Non crediamo sia sbagliato dire che, ad oggi, il più celebre studio di sviluppo spagnolo sia MercurySteam. Il team ha uno storico piuttosto altalenante, ma tra i suoi progetti non sono pochi i titoli validi e il recente Metroid Dread non ha fatto che migliorarne ulteriormente la reputazione, garantendo continuità e un plausibile arrivo di nuovi talenti.
Per quanto i lavori più riconoscibili di questa eclettica squadra di sviluppatori siano indubbiamente quelli su licenza, un team con un tale numero di teste pensanti difficilmente rinuncia ad avere proprietà intellettuali proprie e recentemente infatti MercurySteam sembra essersi leggermente staccata dai marchi noti (seppur non sia impossibile che vi siano altri progetti simili in lavorazione da quelle parti). In particolare, qualche giorno fa, è stato presentato un curioso action chiamato Blades of Fire che, ad una prima occhiata, sembrava ricordare molto da vicino la brutalità dei "nuovi" God of War. Eppure qualcosa non ci convinceva... in un mercato così competitivo, davvero il progetto spagnolo poteva essere l'ennesimo action strutturalmente identico ad altri titoli noti? Siamo quindi volati in Inghilterra, per provare il gioco in una forgia (sì, l'evento si teneva, curiosamente, proprio in una forgia) e capire realmente quali fossero i piani dello studio.
E no, Blades of Fire c'entra davvero poco con God of War, le sue radici sono da ricercare in un gioco che fa parte della storia originale dei fondatori del team: Severance Blade of Darkness.
Sono Bastilani e batto il ferro
Alle connessioni con Severance ci arriveremo a breve, per ora è il caso di partire dalla premessa di Blades of Fire, dato che ha un approccio abbastanza minimal, ma discretamente originale, alla narrativa e il lavoro fatto sulla sua ambientazione risulta alquanto interessante.
L'introduzione del gioco, infatti, potrebbe tranquillamente essere quella di un vecchio film fantasy anni '90 e la stessa cosa vale per l'ambientazione, la cui estetica ricorda molto da vicino i classici di quel periodo (lo stesso Enric Álvarez, fondatore del team, ha ammesso candidamente queste ispirazioni, citando pure Dark Crystal durante la nostra intervista). In pratica, nel regno di Blades of Fire, la malvagia regina Nerea è riuscita in qualche modo a dar forma a una poderosa maledizione capace di trasformare in pietra qualunque arma in acciaio, escluse quelle del suo esercito. In un mondo dove solo un'armata può utilizzare il più potente dei metalli, nessuno è in grado di sfidare il potere di Nerea, fatta esclusione per un uomo, Aran de Lira, di cui proprio voi vestite i panni.
Dopo un'introduzione piuttosto breve, Aran perde un caro amico e viene in possesso di un misterioso martello, il cui potere divino permette di forgiare armi in acciaio nonostante la maledizione della regina. Con questa capacità a disposizione e un quantitativo di muscoli che farebbero invidia a Stallone, Aran sceglie quindi di abbandonare la vita da eremita per eliminare Nerea e porre fine alla sua terribile tirannia, seguito dal costante cianciare del giovane Adso.
Come potete vedere, non è una premessa tra le più elaborate in circolazione, ma è interessante come viene presentata: il gioco non si preoccupa di chissà quale esposizione e generalmente le informazioni vengono date tramite dialoghi piuttosto brevi o con i discorsi fatti da Adso. Come spiegato dal director, il giocatore sa solo ciò che Aran sa in quel dato momento, dunque i segreti del mondo vengono centellinati ed è più ciò che viene mostrato di quel che viene effettivamente raccontato. Si tratta sinceramente di un approccio adatto a un titolo che fa dell'azione il suo fulcro, ma sarà necessario vedere fino a che punto l'universo creato da MarcurySteam reggerà il colpo. Per ora? In termini di trama il gioco non sembra nulla di speciale, eppure sembra vantare un certo guizzo creativo; chissà che le cose non migliorino sensibilmente avanzando.
C'è dell'oscurità nella mia spada
Alla base, comunque, Blades of Fire è ancora un action ed è quindi il gameplay a farla da padrone. Il gioco è un hack 'n' slash in terza persona con visuale piuttosto ravvicinata che ricorda quella delle ultime avventure di Kratos, ma pad alla mano le cose cambiano sensibilmente, dato che il sistema di combattimento c'entra ben poco con buona parte dei titoli di questo tipo in circolazione. Qui è possibile, infatti, direzionare con precisione i colpi di Aran, perché ognuno dei tasti del pad corrisponde alla direzione dei propri fendenti; per capirci, con un layout Playstation quadrato e cerchio colpiscono a destra e sinistra, il triangolo mira alla testa, e la X alle parti basse o allo stomaco. Tenere premuto ognuno di questi attacchi porta Aran a sferrare un colpo caricato che fa molto più danno, ma non si può agire a casaccio, perché attacchi, schivate e parate consumano stamina, poi da rigenerare alzando la guardia (no, non si rigenera automaticamente stando fermi, dovete parare). È un sistema molto intuitivo, non particolarmente complesso: la varietà risiede prevalentemente nei set di mosse delle varie armi, dato che ognuna ha raggio, movenze e tempistiche differenti, e se ne possono equipaggiare quattro contemporaneamente, passando dall'una all'altra con naturalezza.
Le armi peraltro sono tante. Un numero a dir poco smodato. Buona parte della progressione del gioco consiste nell'ammazzare nemici dotati di un qualche strumento di morte, per ottenerne il progetto necessario e poi riprodurlo nella forgia degli dei a disposizione di Aran. Una volta ottenuti abbastanza materiali, potrete dedicarvi a un complesso minigioco, che vi permetterà di selezionare la forma dell'arma nei minimi dettagli e visionarne i cambiamenti statistici in base alla rarità dei materiali scelti. Per la cronaca, la forgiatura non è solo una questione di scelte e conseguenze: dovrete anche "battere il ferro" attivamente, ottenendo forme vicine a quelle del progetto per massimizzare la qualità dell'arma. Ogni punto qualità ottenuto vi permetterà di ripararla e, considerando che sono tutte distruttibili, è il caso di essere il più precisi possibile durante l'operazione.
Ora, così descritto il gioco potrebbe sembrare abbastanza basilare, ed effettivamente vi sono degli elementi che ci hanno fatto storcere un po' il naso: la forgiatura è piacevole, ma nonostante sia possibile riforgiare alla massima qualità ottenuta ogni progetto per velocizzare il minigioco, il continuo ricambio di armi e la necessità di crearne sempre nuove spezza un po' il ritmo. Non solo, le manovre d'attacco sembrano piuttosto basilari e l'assenza di magia o colpi speciali potrebbe venire a noia dopo un po'. Ci sono però alcune soluzioni di design molto peculiari in Blades of Fire, che hanno a nostro parere del potenziale sulla lunga e arricchiscono il sistema.
La prima? La diversificazione dei nemici: gli avversari hanno resistenze a specifiche tipologie di arma e alle volte queste cambiano per via della loro corazza. Quando attivate il targeting su un avversario un'aura colorata mostrerà la loro vulnerabilità alle armi equipaggiate, costringendovi a variare direzione dell'attacco o a scegliere un'altra opzione. Non solo, i nemici sono molto aggressivi e brutali e gli scontri sono incredibilmente violenti: ricordate quando abbiamo tirato in ballo Severance Blade of Darkness a inizio articolo? Il sistema di combattimento qui è una sorta di evoluzione di quanto visto in quel gioco; una base semplice, ma molta enfasi sull'aggressività avversaria, attacchi con le giuste tempistiche, e smembramenti vari.
C'è persino un altro aspetto che è molto più vicino al design anni '90 rispetto ai titoli moderni: le mappe. Blades of Fire ha mappe labirintiche con bivi multipli fin dalle primissime battute. Possono sembrare inizialmente lineari, ma sono in realtà ricche di passaggi, segreti, verticalità e forzieri, e il gioco non vi indica come avanzare. È seriamente interessante navigare tra le varie zone esplorando nei minimi dettagli e recuperando oggetti fondamentali per avanzare; questo tipo di design che non prende minimamente per mano il giocatore è ancora piuttosto raro, e qui le cose sembrano più complicate anche di quanto non lo siano nei soulslike, dato che in ogni ambientazione ci sono zone raggiungibili solo una volta ottenute determinate abilità, dunque non vi basterà avanzare come fulmini per svelare tutto ciò che il gioco ha da offrire.
Sinceramente? Noi qualche dubbio sulle meccaniche lo abbiamo, ma il lavoro di MercurySteam lo abbiamo trovato molto divertente alla massima difficoltà, dato che lo hanno tarato chiaramente su quella. L'assenza quasi totale di aiuti (al di fuori di un tasto che permette ad Aran di dare qualche consiglio spassionato) e la complessità delle mappe peraltro ci sono piaciuti non poco: ci sono trovate interessanti nelle varie zone, e avanzando abbastanza spediti abbiamo trovato dei "blocchi" non così gratuiti da superare.
Il director, peraltro, ha precisato che avanzando ci saranno sorprese, quindi non è impossibile che Aran ottenga abilità aggiuntive, il sistema di forgiatura aggiunga nuove chicche, o il map design non migliori ulteriormente diventando parte integrante del divertimento.
È coraggioso creare un titolo con questo tipo di radici al giorno d'oggi: Severance era affascinante proprio per via della sua struttura e della volontà di dare un senso a un sistema di combattimento semplice ma brutale; Blades of Fire sembra voler essere una sorta di suo successore spirituale, ma con il valore aggiunto di un design delle mappe più elaborato e un'ambientazione più marcatamente fantasy e creativa. Il potenziale per una bella sorpresa c'è.
Con una struttura piuttosto unica, che ricorda da vicino quella del classico all'origine dell'intero team spagnolo, Blades of Fire sembra voler essere una sorta di successore spirituale di Severance Blade of Darkness. Proprio queste sue peculiarità potrebbero portarlo a distinguersi dalla massa, nonostante la semplicità delle meccaniche di combattimento e l'implementazione del sistema di forgiatura possano incrinare il valore complessivo dell'esperienza. Il gioco ha comunque del potenziale, e vogliamo capire fino a che punto sarà in grado di sorprenderci.
CERTEZZE
- La base sembra vicina a Severance, è piuttosto unica e ha del potenziale
- Map design complesso e interessante,
- La progressione non prende per mano il giocatore
- Gran varietà di armi e nemici
DUBBI
- Il sistema di forgiatura spezza un po' il ritmo
- La validità del sistema di combattimento ancora da verificare