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Come sono cambiati i personaggi iconici di PlayStation nel corso degli ultimi trent’anni

Da Crash Bandicoot ad Astro Bot, passando per Kratos e Nathan Drake, ogni icona ha raccontato un momento unico nella storia del videogioco targata PlayStation.

SPECIALE di Fabio Di Felice   —   03/12/2024
I personaggi del marchio PlayStation, da Aloy a Kratos, passando per Astro Bot

Negli anni '90, quando Sony è un'outsider che entra per la prima volta nel mondo dei videogiochi dominato da titani come Nintendo e Sega, non le manca di certo il fegato. Le manca una faccia. Un personaggio che l'aiuti a mettere piede in un'eterna battaglia tra mascotte come Mario e Sonic. Una sfida non facile, che prima partorisce l'orribile Polygon Man, ma poi viene raccolta da Naughty Dog che si mette al lavoro su un marsupiale antropomorfo arancione. Ecco come nasce Crash Bandicoot. Ma il design di Crash deve fare i conti con le limitazioni dei primi motori grafici in tre dimensioni e con un nuovo modo di concepire il videogioco. La visuale, per esempio, si sposta alle spalle del personaggio. Sono in molti a definire il prototipo con un nomignolo tutt'altro che lusinghiero, nato dalla palese ispirazione alla mascotte di Sega e dalla nuova prospettiva: il nome in codice del progetto è Sonic's Ass Game, il gioco del sedere di Sonic.

Crash Bandicoot arriva sul mercato nel 1996, vorticando all'impazzata e diventa un classico in poco tempo, regalando a PlayStation non solo un posto d'onore nel mondo dei videogiochi, ma anche un volto che incarni tutte le caratteristiche della nuova console. Crash è una mascotte colorata, accessibile, perfetta per il pubblico giovane, ma che vuole osare anche uno stile più punk. Ce lo suggeriscono la cresta, il sorriso da pazzoide, il suo modo sfrontato di rompere la quarta parete guardando in camera.

Con il suo sorriso da pazzoide, la cresta rossa e le sneaker ai piedi, Crash riusciva a unire la tradizione delle icone Nintendo e Sega a un look più moderno
Con il suo sorriso da pazzoide, la cresta rossa e le sneaker ai piedi, Crash riusciva a unire la tradizione delle icone Nintendo e Sega a un look più moderno

In trent'anni le icone PlayStation si sono trasformate continuamente. Da questo marsupiale spaccone che si rifà ai Looney Tunes a identità più complesse, sfumate, realistiche. In grado di riflettere un medium che si è evoluto da divertimento per ragazzi a pilastro culturale universale. Negli anni '90, personaggi come Crash, Spyro the Dragon e PaRappa the Rapper hanno definito un'epoca di divertimento senza troppi fronzoli; oggi, nomi come Kratos, Ellie e Aloy guidano un approccio che ha traghettato il videogioco verso un pubblico più maturo.

PlayStation, l’età dell’innocenza

Come accennato, in realtà esiste già una faccia del brand prima dell'uscita della console PlayStation. Solo che non piace a nessuno. Si chiama Polygon Man, ed è stata utilizzata per poche, selezionate, pubblicità che poi la Storia ha cancellato. Qui vi parliamo di Polygon Man, lo scheletro nell'armadio di PlayStation. Non è difficile capire il perché la mascotte non abbia funzionato: questo enorme volto minaccioso, monocromatico, dai tratti somatici squadrati non è proprio adatto a guidare la rivoluzione che PlayStation rappresenta nel mercato videoludico. Non ha né il carisma, né l'aspetto giusto per rivolgersi a quello che in questo momento è il pubblico di riferimento del settore: i ragazzini.

Polygon Man è diventato un boss in PlayStation All-Stars Battle Royale
Polygon Man è diventato un boss in PlayStation All-Stars Battle Royale

Polygon Man ha proprio tutte le caratteristiche che una mascotte non dovrebbe avere. È tetro, aggressivo, respingente. È il contraltare perfetto di Crash Bandicoot, che invece ha un design colorato e gioioso, che si rifà alla tradizione di Nintendo e di Sega, ma aggiunge uno strato di carattere, più cool, più moderno. Crash è pieno di quell'energia eversiva, giovane e incontenibile che Sony vuole portare nel mercato.

Se è vero che Crash rappresenta il personaggio simbolo di questa età dell'innocenza, non sono da meno i colleghi Spyro the Dragon (parente prossimo di Crash, dal momento che condivide lo stesso papà: il disegnatore Charles Zembillas) e PaRappa the Rapper, creatura del musicista giapponese Masaya Matsuura e protagonista del primo rhythm game della storia.

Non c'è dubbio che l'identità di PlayStation in questa prima generazione sia dettata da personaggi family friendly, ma c'è spazio per ogni tipo di eroe: da quelli più concettuali come il coniglietto Vibri di Vib Ribbon, a quelli più divertenti come le scimmie di Ape Escape, o quelli più realistici come Lara Croft di Tomb Raider e Solid Snake di Metal Gear Solid. C'è perfino chi ha mescolato l'estetica cartoon a tematiche ben più seriose, come lo schiavismo, trasformando Abe, l'operaio dei Mattatoi Ernia, in un vero e proprio leader rivoluzionario in Oddworld: Abe's Oddysee.

PlayStation 2, l’età del cambiamento

C'è una saga che illustra bene questa seconda generazione di personaggi PlayStation, ed è ancora una volta firmata Naughty Dog. Quando Jak and Daxter: The Precursor Legacy arriva sul mercato, nel 2001, ha ancora molte delle caratteristiche che rendevano Crash Bandicoot l'icona del brand PlayStation: è un titolo colorato e i due protagonisti si rifanno ancora al mondo dei cartoon, sebbene abbiano già un aspetto meno stilizzato di Crash e siano più particolareggiati con armature, occhiali, e abiti. Si avverte però palesemente un cambiamento: questi mondi non hanno perso la scintilla favolistica, ma cominciano ad assumere toni più dark e una narrazione decisamente più centrale.

A metà strada da il look cartoon e quello più serioso, Jak II: Renegade è stato uno spartiacque per il design degli eroi PlayStation
A metà strada da il look cartoon e quello più serioso, Jak II: Renegade è stato uno spartiacque per il design degli eroi PlayStation

È una fase transizionale, guidata da coppie di personaggi come, per l'appunto, Jak e Daxter, ma anche Ratchet e Clank, dove solitamente uno dei due conserva quel tipo di leggerezza tipica dei protagonisti dell'età dell'innocenza, e l'altro è un personaggio più consapevole. In questo caso Jak, un adolescente, impegnato in un lungo viaggio per sciogliere la maledizione che ha colpito il suo amico.

Questo diventa chiaro nel momento dell'uscita di Jak 2: Renegade. Lontano dall'estetica assolata del predecessore, questo sequel ha l'intenzione di raccontare una storia più cupa. I nostri protagonisti finiscono per essere imprigionati in una città distopica, con Jak che diventa perfino una cavia in un esperimento che poi gli dà accesso a una versione arrabbiata e oscura di sé. È una vicenda di vendetta, un cambiamento di tono che riflette la maturazione dei gusti del pubblico PlayStation, e ovviamente anche dell'età media dei giocatori, che si alza. C'è ancora Daxter a fare da ponte tra un passato bambinesco e un presente che si dirige verso le avventure più cinematografiche che definiranno il medium da questo momento in poi.

Sora di Kingdom Hearts rappresenta bene un'utenza ancora sospesa tra i classici Disney e gli universi di Final Fantasy
Sora di Kingdom Hearts rappresenta bene un'utenza ancora sospesa tra i classici Disney e gli universi di Final Fantasy

Un altro esempio di icona che rappresenta bene questa fase di transizione è Sora, il protagonista di Kingdom Hearts. Sora intercetta anagraficamente un'utenza che si dirige verso l'adolescenza, i cui gusti sono sospesi tra due mondi: da una parte le produzioni Disney, legate all'infanzia e ai grandi classici dell'animazione, dall'altro i Final Fantasy, con i loro personaggi sfaccettati definiti attraverso lunghi dialoghi che trattano tematiche esistenziali. Forse nessun altro protagonista, in questo preciso momento storico, è in grado di rappresentare meglio la forza trasformativa della pubertà.

PlayStation 3 e PlayStation 4, l’età della maturità

Non è solo PlayStation a cambiare in questi anni, ma è la concezione stessa del videogioco, ormai in tutto e per tutto una forma d'intrattenimento rivolta tanto ai ragazzi quanto agli adulti. E così, le sue icone si trasformano ancora una volta, riflettendo il percorso del mercato che si dirige, sia a livello tecnologico che identitario, verso il realismo e la profondità emotiva. I videogiocatori non vogliono più giocare solo per evadere dalla realtà in mondi semplici e attraverso avatar che gli permettono di essere altro. Vogliono invece utilizzare i videogiochi come strumenti per esprimere sé stessi, per farsi domande, magari per trovare risposte sul mondo che hanno attorno. Sono diverse le esigenze con cui ci si approccia a una forma d'arte che, per via di alcune assonanze, diventa sempre più vicina al cinema: una rappresentazione - seppur fantasiosa e allegorica - della realtà.

In God of War del 2018, Kratos è prima di tutto un padre e un marito, l'ombra rabbiosa del dio della guerra sembra quasi sparita
In God of War del 2018, Kratos è prima di tutto un padre e un marito, l'ombra rabbiosa del dio della guerra sembra quasi sparita

È un processo lungo, quello della maturità, che attraversa almeno due generazioni, e che si concretizza in alcuni personaggi diventati iconici per il brand PlayStation. Tanto per fare un esempio, in God of War del 2005 Kratos è uno spartano infuriato, deluso, arrabbiato con gli dei. La sua parabola distruttiva è animata da quella stessa rabbia adolescenziale che muove un pubblico in fermento, che si esprime con un'iperviolenza esagerata, una sessualità puerile e un'esistenza impulsiva. Kratos è un anti eroe. In God of War del 2018, invece, Kratos è un padre. Più misurato, silenzioso, saggio. A metà strada tra un guerriero e un filosofo. Il suo cambiamento si riflette sulla serie di videogiochi di cui fa parte: da un action furioso e senza tregua, a uno storytelling emozionante e ruvido, pur conservando un certo grado di violenza.

La ricerca di storie e personaggi che possano rappresentare un pubblico ormai adulto, e che riescano a coprire uno spettro di emozioni più ampio, è anche ciò che muove Naughty Dog con due dei suoi lavori più significativi, questa volta davvero prossimi al cinema. Con Nathan Drake prima, figlioccio del professor Indiana Jones, archeologo, guascone, ironico, ma anche capace di essere protagonista di parentesi drammatiche. E poi con Joel ed Ellie, di The Last of Us. La scrittura qui si rifà a uno dei maestri della letteratura americana, Cormac McCarthy.

Ellie è uno dei personaggi più complessi che siano apparsi in un videogioco, specialmente in The Last of Us Parte II, che per lei rappresenta una vera e propria discesa nelle tenebre
Ellie è uno dei personaggi più complessi che siano apparsi in un videogioco, specialmente in The Last of Us Parte II, che per lei rappresenta una vera e propria discesa nelle tenebre

Questi personaggi sanno raccontare con il loro vissuto emozioni un tempo molto lontane dai videogiochi, come il lutto, la discriminazione, l'istinto di sopravvivenza. Gli alti e i bassi dell'animo umano, in un insieme di sfumature morali davvero ricche. I videogiochi che li vedono protagonisti sono gli araldi di un nuovo modo di approcciare il medium che permette di legarsi a tecniche narrative e registiche che nulla hanno da invidiare a quelle della settima arte. Anzi, diventano ambasciatori di un discorso in atto su come i videogiochi possano essere veicolo di messaggi ed emozioni complessi, tanto quanto media nobili come cinema e letteratura.

PlayStation 5, l’età della nostalgia

Senza ombra di dubbio, una parte delle icone PlayStation sono legate ancora oggi alla stessa ambizione narrativa. Il pubblico è maturato, negli ultimi trent'anni, in alcuni casi, si è trasformato da figlio o figlia a padre o madre. I videogiochi sono ora un fenomeno economico e culturale. Capita sempre più spesso che sia il cinema a saccheggiare questo enorme contenitore di storie e non più il contrario. Se, da una parte, i personaggi PlayStation di oggi, come Aloy di Horizon Forbidden West, rappresentano caratteri complessi che si muovono in mondi sconfinati e realistici e che cercano di bilanciare tutte le fasi che abbiamo appena descritto, dall'altra c'è un fenomeno singolare che sta prendendo piede e si concentra in una delle ultime icone del brand: Astro Bot.

Una mascotte in grado di rappresentare il passato e il presente di PlayStation
Una mascotte in grado di rappresentare il passato e il presente di PlayStation

Astro Bot rappresenta a suo modo una meta mascotte, un personaggio che celebra la storia di PlayStation attraverso la sua stessa fisicità, che trova espressione di sé attraverso i travestimenti e le citazioni ai simboli che hanno fatto grande il marchio. È un po' come se Astro Bot fosse una giocosa allegoria del viaggio del brand, come se incarnasse in sé tutte le influenze e le evoluzioni delle mascotte che lo hanno preceduto. Ma non è questa la sua caratteristica principale, quanto piuttosto la sua carica emozionale legata alla nostalgia. È unico il contrasto che si crea tra il modo in cui questo personaggio ha rappresentato una demo tecnica per tutte le tecnologie più innovative di PlayStation (è stato protagonista di Astro Bot Rescue Mission e Astro's Playroom che mostravano le caratteristiche di PlayStation VR e di PlayStation 5), ma anche un'icona in grado di evocare, nei giocatori di lunga data, sentimenti legati alla grandezza di ciò che è stato.

È un modo originale di guardare contemporaneamente al passato e al futuro del brand. Astro Bot replica l'impulso energico che muoveva personaggi come Crash, ma restituisce una consapevolezza moderna. Un ponte tra le generazioni, che in qualche modo porta a termine un percorso iniziato trent'anni fa e che rappresenta il modo in cui i personaggi PlayStation sono riusciti ad adattarsi, evolversi e restare al passo nel corso delle generazioni.