Quando due cose sbagliate si incontrano c'è il potenziale per fare molto peggio della somma delle parti (sbagliate). Sull'onda di KickStarter si trovano un numero crescente di portali impegnati a replicarne la formula, dedicandosi a singole aree di competenza come, ovviamente, i videogiochi. L'ultimo arrivato è Gambitious (Game più Ambitious, supponiamo) che letteralmente si ripromette di dare "un volto umano allo sviluppo finanziato tramite crowdfunding". Qualsiasi cosa voglia dire. Anche facendo finta di vedere del potenziale in queste nuove iniziative che appaiono come copie-carbone l'una dell'altra, è evidente come tutte le questioni ancora lasciate in sospeso da Kickstarter, ad esempio l'effettiva capacità e le responsabilità di mettere sul mercato quanto promesso dall'intraprendente ideatore del progetto, siano ancora più sospese in bilico per queste iniziative di minor portata. Come se non bastasse, il fiore all'occhiello per il lancio di Gamebitious è Earth No More, sparatutto in prima persona che 3D Realms vorrebbe sviluppare con i soldi raccolti. La cosa incredibile è che, dopo aver miseramente fallito e non essere riusciti a portare Duke Nukem Forever nei negozi nonostante il lunghissimo sviluppo, questa volta il team tenti di chiedere direttamente il denaro ai giocatori e di farlo per un prodotto già cancellato una volta e su cui pende - o pendeva - una causa per un copyright non rispettato. Dareste i vostri soldi a 3D Realms? EDGE approfondisce ulteriormente la vicenda in questo articolo. Genuinamente interessante è invece il lungo documento di sette pagine pubblicato da Google e intitolato Understanding The Modern Gamers. Si tratta di una ricerca che, sfruttando i dati del motore di ricerca americano, tratteggia alcune interessanti abitudini dei giocatori in quanto a ricerca dei contenuti, mostrando ad esempio come cambiano le esigenze prima del lancio, immediatamente dopo e a tre mesi di distanza. Chi invece fosse curioso di sapere cosa ha spinto e ancora spinge grandi nomi dell'industry come Ken Levine, Shigeru Miyamoto e Alexey Pajitnov a lavorare nel mondo dei videogiochi, qui vengono raccolte le opinioni di diciotto grandissimi. A cavallo tra il curioso e il comico, è attualmente in sviluppo una mod per Mount and Blade dedicata al manga e anime giapponese High School of the Dead. Se vi chiedete cosa centrino i due la risposta è nulla, e infatti i primi video non danno un'impressione propriamente grandiosa. In ogni caso terremo d'occhio questo bizzarro mix. Chiudiamo con un video che farà la gioia di ogni appassionato di Minecraft e Star Wars, uno sforzo incredibile di tempo e precisione ma il risultato è notevolissimo.
Questa settimana scopriamo insieme che Anna sembra diventato di colpo il nome più scelto nei titoli dei videogiochi indipendenti, torniamo a parlare di una vecchia gloria che torna in edizione dorata, un incubo che pensavamo terminato e invece è solo all'inizio e, in tutto questo, troviamo lo spazio ancora per qualche oscura segnalazione prima di lasciare i riflettori a un gioco italiano che ha fatto bella mostra di sé al Ludum Dare 26.
Anna è arrivato su Steam. Il videogioco di debutto dei Dreampainters si è conquistato la prima pagina della piattaforma Valve per la gioia dei fan che lo volevano a tutti i costi nel loro database nero e grigio. Nel frattempo un'altra Anna - a dire il vero sarebbe Annie - dà il nome a un horror psicologico che ci sorprende con puzzle surreali in compagnia di Howard, il suo orso di pezza gigante. Forget me not, Annie è gratuito e sviluppato da un gruppo di studenti canadesi. Se ancora non siete soddisfatti potete comprare per soli cinque dollari il primo capitolo di una trilogia ispirata alle fiabe dei fratelli Grimm e alla fantascienza. Si tratta di Anna's Quest, un'avventura grafica disegnata a mano con lugubri personaggi e - pensa te! - un orso di pezza.
Dopo il successo di Slender: The Eight Pages, Parsec Productions ha stretto un accordo con Blue Isle Studios per la produzione di Slender: The Arrival, un remake che ci stupirà con vaste ambientazioni, grafica degna dei potenti mezzi odierni e una storia che dia un senso al tutto. E a proposito di camminate notturne vi segnaliamo Among The Sleep, un gioco sperimentale ancora in lavorazione che ci permetterà di vedere il mondo con gli occhi di un bambino che si sveglia di notte a causa di strani avvenimenti. Il punto di vista in prima persona è un'idea splendida, perché non sapremo mai se quanto vediamo è frutto della fervida immaginazione del bambino o una realtà inquietante che solo lui percepisce. Purtroppo dovremo attendere l'anno prossimo per vedere il gioco finito. Nel frattempo potete seguirne lo sviluppo sul blog di Krillbite Studio.
In un vecchio numero di PC Magazine abbiamo recensito Defender's Quest, un tower game molto speciale che ha fatto impazzire anche chi odia questo genere di giochi. Il suo merito è aver aggiunto al concetto di tower game molti elementi dei gochi di ruolo, con la possibilità di personalizzare nel dettaglio i personaggi, che diventano così un gruppo di avventureri piuttosto che un esercito anonimo. Grazie anche a una narrazione sostenuta e ironica. Insomma, un titolo che trascina il giocatore una partita dopo l'altra sino alla fine. Ne parliamo ancora perché è uscito Defender's Quest Gold, che offre una marea di contenuti extra, nuovi nemici, boss, supporto per le mod, missioni secondarie, una veste grafica potenziata e tante altre novità. Semplicemente imperdibile.
Salutiamoci con Rot Gut!, un gioco per browser ambientato negli anni venti con piattaforme e sparatorie, in corsa per avere luce verde su Steam. E se avete tre amici tosti e determinati, per voi c'è Castle Crashers, finalmente su Steam per PC e Mac.
Cuboid Sandbox
È affascinante quello che si riesce a sviluppare in ventiquattro ore, sotto pressione e con la restrizione di un tema specifico. Qualcuno potrebbe pensare che regole così rigide uccidano la creatività, mentre in realtà è l'esatto contrario: la creatività ha bisogno di regole per dare forma a un'idea che si possa condividere. Alessandro Cominu e Marco Lisci si sono presi 48 ore di pausa da Blackreef Pirates, il loro progetto principale, e le hanno spese tutte per partecipare al contest Ludum Dare 24.
Il risultato è Cuboid Sandbox, un simulatore di vita che ha strappato la 23esima posizione e molti consensi internazionali. Il gioco è di una semplicità disarmante. Ci sono tre forme di vita cubica, ognuna di un colore diverso: rosso, giallo e azzurro. Noi possiamo seminare cubi colorati e i rispettivi nutrimenti. Meglio tenere separati i cubi. Oppure fare l'esatto contrario e farli convivere vicini per scatenare una guerra. Provate a lasciare vivere il vostro mondo per alcuni minuti e rimarrete affascinate dalle forme che si sono create sullo schermo. Il merito è anche della musica subacquea fatta di suoni liquidi, e delle scie colorate che lasciano sotto di sé gli intrepidi cubetti galleggianti. Lasciateli andare alla deriva e poi piantate un seme. Li vedrete convergere sulla fonte di cibo come uno sciame di insetti che si muove secondo una mentalità di gruppo. Affascinante. Purtroppo le opzioni di gioco sono solo quelle indispensabili, ma il successo che ha riscosso Cuboid Sandbox ha spinto Cominu a considerare di riprendere in mano il progetto in futuro. Non ci resta che fissare stupiti i cubetti in attesa della prossima evoluzione.
di Andrea Rubbini
Titolo: Cuboid Sandbox.
Sviluppatore: Subvert Games.
Prezzo: freeware.
Sito di riferimento: blog di sviluppo.
Gioca: link.
Da sapere per giocare al meglio: nulla di rilevante da segnalare.
Fable
E oggi parliamo di Fable. No, non l'action di Lionhead per la prima Xbox e PC, ma l'avventura grafica di Simbiosis Interactive del 1996, studio che non ci risulta aver prodotto altro nella sua breve storia. Perché parlarne? Perché era un gioco bellissimo che merita di essere acquistato usato? No, non proprio. Anzi, era brutto assai, soprattutto se confrontato con le adventure che andavano allora per la maggiore. E allora? Il motivo per riesumare e avere questo misconosciuto titolo è solo uno: il magnifico finale... per modo di dire.
Immaginate di aver giocato un'avventura fantasy dallo stile vicino a quello dei Simon the Sorcerer, ossia con toni da commedia e situazioni stereotipate. C'è il solito cattivo da abbattere, personaggi classici con cui parlare e scenari che sembrano usciti dalle illustrazioni tipiche del genere.
(ATTENZIONE SPOILER - se leggendo questo articolo veniste incuriositi e voleste provare Fable, non continuate a leggere perché stiamo per raccontarvi come si conclude)
Poi arriva il finale, che vi mostriamo anche nel filmato, e la prima cosa che viene alla mente è la parola "errore". Leggendone e rigiocandolo si scopre che non ci sono alternative, il gioco finisce proprio così: il protagonista s'infila in una specie di strana macchina fantascientifica (che già di suo stona con il resto del gioco) e subito dopo lo ritroviamo in una cella, con una voce off che ci rivela la sua natura di psicopatico assassino, che da piccolo ha massacrato i suoi genitori. Praticamente il mondo di gioco è stato solo il frutto della sua mente malata... è? E come ci si è arrivati a questa conclusione? Perché nel gioco non ci sono stati presentati indizi e dopo ore passate a risolvere enigmi fantasy ci ritroviamo in una situazione simile? Avventure come The Whispered World o Monkey Island 2: Le Chuck's Revenge hanno un grosso colpo di scena nel finale, ma per tutto il gioco sono sparsi indizi su quello che accadrà e che darà una chiave di lettura diversa a tutto ciò che si è vissuto. In Fable no, si arriva alla fine e ci si trova in una situazione aliena rispetto al contesto e alle azioni compiute in precedenza. Capiamo voler ricercare l'effetto sorpresa, ma gli sviluppatori in questo caso hanno veramente esagerato... È per questo che, nonostante tutto, ci fa piacere ricordarlo e crediamo che sia un titolo degno di menzione. Saremo un po' strani anche noi?
di Simone Tagliaferri
Linea: Usato
Prezzo: Variabile
Storico: Niente di rilevante da segnalare.
Voto originale Multiplayer.it: - N/D
Star Wars: The Old Republic
Torniamo a parlare della galassia lontana lontana che, a quanto pare, è stato uno dei motivi principali dell'abbandono di BioWare da parte degli ex fondatori Ray Muzika e Greg Zeschuk. Lo ha detto Trent Oster, ex sviluppatore per BioWare, in una recente intervista: "L'ultima volta che ho visto Greg, era esausto. Tiratene fuori, gli avevo detto, ma non pensavo di esserci andato così vicino.
Penso che la reazione dei fan per Mass Effect 3 e The Old Republic sia stata troppo, per lui". Oster dunque incolpa le polemiche che hanno circondato l'uscita dei due giochi: ancora una volta, la voce del popolo, spesso velenosa grazie al sicuro anonimato che concede il diabolico Internet, sembra aver avuto un certo peso sulla decisione dei due ex fondatori. "Sono sicuro che all'interno di EA hanno considerato un fallimento la conversione a free-to-play di The Old Republic, addossando la colpa completamente a Ray. Pensavo, però, che avrebbe lottato di più. Le alte sfere di EA devono essere peggio di quanto pensassi" insiste Oster. Sarebbe interessante capire che peso abbiano avuto Muzyka e Zeschuk nello sviluppo della nuova patch 1.4 di The Old Republic, a questo punto, live da appena pochi giorni. Il nuovo update introduce una Operation inedita intitolata Terror from Beyond, ambientata sul remoto pianeta Asation. Oltre a questo, BioWare ha rifinito ulteriormente il group-finder e aggiunto nuove opzioni di personalizzazione per avatar e companion. Vi sembra poco? È normale, dice il direttore James Ohlen, spiegando come la precedente strategia di proporre grossi aggiornamenti a distanza di mesi gli uni dagli altri abbia disperso gli utenti e i costi di produzione. Da questo momento in poi, gli aggiornamenti saranno molto più frequenti, circa ogni sei settimane. Entro la fine dell'anno arriveranno tre nuovi update importanti, insieme alla conversione free-to-play: il futuro della Vecchia Repubblica, insomma, è ancora tutto da vedere.
Guild Wars 2
I festeggiamenti per le eccellenti vendite di Guild Wars 2 sono già finiti ad ArenaNet, e gli sviluppatori sono tornati a lavoro per aggiustare tutti i problemi che ancora affliggono il gioco, e se giocate e siete arrivati alle zone più avanzate saprete sicuramente che non sono pochi. Al momento, la critica più feroce arriva dai fan del PvE istanziato: i dungeon di Guild Wars 2 sembrano non essere tra i contenuti più apprezzati del gioco, nonostante sia necessario ripeterli decine di volte, in modalità Exploration, per acquisire abbastanza "token" da spendere poi in armi e armature.
ArenaNet ha deciso quindi di mettere un cerotto temporaneo alla situazione, con un paio di fix che sono stati applicati nei giorni scorsi. Il primo riguarda la ricompensa: adesso non si ricevono più "token" sconfiggendo i boss individualmente, ma alla fine del dungeon, dopo aver sconfitto l'ultimo nemico. Se ne guadagnano di più, però: sessanta "token" al primo completamento quotidiano di uno dei tre percorsi, dunque ben centottanta se si completa ogni percorso di un determinato dungeon. Servono ancora più di dieci giorni di farming per acquistare un intero set, ma è già un passo avanti. L'altro fix interessa invece la disposizione di alcuni nemici e il comportamento di alcuni boss, leggermente semplificato. A nostro avviso c'è parecchio lavoro da fare in questo senso, sopratutto dal punto di vista del game design, ma è apprezzabile lo sforzo degli sviluppatori, che riescono a rilasciare anche più patch ogni settimana per correggere i tanti bug che ancora colpiscono missioni, abilità e altro.
World of Warcraft
L'evento della settimana è stato il lancio della quarta espansione di World of Warcraft, peraltro accompagnato da varie feste notturne in vari paesi del mondo e perfino nella nostra Milano. Se negli ultimi mesi avete vissuto su un'isola deserta in compagnia di un pallone di nome Wilson, probabilmente vi farà comodo il nostro speciale sulle dieci cose assolutamente da sapere a proposito di Mists of Pandaria.
Se invece ci state già giocando, probabilmente vi scioccherà sapere che la nuova espansione, probabilmente la migliore delle quattro, ha venduto molto meno delle precedenti. Chi lo dice? Gli analisti della Lazard Capital Markets, che hanno calcolato una vendita tra le seicento e le settecentomila unità nell'arco di tre giorni, molte meno rispetto alle tre milioni e passa di Cataclysm nello stesso arco di tempo, due anni fa. Bisogna precisare che gli analisti non hanno però calcolato anche le vendite in digital, tra le quali spicca la nuova versione Deluxe che ha fatto gola a molti utenti. Dunque, bisognerà aspettare qualche settimana per sapere con precisione se, per la prima volta, World of Warcraft avrà davvero venduto al di sotto delle aspettative.
Rift
Restiamo in tema di panda perché, beh, hanno a che fare con il MMORPG di Trion Worlds. No, non preoccupatevi, il mondo fantasy di Rift non sarà invaso da una razza di panda umanoidi esperti di arti marziali: si tratta infatti di una promozione legata all'acquisto della nuova espansione. E no, non Mists of Pandaria, ma proprio Storm Legion. In cosa consiste?
Semplicemente, adesso ogni copia di Storm Legion prenotata permetterà a Trion di donare un dollaro all'organizzazione Pandas International, la cui missione è salvare la specie dei panda, praticamente in estinzione. La promozione si concluderà il 3 ottobre, perciò se siete dei fan di Rift potete fare una buona azione prenotandolo tramite il sito ufficiale. A proposito dell'espansione, Trion Worlds ne ha approfittato per annunciare una nuova feature chiamata Hunt Rifts, evento dinamico che sarà introdotto per consentire ai giocatori di attaccare piuttosto che difendersi dalle invasioni dei piani elementali. Durante questi eventi, ambientati nelle nuove regioni di Dusken e Brevane, i giocatori dovranno affrontare dei nemici particolari chiamati "comandanti planari": sarà necessario un gruppo di combattenti esperti per sconfiggerli, ma prima di combatterli bisognerà affrontare i loro sottoposti e risalire la catena di comando, acquisendo oggetti speciali sul tragitto e sbloccando una versione ancora più difficile dell'evento.
di Christian La Via Colli
Immortalità digitale
Con il nuovo world wide web è scomparsa la paura di perdere i propri dati. Un tempo un'evenienza del genere era da una parte normale e dall'altra, ovvero quella cartacea, era quasi impossibile se non a causa di furti o drammatici incendi. Oggi gli archivi digitali, i siti dedicati alle foto e i profili sparsi nel mare magnum della rete ci consentono di conservare qualsiasi cosa, dal filmato della laurea, alla foto di una vecchia lettera fino alle memorie giovanili e questo senza particolari sforzi. Ma ci sono alcune cose devono essere conservate in privato sia per questioni di sicurezza, sia per questioni di intimità, sia per la necessità di una certa privacy.
Certi dati devono essere salvati in casa, tenuti gelosamente, e questo è diventato possibile anche nel mondo digitale a partire dalla commercializzazione del primo masterizzatore pensato per le masse. Purtroppo anche i dati archiviati sono a rischio, e lo sono per quel processo inevitabile che si chiama decadimento e che, nel caso dei supporti attualmente disponibili, è piuttosto rapido. I cd masterizzati in casa, che avrebbero dovuto salvarci dalla caducità dei nastri magnetici, hanno un'aspettativa di vita di circa 10 anni ed è chiaro che, anche se la vita media risulta più elevata, a breve sarà necessario correre ai ripari. Purtroppo i dischi fissi non possono certo venirci in aiuto. Appesantiti dal sistema alimentazione, costosi e delicati, gli hard disk si danneggiano in poco tempo e con quelli a stato solido l'aspettativa di vita aumenta relativamente. Dunque cosa ne sarà dei dati che tentiamo di conservare privatamente negli attuali DVD quando saranno passati 20 anni? Saremo costretti a caricare tutto sulla rete? A usare gli stessi meccanismi che si usano per i dati sensibili? Ci troveremo immersi in un marasma server, backup, sessioni Dropbox con il rischio di perdere comunque tutto al primo disastro naturale o al primo attacco telematico? Senza un rimedio, infatti, i nostri ricordi digitali rischiano di fare la fine delle vecchie audiocassette. Rischiano di diventare spazzatura densa di ricordi ritrovata durante le pulizie di primavera in un angolo del ripostiglio. Feticci ormai inutilizzabili destinati inesorabilmente a finire nella spazzatura di migliaia di famiglie. Una triste sorte per i ricordi che, perdendo la magia nel passaggio dal cartaceo al magnetico e al digitale, dovrebbero almeno avere la cortesia di durare in eterno. Ma l'immortalità digitale sembra essere a portata di mano, almeno secondo Hitachi, anche se dobbiamo dire che questa promessa ci è già arrivata all'orecchio un paio di altre volte da compagnie differenti. In ogni caso l'azienda nipponica afferma di poter realizzare contenitori di dati capaci di durare per centinaia milioni di anni. Il segreto si cela nelle misteriose dinamiche del vetro al quarzo che, scaldato a 1.000 gradi Celsius per oltre due ore, acquista resistenza alle radiazioni, all'erosione e a numerosi agenti chimici. Un miracolo, tecnologico ovviamente, che promette di tramandare la nostra cultura ai posteri. Non semplici immagini e suoni, come è stato per la celebre coppia di sonde Voyager la cui capacità comunicativa è stata limitata dalla necessità di usare un disco per grammofono, ma intere enciclopedie, interi archivi storici, nomi, storie, ritratti, riproduzioni di quadri e via dicendo. E potremo anche spararli nello spazio con le prossime sonde, casomai ci fossero i soldi per ravvivare la speranza e per distrarci da una nuova crisi planetaria. Purtroppo, almeno per ora, la capienza effettiva della tecnologia Hitachi non è particolarmente elevata. Parliamo di quaranta megabyte per centimetro quadrato che equivalgono al coefficente di contenimento dati di un cd il quale, rispetto a supporti come il Blue Ray, è decine di volte più limitato. Ma si tratta comunque di uno spazio sufficiente a registrare, in media risoluzione, i raggi B che balenano alle porte di Tannhäuser. Ed ecco che nasce la speranza che non tutti i ricordi si perdano nella pioggia, quando sarà tempo di morire, anche se la forma digitale di un ricordo non può certo essere certo paragonata a quella, intima e legata a un momento unico, che ci accompagna e ci accompagnerà nella vita fino a quando non esaleremo l'ultimo respiro.
di Mattia Armani