini, insomma non si fa mancare niente: possiamo confermarvi che queste avvertenze non sono campate per aria, il gioco passo dopo passo si fa sempre più crudo e sporco, soprattutto quando noi per primi siamo chiamati a compiere determinate e deprecabili azioni.
In questo contesto di degrado, intuiamo che i corvi in particolare sono ostracizzati in quanto "portatori di malattie": l'intera città è costruita per veicolare questo messaggio sfruttando la narrazione ambientale, con cartelli al neon che rimandano in continuazione al fatto che sia giusto allontanare i corvi e usare loro violenza. Oppure, con evidenti scene di sfruttamento nei confronti dei suddetti, attraverso rimandi che in alcuni casi ci hanno fatto pensare alle deportazioni e ai campi di concentramento durante il periodo nazista.
Gli sviluppatori non la mandano tanto a dire, con i contenuti forti. Il punto però è: cosa vogliono dire? Perché pur avendo apprezzato la narrazione ambientale, la cura nel ricostruire scenari e personaggi che, pur nel loro silenzio, riescono a spiegare il contesto, mancano alcuni passaggi per capire davvero cosa sia successo e soprattutto chi sia Ravengirl. Come anticipato, le battute finali sono un po' frettolose e non aiutano nel chiudere il cerchio.
Gameplay
In termini di gameplay, White Shadows è semplicissimo. Al giocatore viene soltanto richiesto di muovere il personaggio, abbassarsi ove necessario, saltare e interagire occasionalmente con alcuni oggetti: nient'altro. Una banalità che non stonerebbe (di nuovo, pensiamo a Limbo e Inside) se fosse stata però resa più presente. Progredendo nel gioco ci siamo resi conto di come l'azione più comune sia muovere il personaggio, quasi fossimo in un walking simulator, mentre gli enigmi o le sezioni più platform sono contenute: non ridotte all'osso ma neppure tanto presenti come ci saremmo aspettati.
Da un lato è complice la breve durata del gioco e il fatto che sfrutti quel lasso di tempo soprattutto per raccontare e mostrare scenari indubbiamente di pregio. Intendiamoci, ci sono sezioni che abbiamo molto apprezzato, persino una boss fight se così vogliamo definirla, ma nel complesso manca un po' di bilanciamento tra l'azione concreta, impegnativa, e la semplice transizione da un punto all'altro. Il percorso è inoltre molto lineare, privo di passaggi segreti, scorciatoie o anche solamente dei segreti, delle deviazioni che si concludano con una qualche strizzata d'occhio, come di solito succede in questi giochi.
Mettendo insieme narrazione ermetica e gameplay a tratti fin troppo lineare, privo di una vera e propria sfida, White Shadow emerge come un'esperienza finemente realizzata dal punto di vista artistico, sul quale davvero vale la pena spendere le giuste lodi, ma più scarna per quanto concerne il connubio narrazione/gameplay. Se avete già avuto esperienza con giochi dove l'ermeticità la fa da padrone, allora saprete che il ritardo nella contestualizzazione è (o dovrebbe essere) bilanciato da una progressione che spinge il giocatore a fare quel passo in più. In parole povere, se non siamo soddisfatti a livello di storia possiamo sempre trovare la spinta in un gameplay intrigante, capace di stuzzicare il nostro senso di sfida: White Shadows purtroppo non osa, in tal senso, mantenendosi sul sicuro con sezioni che, seppur a tratti molto interessanti soprattutto come messa in scena, non impegnano mai abbastanza. Subentra allora la curiosità di capire dove voglia andare a parare, esortati ancora una volta dall'ambientazione, ma arrivati alla fine se ne ricava solo una generale perplessità.
Comparto tecnico e artistico
Come scritto più volte nei paragrafi precedenti, White Shadows si distingue particolarmente per la sua estetica, per l'incredibile cura posta nell'ambientazione e la ricerca del dettaglio (gli unici a non avere differenze fra loro sono gli animali, ovvero tutti i corvi sono uguali, i maiali pure e via discorrendo). A questo si accompagna una colonna sonora costituita da musica classica che ben accompagna i diversi momenti, la maggior parte delle volte cupi e tragici, del gioco. Dal punto di vista tecnico non abbiamo notato storture di nessun tipo. Nessun bug solo sporadici scatti che, è stato confermato, saranno risolti con un aggiornamento pre lancio.
Conclusioni
White Shadows è un buon trampolino di lancio per Monokel, che dimostra di avere notevoli qualità soprattutto per quanto concerne il comparto artistico. Non nasconde le palesi ispirazioni a Limbo e Inside, il che è un bene, ma dall'altro lato non prova nemmeno a evolvere, approfondire o fare qualcosa di diverso rispetto a quanto presentato da Playdead. L'escamotage del senso di smarrimento non è mai troppo abusato, dipende però come si scegliere di evolverlo una volta che il giocatore si trova lanciato in un'avventura priva del minimo contesto: gli sviluppatori non riescono del tutto nell'impresa, perché se all'inizio la curiosità e la voglia di esplorare trascinano il giocatore, alla lunga la mancanza di chiarezza e di stimoli dal punto di vista del gameplay lascia appassire il coinvolgimento. Si arriva alla conclusione spinti un'ultima volta dalla volontà di capire come si concludano le vicende, tuttavia l'ermeticità eccessiva della narrazione lascia di fronte a un finale non troppo convincente.
PRO
- Artisticamente notevole
- Si possono notare diverse ispirazioni
- La cura posta nei dettagli è affascinante
CONTRO
- Gameplay piuttosto scarno
- Narrazione fin troppo imperscrutabile